Ulrich Middeldorf
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IDEA
DELLA PERFEZIONE
DELLA
PITTURA
DI M.r ROLANDO FREART
TRADOTTA DAI FRANCESE
DA JNTON MARIA SALVÌNI
E,PLEBLICATA PER LA PRiMA VOLTA
DAL CANONICO
DOMENICO MORENI
Con una Dissertazione Apologetica in fine
DJ MICHELANGELO BUONARROTI
SCRITTA
DAL SIG. ONOPIUO BONI
FIRENZE
APPRESSO CAULI E COMP.° IN BORGO SS. APOSTOLI
M. DCCC. IX.
AL SIGNORE
GIOVANNI DEGLI ALESSANDRI
PRESIDENTE
dell' imperiale y^CCADEMlA
DELLE BELLE ARTI .
Non potrebbe ,„e..' Operetta
sulla Pittura veder con migliore
auspicio la pubblica luce ^ che
intitolandola a V. S. tanto della
gloria delle Be^le Arti «nllecita,
come r illustre Accademia alia
quale presiede uè fa soleuue
testimouianza . Piacciale dunque
d'accogliere nella dedica del pre-
sente libro non un voloare omas:-
gio di adulazione, ma un tributo
di quella giustizia che il consen-
•so di tutti Le rende.
Di V. S.
Umìliss. Dfr<otis<;. Servi torr
l 'Editore N. Carli .
V
PREFAZIONE
DEL
CAN. DOMENICO MORENL
o scopo, per cni mi sono con tutto il pia-
cere , e l' impegno determinato a render pubblica
per la prima volta la versione di questo Trattato
di solidi precetti ridondante, e di fino g'udizio,
è stato fra gli altri quello di dare alla Imperiai
nostra floridissima Accademia delle Belle Arti
un tenue saggio di mia sincera riconoscenza per
r esimio onore poco fa da essa compartitomi di
ascrivermi, contro ogni n.ia espettativa , tra i
membri onorarj della medesima, e di secondare
nel tempo stesso i voti degli amanti della purità '
del patrio nostro leggìadrissimo linguaggio, e non
giammai di proporre a' nostri Piofessori, e dilet-
tanti delle belle Arti nuovi precetti di estraneo
Scrittore per bene eseguirle. L'Italia, o per me-
glio dire la Toscana, che di esse fu la cuna, e
che ha gloriosamente contiruato sempre a fio-
rire con una successione generosissima di maestri
in discepoli tutti nazionali, né interrotta mai
insino a' dì nostri, per cui non isdegna di stare
in comparazione delle altre più floride Scuole,
e di occupare in esse i primi scanni , non ha ia
ciò che desiderar davvantaggio dagli Olnamon-
tani. Ella a tutta equità sen va fastosa pel glo-
rioso incontrasrabii vanto di aver primeggiata
sopra tutte le altre Scuole, e di essere stata delle
mcdesinle, dopo l'invasione de* popoli Setten-
trionali, senza scarc a rimontare all'età di quella
celeberrima Nazione, che fin da' tempi remoti
sparse in Htrurivi i più bei lumi delle arti, e delle
dottrine, la maestra, e la legislatrice, e di averle
emancipate, e sottratte dalla barbarie, in cui ino-
norate giacquero, e miseramente immerse fino al
Secolo Xill.i e di aver in seguito con rapido
volo per mezzo dell' immortai nostro Leonardo
da Vmci aperto il secolo delia bella, e sublime
Pittura, e mostrata la via ai tre Luminari della
Sciiola Fiorentina Fra Bartolommeo , Andrea del
Sarto, e a Michelangiolo Buonarroti, che con
straordinaria s-ua immaginazione, con la profon-
dità del suo magistero si elevò tant* alto da ren-
der poco men che stupide d'ammirazione tutte
le Scuole. 1 monumenti antichi , che ce ne som-
ministrano a larga mano una invincibile, e tri-
onfante riprova , sono appunto quelli, su i quali
l'Autor nostro ha giudiziosamente appoggiato il
suo Trattato impresso già fino dall'anno 1662.(1)
in Mans colla seguente intitolazione , che dell' O-
pera annunzia di per se stessa mirabilmente il
pregio : Idea della perfezione della Pittura dimo-
strata per li principj deW Arte, e per esempli con-
formi all' osservazioni j che Plinio, e Quintiliano
hanno fatte sulle pili celebri Tavole degli antichi
(0 NelFrontcspizio di quest'Opuscolo per incuria del ti-
pografo è corso .sbaglio nell' epoca dell' impressione , leggen-
dovisi 1671, nel qual errore hanno poi urtato tutti coloro
che lo han citato. La cosa è chiara, poiché la data del
Privilegio del Re è de' 3o. Marzo ì66z, e di più in line del
libro notasi esser.^i terminato d'imprimere per la prima
iiata il di 14. d'Aprile di detto anno i66l.
Vfl
Pittori , messe in parallelo con alcune Opere de^ nO'
stri migliori Pittori moderni, Lionardo da Vinci,
Pajfaello , Giulio Romano , e 7 Poussino\ ma que-
sto per vero dire altro non essendo in sostanza,
che un sugoso raffinato epilogo di quanto in a-
vanti scritto aveano, ed operato i nostri più va-
lenti Scrittori dell' Arte Pittorica , e specialmen-
te il mentovato Lionardo da Vinci, di cui il no-
stro Autore tradotto avea nel patrio suo linguag-
gio il famoso Trattato della Pittura pubblicato
in Parigi nel 1651. in fogl.*, sarà forza il dire, che
debbano da chicchessia, che l'Arte ne professa,
molto tenersi in pregio, e valutarsi i di lui inse-
gnamenti, in quantochè, io ripeto, mai si allon-
tana dalle loro sicure, e maestrevoli tracce.
Scrittore poi del medesimo è il famoso Ro-
lando Freart di Chantelou , Signore dì Cham-
bray , autore dell' altro eccellente Scritto in-
titolato : Parallelo deW Architettura antica col-
^a moderna, pubblicato dapprima in Parigi nel
1650. in fogl. e quindi riprodotto nel 1702, e
a cui riuscì di condurre la prima volta nel pa-
trio suolo da Roma, ove nato era nel 1613. da pa-
dre Parigino, il famoso Gaspero Poussin , cosi
detto, perchè allievo, e cognato del valente Pit-
tore Niccolò di tal cognome. Con questa edizio-
ne mio scopo eziandio egli è di far palese all'I-
talia un libro quanto utile, altrettanto a noi , ed
ai Francesi stessi quasi del tutto ignoto, e quel
che a parer mio è più valutabile , fedelmente
tradotto nel 1685. nella più tersa Toscana lingua
dall'immortale nostro Anton Maria Salvini ono-
re, e decoro della patria, e del patrio linguag-
vili
gio, in cui a que'dì non ebbe pari. Che egli poi
in realtà ne sia il vero cra<larcore , non ostdiice
che dai nostri più diligenti Bing'.ifi siasi questi
omessa nel registro delle sue ope.e , e delle mol-
tiplici meravigliose sue versioni , chiaramence
risulta dal carattere suo molto riconoscici vo , il
quale scrupolosamente confrontato coi di lui
Manoscritti in gran copia esistenti nella Biblio'-
teca Marucelliana, ed altrove, si è trovato di-
fatti esser suo; quindi è, che il Chiarissimo mio
Collega Canonico Angiolo Maria Bandini , tòlto
non è gran tempo alle Lettere , non ebbe diffi-
colta alcuna di marcare l'autografo di questa ver-
sione del seguente attcstato;
A dì 13 Luglio i8of.
lo Can. Angiolo Maria Bandirli attesto, che que-
sta tra'uzione dal Francese è scritta di mano del
celebre Anton Maria Saivmi ^ di cui esistono gli
Originali da me acquistati nella pubblica Libre"
ria Marucelliana .
Questo Codice destinato già ad uso vile fu da
me con altri interessantissimi Opuscoli tanto ma-
noscritti, che impressi, sì antichi, che moderni
fortunatamente sottratto per tenne prezzo dalle
mani di chi non ne conosceva il pregio, tra i
quali per comun notizia rammentar qui mi g o-
va un piccolo Trattato originale di Filippo Bal-
dinucci omesso in ambedue l'edizioni de' suoi
Decennali, diretto a Monsig. Lorenzo Salviati
intorno al modo di dar proporzione alle figure in
pittura, e in scultura , che vide per mezzo mio
la luce per la primi volta in Livorno nel 1802.
con una docca Dedica del Chiaiiss. Bibliografo
IX
Sig. Gaetano Poggiali arceleberrimo nostro Inci-
sore Sig. Uaffaclio Morghen ; l'Istoria per anche
inedita de Bello Sencnsiy scritta dall'aurea penna
di Pietro Angeli da Barga, detto antonomastì-
camente il Bargeo -, un Opuscolo autografo del
nostro Guglielmo Becchi notissimo per altre O-
pere , intitolato de Corner j. , diretto ad Pecrum Co"
smae filium ..e Aiedicis Civein Florentinum ; un Poe-
ma eroicomico di Canti XII. intitolato il Gonnella
di Giulio Cesare Beccelli impresso in Verona ,
Scrittore totalmente ignoto non solo al Conte
Mazzucchelli nella Storia degli Scrittori d'Italia,
ma all'istesso Manni nella Vita, che egli scrisse
di quello spirito bizzarro fiorentino; un Opusco*
lo in pergamena di Leon Battista Alberti nomato
da alcuni Scrittori il Vuruvìo' fiorentino , il qua-
le, benché scritto in volgare, ha per titolo UxO'
ria , del tutto sconosciuto al medesimo Mazzuc-
chelli , ed al più recente di lui encomiaste P. Pom-
pilio Pozzetti; e in fine il Monte Santo di Dio
impresso in Firenze nel 1477. notissimo per l'e-
strema sua rarità a tutti i Bibliografi , e da questi
concordemente dichiarato, adorno che sia delle
tre stampe in rame, il Cimelio delle vetuste edi-
zioni , il quale presentato recentemente in dono ad
un Personaggio d'alto rango d' Oltremonte, che
avidamente da più anni il ricercava, mi meritò
r esuberante regalo di una ricchissima , ed elegan-
tissima Tabacchiera d'oro smaltata. Ma ritornan-
do la donde mi son dipartito, il maggior mio ec-
citamento per la pubblicazione di questo Trac-
tato era il desiderio di veder da qualche novel-
lo Felibien rivendicata la fama dell' im mortai no-
X
stro Michel piìi che niorra! Angiol divino , qui
alquanto vituperevoliiicntc schernita nell' esa-
me critico, che vi si id del famosissimo suo
Giudizio Universale sovrapposto all'Altare della
Cappella Sistina, in cui inventore, e unico so-
vrano niacbtio siede di quello stile il più arduo,
e d.fficoltoso, detto dai Professori dell'Arre ter-
ribile, e Jit:ro , e dove in somma valorosamente
mostrò il primo di tutti i moderni a batter le vie
del grandioso, e del sublime, per cui quella pit-
tura da molti sopra tutte le altre dell'Universo è sta-
ta esaltata, e da altri riputata il miracolo dell'Ar-
te ; checché in contrario quivi ne dica il nostro
Autore, e il Pittor Satirico con que' famosi versi
per gabbo più della smodata licenza , che pur trop-
po da tutti i lati trionfa di queir immenso quadro,
che per altri difetti, che vi abbia scorti:
0 MiJielarìgiol , non vi parlo in gioco ;
Questo , che dipingeste ,eun gran Giudizio ,
Ma del giudizio voi ne avete poco!
Non è difatti andato a vu >to cotal mio deside-
rio, mentre il Chiarissimo Signor Onofi io Boni,
che per più anni qui l'onorifica carica decoro-
samente ha sostenuto di Soprintendente delle Re-
ali Fabbriche, a insinuazione del non mai abba-
stanza commendato Sig. Ab. Luigi Lanzi esperto
in ogni genere di belle Arti , e di esse valoroso
leggiadrissimo Scrittore , come di altre molte nel
suo genere veramente classiche , ha saputo trion-
falmente con una energica apologetica Disserta-
2Ìone, che riportiamo in fine per corollario, e
ornamento di questo Trattato, sostenere l'impa-
reggiabile di lui merito, e smentire le impostu-
XI
re dall'invidia il più delle volte prodotte dei di
lui malevoli; per la qual Dissertazione, oltre al
ribattersi vittoriosamente il Freart, il Dolce, il
Rosa, e il Milizia, vien precluso ancora a qualsi-
voglia sì fatto censore ogni ulteriore scampo d' in-
fierir più davvantaggio contro di lui.
Quello che io sarei per dire di più partico-
lare sopra di ciò, mei riservo, per non oltrepas-
sare i confini di una Prefazione, qualunque ella
sia, nel Tomo li. della Storia già ultimata di que-
sta mia insigne Imperiai Basilica Laurenziana,
gelosa, e superba depositaria delle più belle Ope-
re di lui, contento soltanto di predurre alcuni in-
teressanti documenti , finora , per quanto io credo,
inediti, ed a' nostri Bicgrc.fi affatto ignoti, tutti
ad esso relativi, ed alla sopraindicata pittura,
tratti dai Registridell' Archivio Vaticano, offerti-
mi in dono, allorché poco fa quasi stupido anda-
va io mai sazio rimiiando un' Opera sì grande.
Ujio di essi il tralascio per brevità, comecché ri-
portato in lingua toscana nel Tomo VI. delle Zer-
lere Piiiori^he pag. 24; gli altri poi sono del se-
guente tenore;
Patilus P<zpa III Diìecto Filin Mìchaeli Angelo de Bonarotis
Pati itio Fiorentino .
Dilecte Fili saìutem efc. F.xccllentia virtutis tue cum
in Sculptura . et Pittura tum in omni Architeclura , quibus
te et niistvum seculum ampliter exuvnasti, veleies non so-
lum adequando, sed congestis in te «mnibus , que singula
illtis admirandos reddebant pi^pe superando, Nos merito
permovet , ut te in loco honoris , et amoris nostri precipuo
collocante!-., u.«um virtutis tue in picturis, sculpturis , et
architecturis Palatii nostri Apust-ilici , ac opeiibus in ilio
nunc , et prò tempore faciendi* libenter capiamus . Itaque te
XII
supremum Architectum , Sculptorem , et Pictorem eiusdem
Palutii noìstri Apostolici auctdiitatc Apostolica tleputamus^
ac nostrum Familiarem cum omnibus , et singulis gratiis ,
prerogativis ,honoribus joneribus , et antclatiunibus ,quibug
alii nostri Familiares utuntur , et uti po.ssunt , teu consue-
verunt, facitnus , et alii? Familiaribus no^tris aggregamus
per presentes . Mandantes dilecto Filio Magistro Domus
nostre, ut te in Rotule Familiarium nostrorum describat»
et describi faciat , prout nos ctiain describimus. Et insuper
cum nos tibi prò dcpingendo a te pariate Altaris Cappelle
nostre pictura, et historia ultimi ludicii ad laborcm , et
vivtutem tuam in hoc, et ceteris Operibus in Palatio no-
ftro a te, si opus fuerit , faciendis remunorand. , et satisfa-
cicnd. , introitum , et redditum mille et duccntoium scuto-
rum auri annuatim ad vitam luam promiseiimus , prout
etiam promittimus per presentes ; Nos ut dictum opus a te
inchoari coeptum prosequaris, et perficias , et si quo alio
in opere volucrimus, nobis inservias ; Passum Padi prupe
Placentiam , quem quondam Io. Franciscus Burla , dum vi-
veret obtinebat , cum solitis emolumenti», jurisdictionibus,
honoribus, et oneribus suis prò parte dicti introitus tibi
promissi, vidclicet prò sexcentis scutis auri, quot ipsum
Passum annuatim reddere accepimus , nostra promissione
quoad reliquos sexcentos scutos firma remanente ad vitam
tuam , Auctoritate Apostolica tenore prescntium tibi con-
cedimus , mandantes Vicelegato nostro Gallie Cispadane
nunc et prò tempore existenti , ac dilectis lìliis Antianis ,
Comunitati , et hominibus diete Civitati.»; Placentie , et aliis ,
ad quos spectat ,ut te vcl procuratorem tuum pr*» te in pos-
sessionem dicti Passus , ejusquo exercitii admittant , et admis»
sum tueantur , faciantque hujusmodi nostra concessione vi-
ta tua durante , pacirice frui , et gaudcre , contrariis non
obstantibus quibuscumque .
Datum Rome apud S. Marcum prima Septembris 1535.
Anno primo.
Paulus Papa III. Dilecto fìlio Michacli Angelo
de Bonarotis Patritio Fiorentino .
DilecteFili salutem etc. Cum fcl. recor. Clemens PP. VII.
immediatus Predecessor nostcr primo , et deinde nos tibi
prò dcpingendo a te pariete Altaris Cappelle nostre pictu-
ra , et historia ultimi ludicii ad laborem , et virtuiem tuam ,
qua nostrum scculum ampliter cxornas remuneran. et sa-
tisfacien. introitum , et redditum mille et ducent<»rum scu«
torum auri annuatim ad vitam cuaui promiscrimus , prout
XIII
dtiam promìttimus per presentes ; Nos ut dietum opus a te
inchuaii ceptum prosequaris ,et perficias , Passum Padi pro-
pe PlacenLiam , qucm quondam Io. Franciscus Burla dum
viveret obtinebat cum solitis emolumentis , jurisdictioni-
bus , honoribus, et oncribus suis pio parte dicti introitus
tibi promissi , videlicet prò sexcentis scutis auri quot ipsum
Passum annuatim redderc accepimus , nostra pv^missione ,
quoad reliquia scxcentos scutos firma remanente ad vitam
tuam , auctoritate apostolica tenore presentium tibi conce-
dimus , mandantes Vicelegato nostro Gallie Cispadan. nunc
et prò tempore existenti,ac dilcctis liliis Antianis, et Com-
munitati diete Civitatis Placentie , et aliis, ad quos spe-
ctat, ut te , vel procuraturem tuum prò te in pos-sessionem
dicti Passus , ejusque exercitii admittant , et admissum
tueantur , faciantque hujusmodi nostra concessione vita tua.
durante pacilioe fiui , et gaudere, contrariis non obstanti-
bus quibuscumque .
Datum Rome apud S. Marcum prima Septembris iSÌS.
Anno Primo .
Paulus PP. HI.
Cum sicut nobis constat , postquam dilectus filius Magister
Michaelangelus de Bonarotis Civis Florentin. unicus , et sin-
gularis Pictor, et Statuarius alias fé. re, lulio PP. II. Pre-
decessori nostro sub certis conditionibus industriam , et
operas suas locaverat ad fabrìcationem , et constructuram
Sepulchri , -quod sibi vivens disponebat, et preparabat prò
Ducatie decem millibus auri do Camera , dictoque lulio de-
functo , testamenti ipsius lulii executores sunmam decem
millium Ducat. hujusmodi ad decem , et sex mille Ducat.
similes , et forsan aliam majovem summam certo modo au-
xissent ,ex dictis sexdecim millib. Ducat. summam octo mil-
lium Ducator. similium ipsi Michaeli Angelo a nobili Viro
Francisco Urbini Duce , ad quem et Executores predictos
conjunctim , vel divisim cura, et perfectio sepulchri hu-
jusmodi spectat , soluta fuisset, et manu operi forsan ap-
posita , Franciscus Urbini Dux , vel Executores predicti cum
eodem Michaele Angelo concordes volente, et consentien-
te, ac pariter KUtcrizan. pie mem. Clemente Septimo etiam
Predecessore nostro ad finem , et effectum infra dicen. ab
omnibus > et singulis conventionibus tam inter lulium Pre-
decessorem primo , quam successive per ipsos curn dicto
Michaeleangelo factis , et initis ad convcntiones , et pactio-
nes infrascriptas devenissent inter alia videlicet ipsum Mi-
cb»elein Angelum ab omnibus, et singuliii primo , et secun-
do diotis ronventionibus, et pactis , ac pccuniarum sum-
mit supradictÌ!> poripsum habilis quicti.s.sont , nb.sol vissent 9
ce liberasscnt , propteicii quid iilcm Michael Angelus face-
re , et dire novum Mtdi'llum , scu De<ignu:n dicti Sepuì-
chri ad sui libitu.n, ac etiam sex Statuas m.iimoieas in-
ccptas, et n mduin pcrfcctas , sed sui munu prrriuiendas»
ac alia quecunque ad Sepulturam prediclum pn rat, et etiam
infra certum tunc expiessum , nunc iaindiu tffluxum termi-
nuin , summ;im dunum miliiuiTi Du(;at»>ru;n ^imilium com-
putata certa SUI D .mi) tunc expressa inexlim:ita , et quod
ulterius exp'»ni necesse esset in Sepulchruin huiusm idi in
loco infra quitu)r menses sibi a die celebrati contractus
hic in Urbe assignando ad debitum rtncm pcrduci possit »
pecuniasque ipsas sic exbursundas de tempore in tempus
de onsensu , et volunfeate Proiuratoris dicti Ducis exbur-
save prttmiserit , et so obligaveiit ; Prelibatu??qu'> Clemens
Predecessor dicto Michaeli Angelo , qui fcrsan ab Urbe Fio-
rentina, sive ipsius Glementis licentia abesse non poterat ,
ad Uibem veniendi , et in ea standi per du »s men.-es , et
plus,vel minus, prout ipsi Predecessori placeret . quodquc
pretcr dictas sex StatUas opus Scpulchri iuxta n >vu;n desi-
gnum huiusmidi hniendum in totum , vel in parte alii ,
seu aliis licentiam , et facultatem concesserat pacto inter
ipsos etiam adjeoto , qu «d in evcntum , in quem ipse Mi-
chael Angelus premissa non observaret quietatio piediota
nulla , et nullius roboris , et momenti esset , et ipse Mi(-hael
Angelus tenetur ad observationem aliarum supradictarum
conventionum , ac si premissa facta n »n fuissent , illa etiam
obligatione , que in ampliori forma Camere appeilatur jura»
mento, et cum aliis clausulis , et cautelis solitis , et cun-
suetis , adjeota ,, cumque successive Clemens prefatus deco-
ri, et ornamento m ij >ris C.ipclie nostri Palitii Apostolici
Sixtinae nuncupat. intendens ad Caput , et Altare majus . seu
supra illud cortas picturas tieii prop'jnens ipsum Michaelem
Angclum ad picturam huiusmi<di juxta de.^ignum Cart'-num
per ipsum factorum evocasset , eidemque ut illi intenderet,
Sepulchri p.edicti ac quocumque alio opere postp-sito man-
daverit , prout exinde citra idem Michael Angelus eidem
Operi intendit , et n >s dicto Clemente sicuti D >min" placuit
de medio sublato ad Ap.>.-t"latus apicem as.>umpti indignum
reputantes jquod tam laudabile, et singulare opus picture
huiusm-di in venu^tatem , et maiestatem eiu^dem Capelle,
et totius dicti Palatii cedcns imperfectum 1 elinquerctur ,
et remaneret eidfm Michaeli Angelo quiimvis invito, et
recusanti , ut ad pe. feciione n piciuie Cipellc predicte ul-
torius,et us(juc ad iliiu^ tutdicm pcifcociuncin iuccssanter
XV
continuaret vìve vocis oraculo mandavimusi pvout ctiam
de nov > etiam present^ium tenore mandiimus . ,, Ne autem di-
ctus Michael Angelus qui nun culpa , nec facto .suo , sed
pavend • jussionibus , et mandatis nostris, et ipsius Clemea-
tis minime Sepu chrum piediclum infra tempus conventum
porferit » ft foisan alia C'inventa nun observavit, nec ad«
imnlcvit.aut hercdes , vel successores sui quicumquc super
in.bso'vati-'ne , et contiaventione , seu super incursu ali-
quaium censurarum , vel prediotarum , aut aliaruin etiam
f.irs.in penarum tempore procedente vexari , seu molestavi
pu.s.«it,seu p"S.sint , indemnilatique sue providere volentes ,
ao omnr.s . et «ingulo.s lam primo cum ipso lulio , quam pò-
etra rutn Eviutoribus , et ultimo cum Proturatoribus pre-
diftis . ac alias quasiumque forsan, et quolibet alias modo
initas, et inita conventitnes , et pacta , ac quecumque in-
sti unenta desuper celebrata, et stipulata, nec n^m quas-
cumque alias tana publicas, quam privalas scripturas , pa-
l-iteiquc omnes,ct singulas contraventiones , et inobser-
vantiiis, ac etiam pecuniarias pcnas forsan incursas prò
ex'pressis , et inseitis habentes , latiusque exprimi , et etiam
de verbo ad verbum si videbitur inseri posse volen. Alotu
proprio etc. dicimus et verbo Romani Pontitifis attestamur
dicium Mifhdelem Angelum invitum et recusantem , ac
contradicentem ttim per ipsum Clementem dum vixit, quam
per nus eti;im post assumptionem nostram huiuvm'di impe-
ditum , retenlum , et detentum fuisge , et foro , et esse in pre-
sentiarum etiam retineri , et impediri ne fabricature , et
exoedit et constructioni Sepulchri predicli adimplemento ,
et observati'»ni omnium , et singulorum predictorum assi-
stere, vel facere, aut adimplere seu per se, vel alium per-
fìcere poiuevit> sive vuluerit, pnssit, vel valeat , vel pos-
sit, aut valeat, et int-uper prò potiori cautela quatenus
forsan de iuris rigore, vel alias possit dici convenisse , et.
non (bservasse, nec adimplevisse , ipsumque , heredesque ,
et successores , sui'.sque , et quoscumque etiam extraneos
ab omni , et quacumque contravcntione , et inobservantia ,
incursaque predictaium in singulis insertis «cripturis pre-
dictis contentarum , et quarumcumque aliarum etiam cu-
ìuscumque notabilis summe pecuniavum , penarum etiam
forsan Fisco nostro applicatavum penitus , et omnino ac gè-
neraliter , et generalissime specialiterque > et specialissime
tam qu'>ad nos , quam quoscumque alios qui mudolibct , et
qualitercumq-ae interesse haben. etiam si S R. E. Cardinales
essont, vel quavis alia Ducali, vel maiori dignitate , sive
titulo prefuigeant , remittimus, absolvimus , et liberamus ,
ita quod a quocumque premissorum ymnium, vel singulo*
XVI
rum occasionem iudicio, vel extra molestar! non possint,
etiam quamcumque , quomodocumque , cuicunquo forsan
competcn. artion. centra ipsum , vel suos predictos aufc-
rentes , et «ibi perpetuum silentium imp<»nentes ctc. nihil-
ominus ne de cctero de mandato , et impedimento ipsius
Clomcntis , et nostro huiu-modi habeat dubitali , vel in
dubium rcvocari eidem Michael! Angelo sub maioris ex-
communicationis , et indignationis nostre pcnis ipso facto,
si non paruerint , incurrcndis , ut premiss, et cuicumque
alteri operi impeditivo quominus intendat comode picture
Capelle nostre huiusmodi inhibemus , quodque illis obmissis
continuative , ac inccisantev usque ad totalem pcrf ctio-
nem ibidem laboret prccipimus , ac committimus , et man-
damus, quodque ad proban. omnia, et singula supradicta
presentes et littcre desuper in forma Brcvis expcdicn. in
iudicio , et extra sufficiant , nec ad id alterius pvobationis
adminicùlum requiratur, vel in contrarium admittatur ,
nec de subreptione , obreptione , sive intentionis nostre ,
vel quocumquc allo defectu , exceptione , oppositione , vel
allegatione impugnar! possint , sicque , et non aliter, nec
in contrarium per quoscumque etiam S- R E. Cardinales Pa-
lati! Apostolici , Auditorcs, Presidcntes , et Clericos Came-
re , et quoscumque alios* ludices iudicari , scntentiari , et
difHniri debere sublata éis et eovum etc. irritum , et inane
decorni mus etc. Non obstantibus premissis Constitutioni-
bu'-quo, Ordinationibus ApostoUcis j Statutisque etiam et
consuetudinibus etiam Urbis , sive quarumcumque aliarum ,
etiam Florent. Civitat. , Monasteriorumquc , in quibus for-
san Sopulchrum huiusmodi sit , et rieri debet, etiamsi sint
S-Benedicti, vel alterius Ordinis etiam iuramento etc. ro-
boratis , regulaque de non tollendo iure quesito etc. privi-
legiis quoque induìtis etc. extenden. eeterisque in contra-
rium facien. non obstan. quibuscumque cum clausulis opor-
tunis , et consuetis seu necessariis . Fiat ut peti tur ctc. Et
cum absolutio e a Censuris ad effcctum etiamsi in illis per
annum , et ulteriora insoiduisset regula contraria non ob-
gtan. latisi-ime extendi, ac de remissione, abs«»lutione , et
liberalione , ac inhibiti»>nc , commissione , et mandato pre-
dictis in forma gratiosa etc. ac decreto etc. ut supra, et de-
rogation. pred'ct. , ac quod premissorum omnium, et sin*
gulorum, et quarumcumque scripturarum tam publicarum ,
quam privatarum super premifsis confcctarum, ac obliga-
tionum , et instrumcnlorum predictorum tenore etiam cum
illorum totali inaertione ni videbitur aliorumque hic gene-
ralitcr , vel specialiter narran. maior , et vcrior etc. et quod
prcscntis «uppositionis sul» signatura sufficiat , et tìdem fa--
XVII
ciat in iudlcio, et extra sive alias si placuerit per Breve
expedi i , et cum upportun<i decreto, et ordinatiune qu id
qUcitenus per supradictos Durem j vel Executores , aut alios
quoscumquo etiam aliunde t*<»rsan causam,vel inteiesse ha-
bentes , vel pietendcntf^s ullo unquam in peipetuum cuntra
ip.sU'.n Michaclcm Angelum, vel su<>s predicto quum doli»
bet quMvis mid<>, ratione, causa, vel ocoasiune super pre-
in issi s , vel aliiuiutì p<emis!<uvum piincipaliter , vel inci-
denter lis , aut molestia insericietur , qu ni Camf^ra Aposto-
lica in continenti ip.-^xim Michaclem Angelum, et suos pre-
dictos indemnes et p^nitus sine damno conservare tenca-
tur, et obiigetui" etiam qu»cumque instan. sumptibus , et
expensis pr.pviis quia sic per nos ipsi Michaeli Ang'=>Kt pro-
miss. , et ad hoc nus , et Sedem Ap.p.sttdicam obligavimus ,
et etiam nunc obligamus,et permittimus, et cum latissimo
mand.ito Camerarii», Prcsidentibus , et Clericis Camere A-
p stolice quod presentes vel litteras dcsugcr cxpcdien. in
Camera Apost>lica registrata , et desuper «.mn. paten. Lit-
teras . vel Instrumentum etiam cum expressa ypp.>theca , et
obligutione omnium bunurum Cameralium t-mi tempi»ralium ,
qu tm spi 1 itu.ilium pi «.ut m^i is est e te. iat. extenden. Fiat e te.
Datum R me apud S. Petium quintodecimo Kai. Dccein»
bris , Anno Tertio.
Guido AscanÌHi Sfortia .?.?. Fitì, et Modesti in Macello
Martirum Diac. Ca din. Jf S. FLtra S.R E. Canterai ius .
Dilecto n(Tbis in Christo Michaeli Angelo de Bonarotis Pa-
tritio Fiorentino salutem etc. Exhibuisti nuper in Camera
Apostolica quisdam Sanctissimi D. N. D. Pauli Divina Pro-
videntia Pape Tei tii in f<ima Brevis , Anulo Piscatoria si-
gnatas super concessione Passus Padi prope Flacentiam per
eumdem S D. N. tibi facta, quarum tenor sequitur , et est
talis , videlicet a tergo . Dilecto tilio Michelangelo de Bo-
narotis Patricio Fiorentino; Intus vero Paulus PP. 111. Di-
lecte fili salutemj et Apustt.liiam Benedictionem . Cum tVl.
ree. Clemens PP. VII. immedialus Predecessor no^Bfer piimo
et deinde nos etc. Indeque nobis hu niliter supplicasti , ut
illas admittere , ac in libris Cuineie Apostolico registrati
faeere,ac literas patentes desuper tibi concedere ,ac alias
tibi desuper uportune provitlere dignaremur. Nos ad per-
sona n tuam mi lis virtutibus insignitam debiium respectum
habentes tuis in hac parte supplicationibus inclinati de
mandato Sanctissimi Domini Nostri PP. vive vocis oiaculo
super hi>c nobis facto , et auctoritate nostri Camevariatus
«fficii , ac ex decreto desuper in Camera Apostolica facto
* * *
XVIII
f redictas Litteras òmnl qua decuit rtvffrentia admittcrt. ,
et illas in libvis Camere Apostolicc registrali mandante»
prò illarum debita executione Reverendo Domino Vice Le-
gato Gallie Cispadane, et Antianis , et Comunitati Ci vitatis
Placentie , ccterisque ad quos spectat , et spectarc poterit
in futurum , et cui, seu quibus preinserte littore , ac pa-
tentes nostre exhibite, et presentate fuerint harum serie
rnandamus , quatenus te, vel procuratorem tuum in possea»
eionc dicti Passus cum illius exercitio juxta rurmam dieta-
rum preinsertarum Litterarum inducant, et admittant j in-
ductumque , et admissum manuteneant, et delcndant , ipso^
que Passu , et illius fructibus paciiìcc f rui , et gaudere per-
mittant , et quovis modo te , vel prò te agentes non impc-
diant , nec molestent sub excomunicationis , et aliis nostri
arbitrii penis , et nihilominus irritum decern., et inane
quicquid in contrarium contigcrit attcmptari in contrarium
facien. non obstan quibuscumque .
Datum Rome in Camera Apostolica die p.Mensis Maii iJjS.
Pontiiioatus nostri Anno quarto.
Tanto poi è vero, Ciie questi Documenti èrano
a noi, e a tutti i nostri Biografi affatto ignoti,
che il diligentissimo, e dottissimo nostro Prop.
Gori nelle sue Note alla Vita del Buonarroti scrit-
ta dal Condivi, pag. 115. ci rammentai dei sud-
detti il primo da esso ritrovato tra gli scritti del
Sen. Filippo Buonarroti, ma non lo riporta, co-
me avrebbe desiderato, perchè soltanto il trovò
indicato.
e
INDICE
degli Articoli di questo Trattato.
J_'ell* Tnvenzìone ^ prima parte della Pittura, pag. 8
Delhi Proporz une , seconda parte . ivi
Del Colore , ovvero applicazione de Chiari , e degli
Scurii terza parte. g
De' Movimenti y ovvero delC Espressione delle passio
ni , quarta parte. IO
Della Prospettiva , ovvero Positura regolare delle
Figure^ quinta parte. l3
JEsame del Giudizio di Paride y disegnato da Raj^ael-
/(> , e meS'^o in stampa, 17
JEsame della Strage degC Innocenti , disegnata da RaJ*-
f-^ello, e messa in stampa. 34
JEsame ddla Deposizione di Croce di N. S. dipinta
da Raffaello , e messa in stampa . 3*J
Esplicazione del Costume y principio jhndamentale , e
universale per tutte le Parti ddla Pittura . 39
Esame del Giudizio Universale della Fine del Jilondo ,
dipinto da Michelag nolo , e che si vede in ist'^mpa . 5 1
Ripresa delV Esame della Deposizione di Croce di
N. S Si
Ingegnosa rappresentazione d' un gran Ciclope in un
piccol luogo , dipinto da Timante , Pittore Antico . 63
Imitazione del medesimo suggetto dipinto da Giulio
Romano y Pittore ]\loderno. 64
Esame del Ginnasio y ovvero Accademia de* Filosofi
d' Atene , dipinta da Raffaello , e che vedesi in
istampa . 6t
XX
SPIEGAZIONE
di alcune voci tralasciate dal Salvlni
Paff. 21- 1- 7^ sur un remo
1. i5. elevato e a pendio
1. i5. e di sottoposto piano
1. i3. tra gli Studi
1. 3- un mascalzone
Pag. iiS
Pa2. 3i
Pag. 5i
Pag. •34
^ 1. 3i. Tumore burbero
XXI
A MONSIGNORE , MONSIGNOR
LO DUCA D' ORLEANS
Fratello unico di sua maestà^.
Monsignore .
/
o ho creduto , che saria cosa forte aggradevole ,
e medesimamente in alcuna maniera gloriosa a
Vostra Altezza Reale , d' avere al seguito di sua
Corte la Reina di tutte l'Arti . Ciò è la Pittura ,
Monsignore , la quale Voi non ignorate , che i
secoli pia illuminati dell' antichità hanno rispet-
tata , come una delle lor Dee , ma che la barbarie
de' tempi ^ che sono seguiti a quelli, avea quasi
appressata sotto le nane della maggior parte delle
belle cose . Questa Reina dell'Arti, Monsignore,
riviene nientedimeno al giorno d' oggi in Francia
colla Pace , che pia altre vertudi hanno costume
d' accompagnare, come sue figlie veraci. Di tutte
quelle , eh' ella viene ad allevare pia affezionata-
mente che mai in questo Reame, io non dubito pun-
to, che la Pittura non sia la meglio ricevuta dal
Re , se ella ha V onore di lid essere presentata
dalla mano di suo fratello unico . L' inclinazion
naturale , che Vostra Altezza Reale ha sem.pre
kxn
a^niia per le cose eccellenti ,fa sperare a questa ,
Monsignore , eh' ella sarà onorata della possente
protezione , eh' ella osa dimandargli , e con que-'
sto glorioso avvantaggio , non vi ha cosa sì gran^
de , che non possa attendere per lei in un rispetto
profondissimo ,
Monsignore
Di Vostra Altezza Real^
L umilissimo, ubbidientissìmn y e ftdclistinjo servitore
De Chambray .
E'
xxm
PREFAZIONE.
non vi ha quasi persona, che non abbia qualche
inclinazione per la Pittura, e che non pretenda rae-
desimaraente avere un giudicamento naturale, e un
senso comune, capevoli di sindacare le Opere, ch'ella
produce. Perchè non solamente le genti di lettere, e
di condizione, che sono vensimilmente sempre le piìi
ragionevoli, si piccano d'intendersene; ma ancora il
volgo s'intraraette di dirne suo sentimento, talché
e' pare , ch'ella sia in qualche guisa il mestiere d'o-
gnuno.
Questa presunzione non è mica un vizio particulare
de'Franzesi, o del nostro Secolo. Egli è così vecchio,
com© la Pittura , ed è nato con essa nelta Grecia .
L' uomo lo può giudicare da ciò, che Plinio ha notato
d'Apelle, ch'egli era accostumato, avanti di dare
l'ultima mano alle sue Tavole, di esporle publicamen-
te alla censura di tutti que'che passavano, e si teneva
in questo mentre di dietro nascoso, per ascoltare ciò,
che essi ne dicevano, e per farne suo profìtto . Donde
è venuto il Proverbio , -.!4peZ/e5 post Tabulam .
La piìi parte de' Pittori mantengono ancora in oggi
qualche resticciuolo, o almanco una non so quale ap-
parenza di questa specie di studio , che essi hanno
nientedimeno convertita in una maniera di complimen-
to. Perciocché pregano d'erdinario coloro, che hanno
la curiosità di vedere loro Opere, di volére dir loro
ciò, che ne pensano , e s' e' vi osservano qualche cosa ,
che bisogno abbia d' esser corretta . Ma come i com-
plimenti non sono che parole sterili , e vane, così non
producono ordinariamente alcuno effetto in queste oc-
casioni, e a dir vero, questi Pittori sarebbero giusta-
mente gastigati , se alcuno prendesse la libertà di ren-
der loro effettivamente il buono uficio , eh' e' fingono
di dimandargli, e che in luogo de' compiacimenti or-
dinar] , co' quali s' usa di adulargli , discoprisse loro na-
XXIV
liiralmente qualche notabili negligenze nelle lor Ta-
vole. Perchè ben bingi il.i jìieiidere in buona pane
quota istruzione, e di saperne grado a lor cen^o^e,
s'offenderebbero senza dubbio di sna franchezza-^ e
farebbe loro assicuratamente [)iìi confusione, che non
renderebbe servizio; j>erciucchè essi non cercano tan-
to,d' essere valenti, quanto desiderano di parerlo. Il
tempo d'Apelles non è più, i Pittori d'oggidì, son ben al-
tri , che qiie' vecchi Maestri , che non si rendevano con-
siderabili in Ifr pVofcssione, che per lo studio della
Geometria . della Prosptjttiva , dell' Anatomia de' cor-
pi •, per l'osservazione continua de' caratteri , che espri-
mono le passioni, e i movimenti dello spirito; pei la
lettura de' poeti, e degli storici, e in fine jier una ri-
cerca assidila d; tutte le cose, che potevano .servire a
loro insegnamento .
Si rendevano similmente assai docili per sottomette-
re le loro Opere <illa critica, non solamente de' Filo-
sofi , e de Letterati , ma àncora del còmun j)opoio, e
degli artigiani di tutti i me-t;eri, che facevano loro
qualche vdlta d'a.ssai giudiciose correzioni.
Questo cammino era veramente un po' lungo; ed è
apparentemente inaccessibile a una buona parte de Pit-
tori del nostro Secoio, che non hanno il medesimo ge-
nio di quegl illustri Antichi , né il medesimo oggetto
nel loro lavoro.
In effetto que' primi si proponevano avanti tutte
cose la belTa gloria , e l' immortalità di lor nome, per
principal ricom[iensa di loro Fatture ; dove che presso
che tutti i moderni non rigu|irdano ad altro, che
all'utilità presente. Di qui è che e' tengono una strada
ben differente, e si provano quanto è lor possibile,
d'arrivare al fine, che si sono unicamente proposto.
A questo effetto hanno introdotto per loro cabala
non so qi.al Pittura, per così dire, libertina, e intera-
mente disimpegnata da tutte le suggezioni , che ren-
devano quest'Arte altre volte sì ammirabile, e sìdiflì-
XXV
ci^e ; e loro incapacità ha fatto lor credere , che que-
sta *ittura degli Antichi era una vecchia malinconica ,
difficile a' contentare, che non aveva che schiavi al
suo servizio.
Sotto i[iie to pretesto si sono fatti una novella Pa-
drona , civetta , e fra?ca, che non dimanda loro, che
del liscio, e de'cftlori per piacere al primo incontro,
senza darsi pensièro s'ella piacerà lungo tempo.
Ecco r Idolo del temj)o presente, a cui il popolac-
cio de' nostri* Pittori sacrifica ogni sua fatica ; ma quei
eh' hanno dello «])irito, e che si sentono capaci di que-
sta eccellente Professione, prendono generosamente la
medesima strada, per la quale que famosi Antichi ar-
rivarono alla perftzione dell' Arte , e lassando ben lun-
gi dietro a loro questi dappochi ignoranti, dicono con
altrettanto di compassione , che di m\i,\neg\o Auloedus
£it qui ciihiXroedLi.< e^^e non possit\ e hanno pietà di
colv>'o , a' qcali la natura non avendo donato lo spirito
necessario per poter.-i elevare fino al'e cognizioni origi-
nali dell'Arte, son forzati per loro impotenza, di di-
morare in una semplice pratica di fare meccanicamen-
te le cose co^ì , come e' 1' hanno apprese da' loro poco
illuminati Maestri .
Ma come vi pensate voi , che disprezzino quest'ani-
me vili, alle quali lo studio fa tanta paura, che per
fuggirne i! travaglio, amano meglio gettarsi a traverso
nel partito storto de' Cabalisti , e prendere con esso
loro la maschera dell'apparenza, che darsi pena per
acquistare, e possedere con l'effetto la cosa medesi-
ma, di cui esse affettano ingiustamente la stima?
Che cosa è divenuta ora la gloria, della quale que-
gli antichi Greci, i più begl' Ingegni del mondo, ave-
vano coronata la Pittura, nello stabilirla regina di tut-
te l'Arti, e non permettendo che a'nobili, e a' galan-
tuomini di seguirla? Quale stima farebbero essi del no-
stro Secolo, in cui ella è stata così indegnamente ab-
bandonata nelle mani di questi animi babsi , che la di-
XXVI
«onorano tuttodì per lo dispregio , eh* e' fanno delle
sue leggi, e che per via d'un attentato il più olfrag-
giante , eh esser possa, danno il suo nome a questo
Idolo fantastico, che essi hanno eretto in suo luogo.
Con quale indignazione puossi giudicare , che i veri
Pittori considerino la temerità di questi insolenti riva-
li, eh' e veggono godere con vantaggio del tempo pre-
gente , pét'^ cai)riccio della fortuna , e al favore dell' i-
gnoranza del lor Secolo?
Quanto a me , io ne sono affatto piccato per loro, o
benché io sappia, che non vi ha niente di men dura-
bile, né di più caduco, che la falsa stima, non lascio
però d'esser toccato d'una grande im()azienza di vq.-
der ben tosto la fine d'un abuso sì odioso , e sì rimpro-
verabile al nostro tempo, che è per altro straordina-
riamente fiorito per le Lettere, e per tutte le altre
Arti, che si sono mantenute, e perfezionate più che
mai, ma'grado di queste guerre importune , che le han-
no Incessantemente combattute da tanti anni in qua.
La Pittura medesima, del cui abbassamento ci dolghia-
nio,e che sembra non esser nata che per la pace, noa
e stata forse giammai in più alta stima per me' noi ,
«ò più ricercata , che adesso ; e questo potria bene
essere in parte la causa di sua corruzione. Perchè,
come le Arti si nodriscono dell'onore, che si rende
agli eccellenti Artefici, similmente un amor cieco,
e una adulazione indiscreta, e troppo generale, le
guasta .
Bisognerebbe adunque necessariamente , per ridarle
il suo antico lustro, e renderle sua purità origina-
le, richiamare altresì quella primiera severità, colla
quale si esaminavano l parti di que' grandi Pittori, che
l'antichità ha stimati, e di cui l'Opere hanno soprav-
vissuto tanti secoli a' loro Autori , e renduti i loro no-
mi immortali .
Per arrivare a questo seirno , non vi è certamente
sdtra via, cUe l'esatta osservazione di tutti i priacip)
XXVII
fondamentali, ne' quali consiste sua perfezione, e sen-
za i quali è imjìossibile , ch'ella sussista.
Ma perciocché il dispregio , che se n' è fatto da si
luntro tempo in qua ne a?ea bandita l'intelligenza , e
perchè questo è un gran danno per coloro, che sono
curiosi della Pittura-, perciocché, senza questo aiuto
non ne possono godere con tutta la satisfazione, che
darebbe loro una cognizione bene schiarita; io ne ho
fatta qui per loro una ricerca particulare, affine che
avendo in questa Dissertazione la medesima Bussola ,
di cui gli Antichi servivansi per lor condotta , e' pos-
sano tenere il medesimo cammino, e vedere a fondo le
medesime cose, delle qi ali non avriano certamente avuto
mai senza essa , che un lume superficiale, e imperfetto.
Ora come io so, ch'egli è estremamente difficile di
disingannare gì' intelletti j che son di già prevenuti
d'un abuso corrente, e invecchiato, che ha similmen-
te per pretesto una libertà speciosa ; io non* ho credu-
to, che fosse assai il dire le cose, e provarle per puri
ra«'
sei
ni autentiche
A questo fine, ne ho trasceltì alcuni fra l'Opere
de' nostri Pittori piìi celebri, su i quali avendo fatta
l'applicazione di tutti i principi, che io metto innan-
zi, non resta piiì alcun modo di dubitare di lor verità.
E a fine di conoscere meglio, e d'una maniera più
generale i buoni , e i malvagi effetti-, che ne risultano,
allorachè si sono osservati , o trascurati tali principi ,
io ne propongo di più sorte differenti.
Raffaello d'Urbino^ il più perfetto Pittore de' mo-
derni, e il più universalmente riconosciuto per tale^
per quelli della Professione , è colui, le cui Opere mi
serviranno a far vedere per dimostrazione la necessità
assoluta dell' osservazione esatta di tutti i principj, che
io stabilisco in questo Trattato; e tutt' al contrario,
Micheiaguolo , più grande in reputasionC} ma molto
O, cne rosse assai ii uire le cose, e provane per puri
agionamenti, se io non ne faceva ancora vedere più
ensibilmente l'importanza per esempj,e dimostrazio-
XXVIII
minore in merito dì Raffaello, ci fornirà pienamente
nelle sue stravaganti composizioni , della materia pro-
pria a discoprire V ignoranza , e la temeritii de' Liber-
tini, che calpestando tutte le regole dell' Arte, non
seguono altre, che quelle decloro capricci.
In fpie^ta parte particolarmente il lettore disinteres-
sato potrà trovare la mia critica più aggradevole. Ma
per averne il piacere intiero sarà bene di tenrre nel
medesimo tempo davanti a se le Stampe di Kaffae lo,
che io esam-no, e che io propongo, come Opere rego-
lari, e conformi a'miei principi. Queste sonoi Disegni
dei Giudizio di Paris : della Strage degl'Innocenti, e
della Deposizione di N. S. Queste tre prime Stampe fu-
rono intagliate da Marcantonio, e sono rare , e curiose.
La quarta è un molto nobile Componimento , che si
chiama ordinariamente la Scuola d'Atene. L'intaglio
non è di sLbuona mano, come quello delle preceden-
ti; ma la disposizione delle figure è altresì e più gran-
de , e più magnifica.
Quanto aMichelau^nolo, basta avere di suo la rap-
presentazione del Giudizio Universale, che l'ha reso
sì famoso tra la gente. Qaest Opera è forse il più nu-
meroso mucchio di figure una sopra l'altra, che sia
giammai stato dipinto. È ancora , secondo il mio avvi-
so, il più amjìio suggetto,che si possa presentare per
disingannare coloro, a' quali il nome di quel Pittore
è in sì gran venerazione, che tutto ciò, che vien da
lui, lor sembra ammirabile per una preoccupazione
d'intelletto sì strana, che e' preferiscono l'abuso cor-
rente alla ragion medesima , e non osano esaminare
con giustizFa , ciò che essi stimaHO senz' essa . Quanta
me, io non sono sì cieco, né sì scrupuloso , non aven-
do altro scopo, che quello di discoprire la verità.
Spero, che la ricerca, che io n' ho fatta in questo
Discorso , sarà ben ricevuta da' veri amatori della Pit-
tura ; e quanto s'aspetta all'approvazione de' Cabali-,
titi, io interamente la sprezzo.
XXIX
AVVERTIMENTO AL LETTORE.
u.
n de mìei amici, che aveva avuta la curiosità di
vedere ^jaesto Tfattaio della Pittura dal tempo , che io vi
faticava ancora , sapendo dipoi, che io lo voleva mettere in
luce, e che simil'vente il mio disegno era d' esporlo princi-
palmeate agli oc>.hi della Corte; m ha avvertito, che nel
mio Discorso i mi serviva d' alcuni termini Italiani ,
de^ quali l intelligenza sarebbe senza dubbio ben difficile
a più persone, che non hanno fuso di cjuesta lingua, e che
e' bi:<ognava evitare quanto V uomo pub, d' imbarazzare
l'ingegno del IjCttore . Questo consiglio, che tn è seni-
brato giudicioso, e molto ragionevole , m'ha nientedi-
meno cagionato assai di pena , 'wn trovando altre paro^
le puramente Franzesi , che avessero espressioni così
forti', come quelle di questi barbarismi, che l'uso ha
come naturalizzati fra Pittori. Io mi sorto adunque con-
tentato di troncarne una parte de^ meno necessarj ; ma
quanto agli altri, che sono i proprj termini dell'Arte,
ho creduto eh' e' dovesse bastare d' esplicarli qui, a fine
^d* istruirne coloro, che hanno amore alla Pittura, e che
ne vorranno parlare come dotti con que della Professione.
Stampa .
// piit osservàbile , secondo il mio avviso, perciocché e-
gii è il più ordinario in questo Discorso , e che serve me-
desimamente di titolo a wa parte delle Sezioni di questo
Trattato, è la parola Stampa. Non vi ha disegnatore f
ne curioso di tale artifizio, che non sappia, che è un di-
Segno incavato , ed impresso quello, che il popolo i e tutti
XaX
i mercanti appellano comunemente Intagli dolci , ovvero
Ini-nagini; ma e' vi ha questa differenza nondimeno^ che
le Stampe son case più <^onside'abili ^ e Disegni di rispet-
to . Se ne trovano di più maniere , /' une incavate in rame
col bulino, ovvero coli' acqua Jorte y e l' altre intagliate
in legno. Di tutte tre queste maniere vedonsene d'Al-
berto Duro Pittore Alemanno , che è stato un eccellen-
tissimo Intagliatore di Stampe. L'origine della parola
Estampe viene dall' Italiano Stampare, che significa
imprimere.
Tramontani.
Io mi servo altresì del termine di Tramontani in par-
landò d'Alberto Duro, che io dico essere stato il più
gran Maestro de' Tramo itani. GT Italiani appellano così
quasi tutti i Pittori stranieri , ma particularmente quelli
d' Alemagna , e di Fiandra , che abitano i paesi del Set"
tentrione ; perciocché il vento del None , che vien loro
da que' quartieri, che ho detto y si noma in lingua Ita*
liana la Tramontana .
Allievo.
Questa voce Allievo è particularmente Usata per voler
dire gli Scolari , ovvero discepoli de' Pittori famosi ;
tome Ra^aello ha avuto per Allievo Giulio Romano;
Annibale Caracci ha avuto Guido y Domenichino , e pia.
altri. La voce Italiana è Allievo, e similmente in Fran-
zese si dice assai per ordinario, che un giovane uomo
sia stato bene allevato , per dire eh' eg'li è stato bene
instrutto .
Schizzo.
Questo termine è ancora tutto Italiano, benché e* sia
presentemente molto intelligibile in Franzese . Ciò e come
un primo, e leggiero sbozzo di qualche opera t che ari"
Cora si medita .
KXXI
Attitudine .
Ho impiegato in alcuni luoghi dì questo discorso il
nome d'Altitudine f benché noi abbiamo le parole d' A'
zione i e di Positura , che sono in qualche guisa la stes'
ia cosa. Ma contuttociò in certe occasioni sembra y che
il termine d' Attitudine sia piÌL espressivo ^ perchè oltre
eh' egli è più generale j significa meglio ancora, e pia
nobilmente molte cose , che non farebbe quello di Posi-
tura , o quello di Azione : per esemplo , la voce ti' Azio-
ne non converrebbe a un corpo morto , che non ha pia
azione, e bisognerà dire altresì C attitudine d* un corpo
morto, piiL tosto, che la positura d'uri corpo morto;
perciocché questo termine è troppo grossolano , e non
sarebbe similmente parlare da Pittore il di' e : Questa.
figura è in una bella positura ; bisogna dire : Questa fi-
gura è in una bella attitudine.
Pellegrino.
Quest* è un termine, di cui gC Italiani si servono or-
dinariamente per esprimere una cosa rara , eccellente , e
singolare ; ma e' /' applicano particolarmente all' inge-
gno, e dicono Ingegno pellegrino.
Non credo, che si trovi alcuna cosa olir a questa,
che meriti d' essere esplicata di vantaggio', e sarebbe una
specie di pedanteria il chiosare così per tutto. Finirò
dunque tutto questo con una osservazione , che mi sembra
la più importante. Questa è una obiezione, che più persone
m' hanno fatto di subito , circa la reputazione di Michel-
agnolo , alla quale non istimavano , che io dovessi dare
una stretta così ardita. Ma avendogli obbligati, per
lor propria satisfazione a fare da se medesimi l'esame
non solamente dell' Opera proposta da me in questa Dis'
sertazione , ma ancora di diversi altri Pezzi della me-
desima mano, che io loro ho presentati, sono infine
restati d* accordo , che io aveva ragione di farne il g iu-
XXXII
dizio che io ho fatto ; e sì stupiscono aiesso quanto
me, d'un ithu-^o sì utiver<ale , e .Cuna riputazione sì
stravagante , che certanente non. ha potuto venire^ che
dalla cabala d' ingegni malfarli , cwiìe quello Ai Michel-
ag ola y i quali son se-npre in b^n più gran numero ^ che
gli altri ; e questo è qu^'llo, che ha dato luog<> al pro-
verbio Asinus asino piilcher , jL>ert/ie ciascuno si conipia»
ce naturalmente di vedere il suo simile.
IDEA
DELLA PERFEZIONE
DELLA PITTURA.
Jlj una questione assai curiosa a sapere , perche
la Pittura sia tanto decaduta dall'alta perfezio-
ne , ov' eli' era altre volte ; e donde viene,
eh' e' pare in ogc^i , a vedere i fievoli sforzi di
sue fatture, in compaiazione degli ammirabili
lavorìi dell'antichità, che non ce ne resti più,
che l'ombra, e per cosi dire la fantasima.
Quanto a me, io non dubito punto, che la
principal causa di suo cadimento non sia il di-
spregio, che se n' è fitto, durante l' ignoranza, e
la barbarie de' regni del basso Impero, che l'han-
no talmente imbastardita, e degradata dalla sua
antica nobiltà, che in luogo d'uno de' primi luo-
ghi, eh' ella teneva tra le Scienze, ella è ora ri-
dotta fra i mestieri più vulgari . 11 che fa ben
vedere il calare degl'ingegni negli ultimi secoli,
ne' quali le rare invenzioni, e i lumi di quest'Ar-
te divina, cessando d'essere fomentati, sonosi
quasi estinti.
Nientedimeno il buon Genio, che presiede
sulle belle cose, per una certa providenza della
Natura ci ha sempre conservati uomini eccellen-
ti, ch'egli ha fatti nascere di tempo in tempo,
per mantenerne come la semenza ; ma nella stessa
maniera appunto, che gli arbori, e similmente i
corpi più perfetti , non forniscono di formarsi ,
che con un lungo seguito d' anni , dopo '1 quale si
possono ancora distruggere quasi che in un istan-
te, senz.i eh' e* possano essere ristabiliti, che per
lo tempo medesimo, che gli avea di già fatti;
il medesimo ne segue in queste eccellenti pro-
duzioni d'ingegno, le quali essendosi una volta
perdute per la negligenza, o dimorando oppres-
se sotto la tirannia de' malvagi regni, non si ri-
scuoprono , che con una lunga, e penosissima
ricerca. Ed è un prodigio, che nel secolo di
Lionardo da Vinci, e di RatFaello, (che sono il
Protogene, e l'Apelle de' pittori moderni) si sia
veduto rinascere la Pittura con tanto di forza,
e rifiorire in sì poco tempo; perciocché ella non
è di queste x\rti semplici, che il caso ci appre-
senta qualche volta senza cercarle; e che sono
secondo la portata d'ogni sorta di spiriti, non
facendo di bisogno d'alcun talento naturale, né
d'alcuno studio per apprenderle.
Non vi ha forse cosa d'ingegnoso tra gli uo-
mini, di cui la conoscenza sia più Sublime, e
la perfezione più difficile ad arrivarsi, che quel-
la della Pittura , che è il più nobile parto, di cui
l'ingegno umano possa far mostra. Ed è un abu-
so insopportabile abbassarla ad essere una dell'
Arti meccaniche, poiché ella é fondata sur una
scienza dimostrativa, molto più chiara, e più
ragionevole, che quella filosofia pedantesca, che
non ci produce, che questioni, e che dubbj; così
l'uomo halla appellata l'arte di dubbiare, come
una cosa sterile, e frivola; dovecché la nostra
pittura stabilita su i principj della Geometria , fa
nel medesimo tempo una doppia dimostrazione
di ciò, che ella rappresenta. Ma e' bisogna avere
s
due sorte d'occhi per sapere godere veramente
di sua bellezza i poiché l'occhio dell' intendi-
mento è il primiero, e'I principal giudice delle
sue opere.
' Sarebbe dunque necessario , al mio avviso, per
ridonarle la sua primiera dignità di far conosce-
re per ragioni forti, e convincenti , ch'ella è sem-
pre egualmente degna della medesima gloria,
eh' ella possedeva altre fiate tra' Greci , i più
be'Geuj, che la natura abbia formato giammai;
e che il vergognoso abbandonamento, ove ella è
stata dappoi, non ha potuto venire, che dalla de-
pravazione degl' intelletti .
Ella ha avuta an^cora questa disgrazia particu-
lare, che tutti gli Scritti, e l'Opere d'ammae-
stramento, delle quali più eccellenti Pittori del-
l'antichità aveano fatta parte al publico per
l'intelligenza di loro arte, sono stati seppelliti,
e consumati dal tempo. Ma non bisogna mara-
vigliarsi che ciò sia accaduto loro più tosto, che
a' libri degli Oratori, de' Filosofi, degl' Istorici,
o d'altri somiglianti; poiché a tutti questi ba-
stava d'avere genti, che sapessero scrivere, per
empirne le Biblioteche. Ma a' libri de' nostri gran
Maestri della Pittura , bisognava necessariamente
trovare copisti, buoni disegnatori, e intelligen-
ti nella materia, eh' e' trascrivevano, per com-
pirne anco pochi volumi in molto tempo; tal-
menteché non vi aveva luogo di sperarne altra
cosa che quella, che n'è accaduta, a causa delle
lunghe, e diflicilissime figurazioni, che ne do-
veano fare la principale, e più essenziale parte;
come si può giudicare dal Trattaco di Lionardo
4 . .
t1a Vinci sulla Pittura, la quale io ho tradotto
dall'originale Italiano in nostra lingua, e messo
in luce: perche e' mi sarebbe stato impossibile-
di renderlo giammai publico , senza l'avvantag-
gio, che il secolo d'oggi ha sopra gli antichi,
d'avere trovato l'intagliare in rame, e la stampa.
La medesima disgrazia era altresì accaduta
all'Architettura, poiché tra tutti i libri dell'an-
tichità, non ce ne resta più alcun altro, che il
solo Vitruvio, che è similmente difettosissimo,
a cagione del mancamento de' suoi profili, e del-
le dimostrazioni lineali, delle quali quell'Autore
avea fatto un libro particulare, che noi non ab-
biamo più, e che dovea essere l' incoronamento
della sua Opera. Nientedimeno noi possiamo di-
re, che i moderni, nel seguire la sua traccia,
abbiano fatto rivivere gloiiosamente questa bel-
l'Arte.
Si può dunque, secondo il mio avviso, anche
in oggi rendere lo stesso servizio alla Pittura , poi-
ché noi abbiamo un Fdostrato per guida nelP in-
trapresa di questo gran disegno. Ma come l'Ar-
chitettura è più materiale in sue opere, la soTi-
ditìi , che fd uno de* suoi piincipj, le ha conser-
vato questo avvantaggio sulla Pittura, che e' so
no restate in pie molte di sue fatture, le quali
suppliscono meravigliosamente al difetto de' li
bri, che si scjjì^ .perduti ; dove che la nostra Pit-
tura, che è quasi tutta spirituale, non ha potuto
darci memorie così durevoli . Ella non ha niente-
dimeno lasciato di riprodursi da due secoli in
qua con altrettanto di vigore, che se ella avesse
avuto il medesimo aiuto. E sembra ancora, ch'el-
5
la sia stata la restauratrice dell'Architettura,
giacché quasi tutti i primi Maestri , che 1' hanno
professata, erano gran Pittori, come Bramante,
Baldassarre Petiucci, Raffaello, Giulio Romano,
ed alcuni altri. Questo è venuto fatto per la for-
za del Disegno, che è il vero principio, e la sola
base, non solamente della Pittura , ma che si può
nomare l'organo , e l'istrumento universale di
tutte le Belle Arti .
Questa è stata una gran felicita, e un avvan-
taggio siniTulare por lo ristabilimento di questa
eccellente professione , che la sua parte mecca-
nica si sia così perfettamente mantenuta, che io
non credo certo, che per questo conto ci resti
niente a desiderare degli Antichi; al contrario il
solo uso, che i Moderni hanno discoperto di di-
pignerc a olio, apporta un notabile accrescimen-
to alla sua pratica; oltre che nel rafHnamento
de' colori, nella multiplicita delle differenti spe-
cie sono passati di la dal necessario. Talché non
e più questione adesso, se non di ben conoscere,
in che poteva consistere il raro talento de' nostri
gran Maestri dell' antichità; e il meraviglioso ef-
fetto, che gli Istorici scrivono di loro opere.
Or questo non è forte difficile a risolvere, poi-
ché col solo Trattato di Lionardo da Vinci si può
mostrare assai verisimilmente , che un Pittore,
essendo stato bene instrutto dalla sua giovanez-
za in tutte le cognizioni necessarie a sua profes-
sione, per lo metodo, ch'egli prescrive al primo
capitolo del suo libro, non può mancare d'esse-
re abile uomo; ma dopo questo, se la natura lo
favoreggia del genio dell'Arte, che è la vivaci-
6
ta, e *1 capriccio dell' invenzione , e del talento
della grazia (che lo studio non potrebbe dare)
bisogna per necessita, ch'egli riesca eccellente;
e se le sue Opere sono precisamente conformi a
tutto ciò, che è insegnato nel seguito di questa
Dissertazione, se ne potranno dire le medesime
cose, che di quelle Opere insigni, e compite d'A-
pelle , di Zeusi , e di Parrasio.
Nientedimeno, comecché il nostro Autore non
avea dati gli ultimi tratti al suo libro, che none
quasi che uno schizzo, o un progetto d'una più
perfetta composizione, che e' meditava, io no-
terò qui alcune nozioni generali, ed alcune os-
servazioni , che ho fatte per supplire a ciò, che
io vi trovo da desiderare .
Suppongo adunque ,che tutte l'Arti hanno lor
principi fondamentali, de' quali la conoscenza è
assolutamente necessaria a coloro, che ne vo-
gliono seguire la professione; e quanto questa è
eccellente sopra le altre, e per conseguente an-
cora più difficile, non bisogna sperare di potervi
fare alcun progresso considerabile , senza una
perfetta intelligenza de' suoi principi, che sono
d'una sublimissima contemplazione, principal-
mente la Prospettiva, e la Geometria, senza cui
la Pittura non può sussistere.
Ma perciocché non basta ancora per formare
un Pittore d'averlo instruico di queste due parti,
che si possono acquistare facilmente per lo stu-
dio, e ch'egli ha bisogno oltre a ciò di tre, o
quattro altre qualitadi più rare, che non gli po-
trebbero venire, che da un favore singularc del-
la natura: questo fa, che in questa professione.
fra un gran numero d* artefici, vi sì rincontrano
tuttodì molto pochi de' veraci Pittori : talché si
può dire di loro, come de' poeti , eh' e' bisogna
nascer pittore: perchè in effetto il lor genio è sì
somigliante; ch'egli è passato in comun prover-
bio, che la Pittura è una poesia mutola, e la
Poesia una pittura parlante . La ragione se ne
conoscerà manifestamente nell' esposizione se-
guente de' diversi talenti di spirito, che devono
tutti necessariamente concorrere alla formazio-
ne d'un perfetto Pletore.
Que' famosi Antichi, che portarono la Pittura
al più alto punto di sua perfezione, e che la re-
sero sì ammirabile, osservavano esattamente nel-
le loro opere cinque parti, che sono propriamen-
te suoi principi fondamentali ; perciocché senz'es-
si ella non è, che un'Arte chimerica, e un sem-
plice imbratto di colori . Ma avanti di darne l'in-
strnzione, io voglio dar l'onore di questa ricerca
a Francesco Giunio Olandese , che da venticin-
que anni in qua messe alia luce un bel trattato
della Pittura degli antichi, ove tutta l'istoria di
quest'Arte, dalla sua nascita fino all'ultima sua
perfezione è eccellentemente descritta; e se non
che questo libro è in latino, e per conseguente
fuor dell'uso ordinario de' Pittori d'oggidì, mi
sarei contentato di rinviarli a questo autore: ec-
co adunque come ei ne parla al cominciamento
del terzo libro.
Gli Antichi , dice egli , osservavano esattamen-
te nelle lor Tavole queste cinque parti; l'Inven-
zione, ovvero l'Istoria; la Proporzione, o la Si-
metria; il Colore, il quale comprende altresì la
giusta dispensazione de* chiari, e degli scuri; i
Movimenti, ove sono espresse le Azioni, e le Pas-
sioni; e filialmente la Collocazione , ovvero Posi-
tura regolare delle figure in tutta l'opera.
Ma, come questo è detto in termini sì gene-
rali, ch'e'sarìa quasi impossibile agli artefici di
cavarne frutto, e l' instruzion necessaria per lor
pratica; io ne spiegherò qui per ordine, e ben
ampiamente ciascheduna parte, affine di render-
la intelligibile per ragioni, e per esempli.
Dell'Invenzione, Prima Parte.
L'invenzione, o il genio di storiare, e di con-
cepire una bella idea sovr'il suggetto, che si vuol
dipignere, è un talento natuiale, che non s'acqui-
sta ne per lo studio, ne per la fatica; questo è
propriamente il fuoco d'ingegno, il quale ec-
cita l'imaginazione, e la fa operare. Ora come
questa parte dell'invenzione tiene naturalmente
il primo luogo nell'ordine delle cose (poiché sa-
rìa cosa inutile, e ridicola a un Pittore, prepa-
rarci suoi colori, e i suoi pennelli, se non aves-
se per lo innanzi ben risoluto ciò ch'e' vuole rap-
presentare) così mostra ella più che alcuna altra
la qualità dell'ingegno; s'egli è fecondo, giudi-
cioso, e elevato; o al contrario, s'egli è scerile,
confuso, e basso.
Della Proporzione. Seconda Parte.
Per quello, che concerne la Proporzione , cioè
« dire la simetria, e corrispondenza del tutto
9
colle sue parti, è una cosa facile, e secondo la
portata di tutti gl'intelletti; il che fa, che l'i-
gnoranza è inescusabile , perciocché 1' uomo può
impararla senza fatica, e ancora per uno studio
interamente meccanico; ma il solo mezzo di per-
venire a sua perfezione, e d'averne una cogni-
zione ben chiarita, è d'andare per lo cammino
della Geometria, che è la sorgente, e la guida
di tutte l'Arti. Ora tra' Pittori , e gli Scultori
dell' antichità , che sono stati eccellenti in questa
parte, Plinio, Quintiliano, e alcuni altri hanno
notati singularmente Parrasio, Prassitele, Zeusi,
Lisippo, Policleto, Eufranore , e il celebre Ascle-
piodoro , a cui Apelle il più considerabile di tut-
ti , cede\^a nientedimeno nella giustezza delle
proporzioni.
Del Colore, Terza Pane,
Per questa terza Parte , che è il Colore , non
si deve solamente intendere il Colorito, percioc-
ché questo talento , benché molto considerabile
in un Pittore , cede nulladimeno alla scienza de'
chiari, e degli scuri, la quale è in qualche ma-
niera un ramo della Prospettiva , ove il centro
del corpo luminoso rappresenta l'occhio; e la
sezione, che si fa de' suoi raggi sul piano, o so-
vra ogni altra superficie, esprime precisamente
il vero contorno, e la forma medesima del corpo
illuminato. E chiunque sapra fare suo profitto di
questa osservazione, potrà trovare diversi mezzi
comodissimi per la pratica di queste prospettive
capricciose, che si veggono alcuna volta sopra
to
superficie irregolari , le quali sembrano sì irre-
golari, e sì difficili a coloro, che non ne hanno
il segreto, né l'intelligenza.
De' Movimenti y ovvero dell* Espressione.
Quarta Pane.
Ma come le tre prime Parti sono necessarissi-
me a tutti i Pittori, questa quarta, che riguarda
Tespressione de' movimenti dell'animo, è eccel-
lente sopra tutte l'altre, e affatto ammirabile:
poiché ella non dà solamente la vita alle figure
per la rappresentazione di loro gesti , e di loro
passioni, ma e' pare ancora, ch'elle parlino, e
ch'elle discorrano. E da questo principalmente
si dee giudicare ciò che vale un Pittore, poiché
egli é certo, eh' e' si dipigne lui medesimo nelle
sue Tavole, che sono altrettanti specchi del tem-
peramento del suo umore, e del suo genio.
Non vi ha persona, che non osservi facilmen-
te in facendo comparazione delle composizioni,
e delle figure di Raftaello a quelle di Michela-
gnolo, che quel primo era la dolcezza, e la gra-
zia medesima, dove che tutto al contrario Mi-
chelagnolo era sì rustico, e sì malgrazioso, che
non aveva alcun riguardo all'onestà. Ciò che si
vede manifestamente nella sua grand' Opera del-
la Cappella del Vaticano, ove, volendo rappre-
sentare il Giudizio universale della fin del Mon-
do sull* Altare medesimo di quel Santuario , ha in-
trodotte più figure in attitudini estremamente in-
decenti; dove eh' e' pare, che Raffaello abbia ap-
portato delia modestia ne' suggetcii più licenziosi.
I!
Da questo noi possiamo cognetturare, quanto
sìa importante, che questa parte dell'Espressio-
ne, che è la più eccellente della Pittura, sia ac-
compagnata da un giudizio, e da una circospezio-
ne particulare; poiché da lei è, che l'uomo co-
nosce della qualità dell' animo del Pittore , il qua-
le ben lungi da acquistarsi dell'onore per sue
opere, allorché egli offenderà le regole dell'one-
stà, sarà senza dubbio biasimato, e meno stima-
to da ciascuno; poiché similmente i più liberi
tra le persone di condizione s'astengono di prof-
ferire parole sporche , questa sfacciataggine ( ben-
ché di passaggio, e meno perniciosa di quelle,
che feriscono gli occhi lungo tempo) non essen-
do praticata che per la più vile canaglia del po-
polaccio . Ora il Pittore, che fa professione d'
un'arte sì nobile, é sommamente obbligato di
guardar la modestia in tutte sue opere; e di non
maneggiar giammai , che suggetti degni d' esser
veduti da occhi casti . Perchè, come e' si sforza,
quanto può, di fare, che le sue Tavole sieno ri-
cercate , e considerate da tutto il Mondo , cosi
accade assai ordinariamente, che quelle, nelle
quali si é data troppa licenza , venendo a cadere
in mani scrupolose, si tolgano dalla vista degli
uomini, e così egli è defraudato della sua pre-
tensione.
Non é per questo eh' e' bisogni avere la delica-
tezza di certi pinzocheri ,che non potrebbero ve-
dere alcuna sorta di nudità, e che per una scioc-
chezza insopportabile, senza aver riguardo all'
eccellenza d'un' Opera, né all'Istoria, che vi si
rappresenta , fiinno ricoprire, e abbigliare per
12
mano d'imbrattatori le figure nude, che si tro-
vano alcuna volta nelle Tavole di riputazione, e
per questa impertinenza, distruggono la lor Ta-
vola , e rendon l'iscuria nello stesso tempo ridicola.
Ecco il primo scoglio, onde il Pittore deesi
prender guardia in questa quarta Parte, che con-
cerne l'Espressione ; e benché a prima vista l'os-
servazione paiane intempestiva, stantechè d'or-
dinario in tali suggetti i Pittori rincontrano me-
glio da dare spinto, e azione alle loro figure;
nulladimeno, quando si sarà fatta riflessione sul-
la bassezza di questo talento per così dire , li-
bertino, e che si sarà ben considerato, che egli
è infinitamente più facile di riuscire in queste
rappresentazioni matte, e capricciose, che ne'
suggetti severi , e eroici , nello stesso modo, eh' e-
gli è più facile di fir ridere, che di dare della
maraviglia; io non dubito punto, che uno non
dispregi tutte queste rappresentazioni stravagan-
ti , che non si veggono altresì mai , che nelle case
di non so quali sciocche genti, che si pascono
di queste scimunitaggini.
Talmentechè un Pittore, che si vorrà segna-
lare nella sua professione, deve studiare in altre
migliori idee, e tener per massima indubitatissi-
ma, che niente può esser bello, s'egli non ò o-
iiesto. E questo sia solamente detto come anti-
cipatamente, e in passando, fino a che nell'ap-
plicazione, che io farò trappoco di ciascuna co-
sa , io particolareggi davvantaggio , e esamini
per lo minuto tutto ciò, che potrà servire alla
pratica di questo avviso.
Della Positura regolare delle Figure.
Quinta Pane.
Ma fermiamo innanzi la nostra quinta Parte,
toccante l' Allogamento, o la Positura regolare
delle Figure nella Tavola, poiché ella è la base di
tutto l'edifizio della Pittura, e per così dire il
vincolo , e 1' unione delle quattro prime , che senza
questa non hanno rè forma, né sussistenza. Per-
ché, come non é a bastanza a un Architetto d'a-
ver fcitto un grande ammassamento di tutte sorte
di materiali , né d'aver data la forma particulare
a ciascun membro di suo bastimento, se e' non
sa oltreacciò collocargli tutti a'ior propri luo-
ghi; né a uno Scultore d'avere intagliate pezzo
per pezzo tutte le parti d'un corpo umano, con
una giusta proporzione , s'è' non sa ancora in con-
seguenza metterle insieme , posando ciascuna pre-
cisamente in suo luogo, e in sua situazion na-
turale ; di tal maniera che non solamente non va-
da ad attaccare un braccio in luogo d'una gamba,
né mettere un pie nel luogo d'una mano, ma che
e* non prenda similmente una mano per l'altra,
né la gamba manca scambi per la diritta; per-
ciocché altrimenti farebbe un mostro, e non un
uomo; medesimamente un Pittore avrebbe fati-
cato invano, e perduto suo tempo, se dopo aver
satisfatto alle quattro prime Parti, non satisfaces-
se a quest'ultima, ove consiste tutta la buona
consonanza dell'arte, e '1 magistero della pittura:
perciocché non serve a nulla l'aver inventato, e
composto un suggetto, ed averne studiata la bel-
lezza, e la giusta proporzione di ciascuna figura
ricercata, l'essere eccellente coloritore, il saper
«4 ,
dare l'ombre, e i lumi a tutti i corpi con loro
tince, e loro colori naturali, ed il possedere an-
cora con tutto questo, il divino talento dell'e-
spressione de' moti dell'animo, e delle passioni,
(che è come l'anima della t^ittura) se dopo tutte
queste nobili parti, l'uomo si trova in fine spro-
visto d'intelligenza nel fatto della Positura rego-
lare delle Figure nel Quadro, o nella Tavola.
Bisogna adunque concludere, che sé le altre
Parti, o tutte insieme, o presa ciascuna di per sé
sono utili, e avvantaggiose a un Pittore, questa
qui gli è assolutamente necessaria. Perchè, ben-
ché una Tavola non abbia intieramente satisfatto
ad alcuna delle quattro prime Parti ; o che mede-
simamente sia debole, e in qualche maniera difet-
tosa in tutte insieme; nientedimeno se quest'ulti-
ma , di cui noi trattiamo, vi si trova in sua per-
fezione, l'opera sarà sempre stimabile, e degna
d'un Pittore; perciocché l'ordine é la sorgente,
e il vero principio delle Scienze : e per il riguardo
delle Arti, egli ha questo di particolare, e di me-
raviglioso, ch'egli è il Padre della bellez,za, e che
dk medesimamente della grazia a cose le più me-
diocri, e le rende considerabili.
Vegghiamo dunque, in che consiste questa Parte
sì imporrante, e per maniera di dire, così totale,
che finisce non solamente di formare un Pittore,
ma che comprende tutto ciò, che la Pittura ha dì
scientifico, e che la cava dal numero dell'Arti
meccaniche, per darle luogo tra le Scienze.
I Geometri , che sono i veri maestri di questa
questione, per esprimerne l'intelligenza, si ser-
vono del nome d'Optica, volendo dire per que-
sto termine, che e l'arte di vedere le cose perii
ragione , e cogli occhi dell' intendimento ; percioc-
ché uno sarebbe bene impertinente ad imagi-
narsijChe gli occhi del corpo fussero da lor me-
desimi capevoli d'una sì sublime operazione,
qual è di potere essere giudici della bellezza, e
dell' eccellenza d' una Tavola ; donde ne seguireb-
be una infinità d'assurdi. E come il Pittore fa
professione d'imitare le cose secondo eh' e' le ve-
de , egli è certo, che s'è' le vede male, le rap-
presenterà conformi alla sua cattiva imaginazio-
ne, e farà una malvagia pittura ; talché avanti di
prendere lo scile, e i pennelli, bisogna, che ag-
giusti l'occhio suo col discorso per li principj
dell'Arte, che insegna a vedere le cose non so-
lamente così come sono in lor medesime, ma
ancora secondo che elle devono essere figurate.
Poiché sarebbe ben sovente una lorda mancanza
dipignerle precisamente come l'occhio le vede,
benché ciò sembri un paradosso.
Ora quest'Arte sì necessaria, che i Savi hanno
nominata Ottica, e che i Pittori, e tutti i Dise-
gnatori appellano comunemente la Prospettiva,
dona mezzi infallibili di rappresentare precisa-
mente sur una superficie (tale qual è la tela d'un
Quadro, una parete, un foglio di carta, o altra
tal cosa ) tutto ciò , che l' occhio vede , e può com-
prendere con una sola occhiata , mentre eh' e' di-
mora fermo in uno stesso luogo.
Non voglio arrestarmi qui a trattare de' suoi
principj, né de' diversi metodi, che i Pratici
hanno inventato per metter in opera; essendo
questo fuori del mio proposito , e cosa di troppo
tó
lunga digressione. Ma presuppoHcndo, che il
lettore ne> abbia una cognizione ragionevole, io
gli mostrerò per esempli, e per l'esame critico
di diversi pezzi d'opere tli Rafflicllo, che veg-
gonsi in istatnpa (il più celebre de' Pittori mo-
derni, e '1 pili esatto nelle sue opere) di quale
importanza si è questa Prospettiva, o Collocazio-
ne regolare di Figure in una Tavola ; giacche da
lei è, che uomo decida precisamente, e con di-
mostrazione ciò che sta bene, e ciò che sta male.
Né si deve punto imputarmi a presunzione, se
nella rivista che io farò di queste Stampe, io non
rispiarmo Raffaello medesimo nelle cose, ove io
troverò un poco da dire; non si trattando qui di
nuocergli, ne d'adularlo; oltreché senza dubbio
una parte de' difetti, che io potrò rincontrare in
queste Stampe verranno sovente dagli spropositi
degF Intagliatori , che avranno male imitati, e
alteraci i Disegni originali. Perchè in effetto ho
bene osservato, che le srampe d'Andrea Mante-
gna , e d'Alberto Duro, che sono intagliate della
propria mano degli Autori, appariscono più rego-
lari, e più giuste, che quelle di Raffaello, che
non lìanno avuto il medesimo vantaggio. E se la
maniera di disegnare di que'duc gran Pittori, fos-
se stata così graziosa, e cosi nobile, come ella è
esatta, le loro Stampe non avriano pari ; eccet-
tuando però quelle, che Marcantonio ha inessc in
opera sotto la direzione di Raffaello, che si pre-
se una cura straordinaria, di fargli non solamen-
te disegni finiti, e assai fermati, ma ancora d'in-
struirlo nella maniera di suo intaglio. E sarebbe
forte da desiderare per li curiosi, che tutto ciò,
che si vede intagliato dell' opere di Raffaello,
fusse di Marcantonio; o almeno que' grandi com-
ponimenti, ch'egli ha dipinti nelle Sale del Va-
ticano, al Campidoglio, e in diversi altri luoghi
di Roma, come la battaglia di Costantino centra
Massenzio, la Scuola d'Atene, 1' Assemblea de*
Padri, e de' Dottori della Chiesa circa '1 Santo Sa-
gramento, e molti altri simili, a' quali i malvagi
Intagliatori hanno ben tolto di lor perfezione ori-
ginale.
Ora per intavolare la nostra critica da un buo-
no augurio, stimo eh' e' sia a proposito, per la
gloria di Raffaello, e per nostra propria satisfa-
2Ìone, di cominciare per li buoni esempli, e di
darci come un antisaggio di quattro, o cinque
delle migliori cose di Marcantonio, affine che
vedendo in conseguenza quelle degli altri, noi
conoschiamo meglio, qual disgrazia è d'un Pit-
tore il cascar tra le mani d'un cattivo Intaglia-
tore, e qual perdita a noi è stata, che tante ec-
cellenti opere del medesimo genio siansi così
notabilmente disfigurate sorto tali bulini.
Prima Stampa .
Del Giudizio di Paride.
La prima Carta, che portò II nome di Raffael-
lo fuori d'Italia, e che fece conoscere a tutti i
Pittori del suo secolo, che egli era loro cima*
fu la nobile , e famosa Stampa del Giudizio di
Paride, ove Raffaello fece un sì felice tentativo
per lui , e per lo suo allievo Marcantonio, che
dipoi egli continuò di mantenerlo in questo me-
desimo impiego, e a quest'effetto gli disegnò a
posta più altre belle cose , che noi non avremmo
forse vedute senza questa occasione, perciocch'e-
gli non le ha giammai dipinte.
Esaminiamo ora nelle figure di questa Stampa,
se il Pittore ha sufficientemente satisfatto alle
nostre cinque parti fondamentali; e affine di pro-
cedere con ordine nella nostra ricerca , comin-
ciamo dalla prima parte, che è l'Invenzione.
Ma in quanto ch'egli è assolutamente necessario
per poterne f.irc una discussione ragionevole, il
sapere le circostanze di questa istoria poetica,
eccola in poche parole.
Paride figliuolo del Re Priamo, essendo stato
abbandonato sul monte Ida incontanente appres-
so la sua natività alle bestie selvaggie (a causa
d'un sogno funesto, che sua madre Ecuba fece
di lui durante sua gravidanza) fu raccolto da uno
de' Pastori della contrada, che l'allevò come suo
figliuolo. Questo giovane Principe incognito al
suo balio, e a se medesimo, per una segreta vir-
tù di suo real sangue, si rese da' suoi primi anni
così perfetto, che e* sorpassava tutti gli altri di
sua età, in forza, in bellezza, in agilità, e in
tutto ciò ch'egli vi avea di ragguardevole fra
loro. Ma i Poeti, che sono in qualche maniera
le camerate de' Pittori, vi hanno in conseguenza
mischiate più fantasie capricciose ; e dicono, che
.in quel tempo tutti gli Iddii essendo stati convi-
tati alle nozze di Peleo con Teti, fuorché la sola
Dea Discordia ; questa maliziosa per vendicarsi
del dispregio, che s'era fatto di lei, gettò segre-
tamente nella folla dell'assemblea un pomo d'o-
ro sul quale era scritto. Sia dato alla piìi bella.
Mercurio il più imbroglione di tutti gl'Iddìi, es-
sendosene avvisto, lo raccolse , e leggendo adat-
ta voce l'astuzia di questo pernizioso presente,
accese tanto di gelosia tra le Dee , che si piccava-
no d'esser belle, che Giove medesimo non volle
esserne il giudice, per paura d' offendere la sua
donna Giunone , s'è' pronunziava in favore d'un' '^'
altra; o di parere sospetto, e interessato, s'egli
l'avesse preferita. Le sole rivali di Giunone fu-
rono la fiera Minerva^ e la piacevole Venus.
Talché questa quisrione essendo rimessa di co-
mune consentimento al giudizio del Real Pastore
Paris (che era egli medesimo in quel tempo un
perfetto modello di bellezza) Mercurio gli fu in-
contanente spedito da parte di Giove con questo
pomo, che dovea dare a colei delle tre, che egli
giudicherìa essere la più bella.
Ecco ciò, che Raffaello s'è proposto di rap-
presentare in questo Disegno, ove per una con-
siderazion generale, e quasi sempre necessaria,
egli ha collocate le principali figure del suggetto
nel mezzo di sua disposizione, e le ha fatte vede-
re in una grande varietà d' aspetti , e d'espressio-
ni: perchè Minerva tutta ripiena di sdegno di non
aver avuta la stima, che ella pretendeva, volta
le spalle al giudice, con atti, e modi d'estremo
disprezzo. Venere in favor di cui la sentenza fu
pronunziata, e nel mezzo delle sue due rivali, ri-
cevendo il gaggio di sua vittoria con una mode-
stia accompagnata da tutta la grazia, che si può
imaginare. Il Pittore ha voluto farcela vedere per
lo profilo , che è la banda più avvantaggiosa per
20
mostrar la forma, e la regolarità delle parti d'un
bel viso. Giunone la più orgogliosa delle preten-
denti, ferita dal dispetto di non essere stata pre-
ferita apparisce portarsi a terribili minacce con-
tro Paride, che con tutto ciò non dimostra d'es-
serne smosso; e dimorando sopra il suo seggio,
assiso, come si deve alla qualità di giudice, eh'
egli ivi tiene, dà la sua sentenza col pomo fatale,
che cagionò poscia tanti disordini nella Grecia,
e in fine la mina intiera della deplorabile città
di Troja, luogo della nascita di Paride. Questa
ultima Dea apparisce di fronte, come più ardita,
che l'altre due ; e Kalfiiello le ha disegnate a posta
tutte e tre in aspetti differenti, per dare altrettan-
to che fosse possibile di contrasto alle sue figure.
Io noto similmente ancora in quella del Pastor
Paride qualche varietà di profilo da quello di Ve-
nere; perchè se questa bella ci discopre nel suo
profilo una parte di suo seno, Paride al contra-
rio si mostra dalla banda delle spalle; tanto il no-
stro Pittoie è esatto a fare, che ciascuna parte
della sua Tavola sia' diversificata.
Oltre queste quattro figure principali, ove tut-
ta l'istoria era sufficientemente espressa, egli ha
ancora introdotto Mercurio in un certo andamen-
to, che dà visibilmente a intendere, che avendo
terminata la sua commissione, è pronto a ritor-
nare a dire a Giove, quale n'è stato l'evento, e
chi è l'avventurata , la quale era stata coronata
dalla vittoria .
Dopo questo, il resto di questa composizione
non è più che un'accompagnatura poetica del
genio del Pittore per arricchire la bella ordinan-
21
za della sua Tavola ; perchè tutte quelle Ninfe
colle loro urne , e le due figure d'uomini ignudi,
e sedenti, con canne in mano, senza dimostrare
alcuna attenzione a ciò chQ passa ; non vogliono
dire altra cosa, se non che il monte Ida è ab-
bondantissimo in fiumi, e in fontane ; e per quel
che appare , colui che s'appoggia sur un ... è il
fiume Xanto, che bagnava le mura di Troja, e
il suo vicino è il fiume Simoente, i quali hanno
tutti due, loro sorgenti nel medesimo monte, e
innaffiando per diversi giri la campagna della
Troade, vanno in fine a congiugnersi all'imboc-
catura del mare Ellespontico, presso il promon-
torio di Sigeo. Ora, siccome non vi ha in questa
grande composizione alcuna parte, che il Pittore
non abbia trattata con giudizio, così per far co-
noscere, che il monte Ida era altissimo, e ferti-
lissimo non ne ha fatto vedere, se non una parte,
la quale montando sempre successivamente verso
l'uno degli angoli della sua Tavola, e trovan-
dosi di già parallela, e medesimamente più ele-
vata d'alcune nuvole, fa giudicare subito, che
l'altezza sia prodigiosa. La quantità d' arbori, e
d'animali, de' quali egli è coverto, mostrano al-
tresì la sua fertilità. Ma di tutta questa rappre-
sentazione la cosa più difficile a dicifrare è quel-
lo, che passa fra gl'lddii nelle nuvole: perchè
da una banda. Giove venendo su la sua aquila,
con un fulmine in mano, portato per un vento,
e accompagnato da Diana con due altre Dee; e
Apollo dall'altra banda fratello di Diana, armato
del suo Zodiaco, e guidato da due giovani Ca-
valieri (che sono verisimilmente Castore, e Poi-
Ì>2
Juce, i fratelli d* Elena) correndo con assai fie-
rezza al riscontro di Giove, sembrano essere là,
come una specie di pronostico della catastrofe ,
che ebbe questa gelosa questione, onde s'accese
ben tosto un sì terribile incendio contro il disgra-
ziato Giudice, che e'mise sua casa, sua stirpe,
e sua Città in cenere, e fece medesimamente tra
gli Iddii un tal disordine, che ciascuno, pren-
dendo partito secondo sua passione, se ne for-
mò una lega in Cielo, la quale durò dieci anni .
Quel che resta di questa fa vola, non avendo più
parte nella nostra Tavola, è inutile, che io mi
trattenga a raccontarla in questo luogo : e forse an-
cora , che parrà. , che io sia stato di già un po' lun-
go ; ma io l'ho fatto a disegno, che dopo che si
saranno considerate nella Stampa tutte queste os-
servazioni, e che non vi è niente in questa ricca
composizione, che non sia molto essenziale al
suggetto ; l'idea del Pittore, e la gentilezza del
suo spirito ne apparisca di vantaggio, perchè ve-
dendo , che in sì poco spazio, e senza molte figu-
re, ci ha mostrato tutto in una volta una seguenza
di tante cose diverse, si ammirerà la forza del
genio d'Invenzione , che è il talento, di cui trat-
tiamo, e la prima Parte di questo esame.
La seconda, che concerne la proporzione del-
le figure, non dimanda qui una lunga discussione;
ella è troppo visibile a quelli, che avranno occhi
di Pittore. Si può solamente osservarvi in pas-
sando una differenza, che Raffaello ha data molto
giudiziosamente a ciascuna di sue figure, confor-
me a lor qualità particularc; perchè le tre Dee,
come le più nobili, e le principali della Tavola,
. ^3
sono d'una statura più bella, e meglio formata,
che l'altre. 11 Pastor Paride con Mercurio, e A-
pollo mostrano una proporzione più gaja , che
gl'Italiani chiamano svelta ; i due Fiumi sono più
robusti, e più pesanti, e le Ninfe delle fontane
sono un po' grassette, perciocch' elle rappresen-
tano la fertilità .
La terza Parte che tocca la projezione , ovve-
ro dispensazione dell'ombre, e de' lumi sopra
gli oggetti, non ha bisogno più della precedente,
d'essere esaminata per minuto, apparendovi tut-
to generalmente secondo le regole. Basterà dun-
que di prender guardia a una licenza ordinaria
a' Pittori in tali suggetti come questo, ove Apollo
(che è il Sole, e per conseguente il centro, e
la sorgente del lume universale) avendo ad ap-
parire altresì sotto forma umana, come una fi-
gura particulare dell'istoria, che si rappresenta,
non solamente non illumina l'altre figure, ma ha
bisogno lui medesimo d'essere illuminato, e om-
breggiato, secondo il punto della luce, che il
Pittore dà alla sua Tavola .
Per la quarta Parte, che è l'Espressione, ta-
lento ammirabile, e principale della Pittura, che
mostra non solo in ciascuna figura ciò, ch'ella
fa, e ciò ch'ella dice, ma ancora ciò ch'ella
pensa, che è una cosa presso che incredibile, io
la passerò altresì senza farne molti discorsi, per-
ciocché io l'ho già bastevolmente esaminata nel-
la narrazione di questa istoria, in parlando dell*
invenzione , e dell' intenzione del Pittore , ove io
ho notato ne' modi, e nel portamento delle tre
Dee tre passioni differenti giudiciosamente espres-
24
se. Il disprezzo nella prima, che è Minerva, la
quale volgendo il dosso al suo giudice gli getta
uno sguardo sulla spalla, alzando il braccio d' u-
na maniera forte dispettosa. Nella seconda Dea
(che è Venere ricevente il glorioso pregio della
vittoria) ho osservata una gioja segreta, e mo-
desta , accompagnata da tutte le grazie , delle
quali la bellezza è capace- Qiiant' a Giunone ella
è affatto riconoscibile secondo che i Poeti ce la
dipingono , per collerica , vendicativa , arrogante ;
perch'clla minaccia fieramente il suo giudice in
una foggia estremamente ardita. Si vede in con-
seguenza Mercurio in una positura di passo , che
mostra bene, ch'egli è diligente ne' suoi messag-
gi, stante che nel medesimo tempo parla, e cam-
mina, con una furberìa, e con una cera, che fan
ben conoscere, ch'egli era lesto, e proprio a' me-
stieri, ove egli era impiegato. Il Pastor Paride,
che tiene qui in qualche maniera il pi imo posto,
benché in mezzo a Deitadi, è in un contegno
molto posato, come e' conviene a un giudice.
Il suo cane medesimo, che è accosto a lui, non
è ne addormentato , ne importuno ad abbajare;
e sembra di prestare altresì dalla parte sua qual-
che attenzione a questo giudizio. Tutte l'altre
figure de'fiumi, e delle fontane pajono assai in-
dillerenti a ciò che si fa, come io ho già notato.
Contuttociò io aveva stimato a prima vista,
che la Ninfa assisa presso de' due fiumi, e che
pare sì melancolica e, sì pensosa , potesse essere
Enone la Dama di Paride, alla quale questo af-
fare dovea dare della gelosia; ma la sua capella-
tura d'erbe, e sua urna, non quadrano punto a.
25
questa pensata. Nelle nuvole Apollo co* suoi due
anticonieri , pieni d'ardore, e di precipitazione,
sono ivi come gli agui acori della guerra, che
inondò poco tempo appresso la Grecia per lo fu-
rioso risentimento, eh' ebbero le Dee irritate con-
tro al lor giudice, e per la vendetta spaventevo-
le, che esse esercitarono sopra tutta la sua stirpe.
Il che mostra bene, ch'egli è sempre pericoloso
mescolarsi negli affari, e nelle contese tra'grandi.
Que' che sanno i principi dell'Astrologia giudi-
ciaria conosceranno ancora nella posizione de*
Segni attorno del Zodiaco, come il Pittore non è
stato solamente esatto a metterli ben di seguito
ciascuno secondo il suo ordine, ma ch'egli era
medesimamente intelligente in ciò, che concerne
la figurazione degli Oroscopi ; perchè volendo
rappresentare i gran disastri che doveano nasce-
re da questa fatale contesa, ha voltato verso il
luogo, ove ella si tratta, il segno d'Ariete, che
è la casa di Marte, nella quale nascono i tuoni, e
tutti i disordini. Il segno seguente è il Toro, casa
di Venere , la quale è quivi con vantaggio . I Ge-
melli, che vengono appresso, tengono ancora lo
stesso partito, e sono dell'istoria; questo segno
rappresentando i due giovani Cavalieri anticor-
rieri d'Apollo. Da queste particularità così ricer-
cate puossi inferire , quanto il resto di questa
composizione sia giudicioso, e studiato.
Non vi è altro da considerare nella nostra Stam-
pa, che la figura di Giove, che viene sopra Eolo,
con un apparato straordinario, accompagnato da
tre , o quattro Divinità, il fulmine alla mano, e
sua aquila presso di lui, fiera, e irritata, come.
26 ^
prendente ancor* essa interesse a questo intrigo.
Tutto questo ci da ancora un presagio di qual-
che tempesta .
Terminiamo finalmente d'esaminare con quale
intelligenza la nostra quinta, e principal parte,
toccante la posizione prospettiva delle figure sa-
rà stata osservata in questa ordinazione, e dispo-
sizione .
11 comun de'Pittori s'immagina, che la Pro-
spettiva non sia altro che una cosa particulare
per certe rappresentazioni d'Architettura, che
essi appellano medesimamente Prospettive, non
credendo, che ella sia niente da vedersi nell'i-
storie, che son tutte di figure tali , quali forse è
questa qui -, e in effetto ella vi apparisce molto
meno sensibilmente all'occhio di questi mezzi Pit-
tori, che non la discernono, che per una non so
qual pratica meccanica d'un concorso di linee
tendenti a un punto della veduta , che è il termine
d'ogni loro notizia. Ma i gran Maestri, che san-
no, eh' ella è la base generale di loro arte, la van-
no ricercando , e osservando fino alle minime par-
ti d' una Tavola ,• come io pretendo di mostrarlo in
quest'esempio, che è altrettanto più comodo per
mio disegno, che uno non vi vede di subito alcu-
na apparenza, che Raffaello abbia dovuto avere ia
questa composizione il minimo pensiero di Pro-
spettiva; tanto il suggetto pare libero, e disimpe-
gnato da ogni sorte di suggezione ; poiché non vi
ha né degradazione di piano, ne flibbriche , né
alcuna forma d'orizzonte, donde i semplici pra-
tici della Prospettiva lineale abbian modo di tira-
re una sola coniettura , sulla quale e' possano as-
settare la bussola di loro meccanica. Ma e' biso-
gna , eh' e* sappiano , che è un raffinamento questo
eccellente nella Pittura, di farvi le cose esattamen-
te regolari, e per l'appunto, e di nasconderne
l'artifizio.
Cominciamo dunque dal determinare il punto
della vista, poiché questo è come il centro, ove
ciascuna parte della Tavola ha sua relazione. E
perciocché noi non abbiamo in questo alcuna
guida lineale, che ci conduca, bisogna fare in ma-
niera, che la ragion ce lo mostri.
Il suggetto di cui si tratta in questa istoria,
essendo della Veduta, e Paride fra tutte l'altre
figure facendo principalmente questa funzione,
il Pittore non poteva collocare più giudiziosa-
mente il suo punto di veduta, che all'occhio di
Paride, ch'egli ha medesimamente per quest'ef-
fetto rappresentato in profilo, affine di mostrare
ancora per questo, eh' e' non ve ne deve avere
altro, che uno precisamente, come i Geometri
insegnano nell' Òttica, ove rappresentano la vi-
sione per una forma di piramide radiosa, alla
punta della quale è l'occhio.
Posto questo, e ben inteso, si osserva appresso
sufficientemente nell'ordinazione di questo com-
ponimento, che il piano, ove sono le tre Dee ri-
vali, porta la sua degradazione verso l'occhio di
Paride, e che tutto il resto della Tavola vi è vol-
to. Ora la Prospettiva essendo un'arte composta
di proporzioni reciproche, ne segue, che dair in-
telligenza d'una parte si può passare a quella d'un*
altra, e per questa relazione alterna venire in fine
alla conoscenza di tutte insieme i talché da que-
i8
sto primo punto di veduta, e dalla diininuzione
successiva delle tre prime figure, e agevole l'in-
ferire un altro punto essenziale, e necessarissimo
per la pratica del disegno, che si chiama comu-
nemente il Punto di Distanza, il quale deter-
mina lo spazio, che è tra la Tavola, e l'occhio
di colui, che la riguarda; quanto alla linea retta,
che è compresa tra il punto di distanza, e 'I pun-
to di veduta, ella rappresenta l'asse della Pira-
mide visuale , il qual deve sempre dimorare fisso,
e parallelo al livello del piano, e all'altezza dell'o-
rizzonte .Questo punto di distanza ha certi limici
regolari, fuor de' quali egli riesce male, perchè,
s'egli è troppo vicino, fa parere il piano così e-
levato...., e le- diminuzioni delle figure così su-
bite, che l'occhio ne resta tutto sorpreso; ma
pel contrario s'egli è allontanato più che non bi-
sogna, rende le cose confuse, e tioppo appiastra-
te; di sorte eh' e' deve esser messo a una distanza
moderata, che i Savi nell'Ottica hanno stabilita
nell'apertura dell'angolo del triangolo equilate-
ro. Per questa massima generale si scuopre subi-
to, ove è questo termine preciso della distanza,
che noi cerchiamo. Perchè io non m' arresterò
davvantaggio, stantechè il mostrar ciò per mi-
nuto è inutile aquei che sanno di già questa pra-
tica , e sarìa troppo difficile a concepire per gli al-
tri, che non ne hanno punto ancora udito parlare.
Presupponendo dunque, che queste prime o-
perazioni siano disposte secondo l'arte, non bi-
sogna se non considerare se le figure (tanto quelle
che posano alla maniera ordinaria sul terreno, che
quelle, che sono elevate in aria, e fra le nuvole)
2p
si trovino in un aspetto convenevole a lor situa-
zione, avuto riguardo al punto di veduta, e se
elle scemano proporzionatamente a misura ch'elle
seguono la degradazione del piano; perchè in que-
ste due parti solamente consiste tutta l'intenzio-
ne, e tutto l'effetto della Prospettiva nella Pittu-
ra. E benché elle sieno presentemente molto ne-
gligentate daque'della professione, nientedimeno,
la conseguenza ne è tale , che colui , che l' ignora ,
non è degno del nome di Pittore: e tutte le Tavo-
le, ove questa parte è difettosa, sono spregievo-
lissime, e ridicole agli occhi de' periti, che cre-
dono vedere tante chimere, quanti sono i corpi
rappresentaci fuori della possibilità naturale.
L'importanza di questa osservazione si cono-
scera meglio per gli esempli delle cattive opere,
che di quella di cui parliamo, nella quale tutto è
assai regolare, e conforme all'arte. Perchè se
noi esaminiamo il primo effetto della Prospettiva
nelle figure, che è di mostrarle più piccole o più
grandi , secondo eh' elle sono o più , o meno avan-
zate nel fondo del piano, egli è manifesto qui che
elle diminuiscono successivamente in tal manie-
ra, che dalla prima, che è Minerva , comparata
con Mercurio il più avanzato nella Tavola, vi è
una notabile differenza d'altezza; e da Venere a
Giunone ella vi si riconosce ancora sensibilmen-
te, benché in una diminuzione mezzana, e con-
venevole al poco di distanza, che si trova tra
r una, e l'altra. Sarà facile di continuare il mede-
simo esame nel resto delle figure ; perchè io flirò
meglio di passare all' ultima parte più importan-
te, che concerne il loro aspetto, e lor positura,
avuto risguardo al punto di reduta. E affine di
procedere con mecolo all'intelligenza di questa
ricerca, bisogna di subito far riflessione su questi
Assiomi della Prospettiva.
Assioma L
Il punto della veduta rappresenta l'occhio, che
vede la Tavola. E questo punto è la prima cosa
da cercarsi in una Tavola, per conoscere se l'o-
pera è di mano d'un savio Pittore , o d'un sem-
plice Pratico .
Assioma li.
Il punto di veduta è sempre precisamente ali*
altezza della linea dell' orizzonte .
Assioma III.
Tutto ciò, che è più alto della linea orizzonta-
le, si vede di sotto; e tutto ciò, che posa più
basso , si vede di sopra , e sembra montare verso
l'orizzonte.
Assioma IV.
Le figure d' eguale altezza , essendo sulla me-
desima linea parallela alla base della Tavola, so-
no sempre eguali .
Assioma V.
Le figure, che avanzano più o meno nella pro-
fondità del piano della Tavola, si diminuiscono
proporzionalmente alla degradazione del medesi-
mo piano. Per esempio, se il piano è degradato
in quadrati , le figure averanno tra loro una me-
3^ .
desima proporzione , che i quadrati degradati,
su' quali elle posano.
Assioma VI.
Le figure situate parallelamente alla base della
Tavola , si vedranno nel medesimo aspetto pro-
spettivo, che la forma de' quadrati del piano de-
gradato , su' quali elle avranno loro posizione.
Facciamo adesso l'applicazione di tutti questi
assiomi su ciascuna figura di nostra Stampa. Il
punto di veduta (cIiQ è la prima cosa da osserva-
re, perciocché e' serve di bussola a tutto '1 resto)
trovandosi precisamente all' occhio di Paride, le
figure, che sono in aria, come la Vittoria, che
viene a coronare Venere , Apollo nel suo Zodiaco,
Eolo , che serve di sostegrio , e di .... a Giove , e
a altre Divinità di suo seguito, sono tutte vedu-
te di sotto 'n su, secondo il terzo Assioma. Di-
scendendo appresso sul terreno, verso la parte
dritta, la più lontana dal punto di veduta, si ri-
scontra la figura del fiume Xanto, assisa, e mezza
coricata per la lunghezza d' una linea parallela al-
la base della Tavola; talché per lo nostro ultimo
Assioma^ questa figura dee apparire nello stesso
aspetto prospettivo, che farla la forma d'un qua-
drato degradato nel medesimo luogo. Perchè,
come ella riguarda verso il punto di veduta ,
donde ella è assai lontana, la parte dello stoma-
co (che seguendo la posizione di quel corpo, non
si vedrebbe, se e' si fosse trovato in diritto colla
linea perpendicolare del punto di veduta) si di-
scopre quasi altrettanto in questa distanza, che
se la figura fosse disegnata di fronte, dove che
3"
ella è disegnata interamente di profilo a riguardo
del piano; e Ja linea traversale delle spalle monta
altresì un poco verso l'orizzonte, secondo il ter-
zo Assioma. Si diia l'istessa cosa della Ninfa,
che è assisa presso di questo fiume, di cui la si-
tuazione d'aspetto, benché contraria, avuto ri-
sguardo alle facce, è nientedimeno sulla medesi-
ma linea parallela, e nella medesima positura sul
piano, poiché l'una. e l'altra è veduta di profilo.
Perchè presupponendo, che si faccia avanzare il
piano di lor posizione parallelamente verso il
punto di veduta , egli è certo , che a misura , ch'es-
se si avvicineranno, tutti i contorni di ciascuna
parte anderanno altresì succcssivamence diverbifi-
candosi , senza che per questo vi sia cangiato ni-
ente in loro attitudine; e venendo in fine in di-
ritto colla linea perpendicolare del punco di ve-
duta , queste fi Ture appariranno allora precisa-
mente in profilo; che è in effetto la loro vera, e
reale posizione nella Tavola.
Che se si vuole continuare ancora di passarle
di la del punto di veduta, più elle cammineranno
verso la man manca della Tavola, e più elle cain-
bieranno di forma apparente, e si troveranno in
fine in un aspetto sì contrario al lor primo, che
ia figura, che mostra qui la parte dello stomaco,
si vedrà Ik per le spalle; e così dell'altra figura.
L'intelligenza di questa dimostrazione pratica,
non sarà punto difficile a coloro, che hanno il
genio dell'arte, ne a' Geometri, che ne conosce-
ranno incontanente il mistero: ma ella è sì gene-
ralmente impoi tante a tutti i Pittori, che chiun-
que non la concepisce, può assicurarsi ch'e'tra-
33
vaglia come un cieco nella professione; e parci-
culaniience quelli, che accomoJano ne'lor dise-
gni figure prese in presto, e copiate dalle stampe
di diversi maestri, o medesimamente ancora loro
propri studi d'Accademie; devono sopra tutto
prender guardia a collocarle talmente nelle lor
Tavole, ch'elle vi si trovino precisamente ag^iu-
stac^^, secondo la ragone del punto di veduta,
sotto'! quale elle sono state primieramente dise-
gnate. Perchè e' bisogna tenere per un principio
di prospettiva, che qualunque figura che sia , es-
sendo una volta posata sur ui piano , ella non può
giammai esser veduta per l'appunto a quel modo in
qualunque altro luogo del piano , che uomo la possa
trasporcare, il punto di voluta >lim ):ando fisso.
Talm .ntechè ejjiè a.>solutamentc impossibile, do-
po aveie rubata qualche parte di lavoro d'un altro
Pittore , il collocai la coni' e' b^sogna in una novella
composizione, senza l'aiuto della prospettiva.
Potrei fa'e ancora somiglianti osservazioni sul
resto delle figure di nostra Stampa . Ma questo sa-
rebbe un importunamente ridire le medesime co-
se, e si batterebbe sempre nello stesso: pe'chè
sarà meglio sceglierne un'altra, nell'esame della
quale , e delle seguenti mi contenterò ormai di toc-
care, come in passando, ciò, che avrà più biso-
gno d'osservazione, rimettendo il resto alla dili-
genza particulare degli studiosi , che seguendo il
disegno, che io ho loro qui dinanzi fatto, ave-
ranno la curiosità di fare le medesime ricerche
su ciascuna delle nostre cinque parti fondamen-
tali della Pittura, conforme all'ordine, che io
l'ho messe in questo Trattato.
3
34
Seconda Stampa .
Della Strage de gV Innocenti.
La seconda Stampa , che Raffaello fece intaglia-
re a Marcantonio fu la Strage degl'innocenti.
Questa Istoria è troppo comune, peiciiè io mi
trattenga a raccontarla. Non ho ancora da esa-
minare la proporzione di ciascuna figura per la
minuta; basta di dire generalmente, che il Pittore
per una considerazione giudiziosissima, ha fatto
che le femmine vi appariscono tutte molto cari-
che di seno, come balie; e i carnefici al contra-
rio, d'una tatuila magra, e scarna, convenevole
a scherani, ch'egli ha similmente fatti tucci i-
gnudi , a fine di rendergli più spaventosi, e più
laidi a vedere; perchè questo Pittore ha sempre
guardata una gran modestia nelle sue opere; e se
questa sfacciataggine non avesse dovuto servire
all'espressione del suo sirigetto , gli avrebbe sen-
za dubbio coperti di qualche abbigliamenti solda-
teschi. Non trovo niente altresì nella terza parte
concernente l'ombre, e i lumi, che sia degna
d'una osservazione particulare, tutto apparendo-
vi in una regolarità assai ragionevole. Ma venen-
do all'esame della quarta parte, che è l'espres-
sione, io confesso, che io mi sarei promesso dav-
vantaggio di Rafiaello, in un suggetto cosiavvan-
taggioso; perchè, per vero dire, egli ha trattate
queste passioni violenti con poca forza ; donde
l'uomdce giudicare, che il suo spirito era dolce,
e intieramente contrario a tali rappresentazioni
tragiche, e furiose. Avrei voluto, che gli assas-
sini di questi poveri Innocentini avessero portato
35
fisonomie feroci, e stravaganti : che il terrore, la
furia, la rabbia, e la disperazione apparissero sul
visngfjio, e ne' gesti di loro disgraziate madri,
scapigliate, e scarnificate di colpi nella difesa
de'loi- fiiliuoli lattanti, contra que' carnefici di-
spietati. Che il suolo fusse coperto di braccia,
di gariìbe, di teste trinciate, di corpi mozzi, e
scannati. Che tutto all' intorno si vedesse un or-
ribile macello, con una confusione sDaventevole
di gemi inorridite; gli uni correnti, gli altri gri-
danti; femmine svenute, e transite allato a' loro
infanti morti, e macellati; altre m atto di fuggi-
re , e di tentare di salvargli , qua , e la . Finahrjen-
te chQ da tutte le bande non apparesse, che de-
solazione, che sangue, che strage. Ma l' idea di
nostro Pittore era più fredda ; e sarebbe senza
dubbio meglio riuscito in una composizione me-
no violenta, e più conforme al suo genio.
Giudichiamo adesso, con quale regolarità egli
s'è tenuto dentro a* termini della prospettiva,
che è l'ultima prova del nostro esame. Questa
discussione non sarà sì difficile in questo disegno,
come nel precedente, il piano essendo degradato
qui in tal maniera, che il punto di veduta, e tut-
to il resto, che ne depende, si presenta all'oc-
chio, senza eh' e' bisogni mettersi in pena di cer-
carlo per confetture, le quali non son giammai s;
per appunto.
Que' che avranno la curiosità d'osservare esat-
tamente le diminuzioni proporzionali di ciascuna
figura, secondo la degradazione del piano, ove
elle si trovano, così, come io ho insegnato qui
dinanzi al primo esempio, vedranno bene, che
3(5 ^
tutto vi è giusto. E per Io secondo effetto (che
è ancora il più considerabile, e come il principa-
le della prospettiva) toccante gli aspetti de' cor-
pi, avuto riguardo a lor situazione sul medesimo
piano , e al punto di veduta , non vi è niente , che
non sia forte regolare, perchè, benché questa fi-
gura di femmina, che si vede sul dinanzi della
Tavola , con un ginocchio a terra , tenente il suo
bambino sotto il braccio dritto, e difendendolo
coir altro da un soldato, che è in atto di scaricar-
gli un riverso di coltellaccio sulla testa ; e la fi-
gura del soldato medesimo sembrassero a prima
vista, e runa,e l'altra dover essere più tosto ve-
dute per la banda delle spalle, che per la banda
del petto ; nientedimeno quando si considera , che
la lincazione di loro posizione è direttamente vol-
ta verso la diagonale de'quadrati del piano, si
giudica altresì subito, che il loro aspetto deve es-
sere ben differente da quelle, di cui la situazio-
ne è parallela alla base della Tavola: oltreché nel
contrasto di queste due figure si vede, ch'elle fan-
no ancora una contorsione di corpi assai violen-
ta verso la parte, che esse ci discuoprono - Tutto
il restante di questa composizione non può fare
veruna difficultk; perchè io passo a una terza
Stampa, appresso aver detto in generale di que-
sta, che se senz'aver riguardo all'espressione delle
passioni, uno la consideri solamente per la giu-
stezza del disegno nelle figure, per la regolarità
nella prospettiva; per li be' contorni di ciascun
membro, per la diligenza, e per la delicatezza
dell'intaglio è un eccellente pezzo d'opera.
3?
Terza Stampa.
Delia Deposizione di Croce di Nostro Signore .
Eccone un'altra della medesima mano, ma che
è molto più stimabile pel merito del suggetto,
ch'ella rappresenta, e d'una più grande idea;
piena di rare considerazioni, e d'una espressione
ammirabile. Questa è un Deposto di Croce, a pie
della quale vedesi la Vergine passata dal dolore,
e svenuta tra le braccia delle Marie, mentre che
Giuseppe d'Arimatìa, e Nicodemo- dischiodano
nostro Signore , e travagliano con S. Giovanni
suo più caro discepolo, a scenderlo dalla Croce
per portarlo nel sepolcro, che gli aveano pre^
parato .
E' difficile che questa Storia sia rappresentata
con più devozione, più amore, più dolore, ne
con espressione più toccante, né meglio divisa-
ta; la devozione in Giuseppe d'Arimatìa, l'amo-
re in S. Giovanni , e il dolore nella Vergine colle
Marie; il paesaggio medesimo inspira della tri-
stezza per una sterilita apparente, e per l'asprez-
za della situazione . Ecco alcune considerazioni
generali; ma per non turbare l'ordine, che ho
fermato in questo Trattato , e osservato qui di-
nanzi nell'esame delle composizioni precedenti;
cominciamo dalla nostra prima parte , che è l'In-
venzione, cioè a dire l'ordine delle figure nel di-
segno, di cui l'una delle più considerabili massi-
me si è, di collocarle con questa diserezione, che
la principale figura del suggetto si trovi sempre
verso il mezzo della Tavola, o nel luogo il più
apparente, come l'ho di già notato nel Giudizio
38
di Paride . Questo nondimeno non essendo prati-
cato, che da' Pittori più giudiziosi, io lo ripeto
aiicoja una volta, affinchè all'esempio di Ralla-
elio uno apprenda ad essere esatto in ciascuna
delle nostre cinque parti fondamentali della Pit-
tura, poiché non vi ha altro cammino per arri-
vare alla perfezione di essa.
Ora avanti di parlare della situazione delle fi-
gure in questo disegno, è necessario di conside-
rare primieramente, che il quadro della Tavola è
d'una forma ben differente dalle due precedenti,
ove l'estensione del terreno eccedeva lo spazio
dell'altezza, dove che qui l'altezza domina la
larghezza, che è molto minore, convenevolmen-
te alla forma della croce, che è la figura princi-
pale, e come la regola di quesro quadro. 11 che
io osservo anticipatamente, affinchè in parlando
tantosto della situazione, o collocazione prospet-
tiva di ciascun corpo, si conosca meglio la dif-
ficultà particulare, che si incontra in tali suggctti
come questo, ove la più parte delle figu'e si tro-
vano in aria, e sospese sopra al piano, fuori del
terreno .
Posto questo, osserviamo con quale circospe-
zione il nostro Pittore ha collocato il suo Cristo
non solamente in mezzo della sua Tavola , ma an-
cora come egli l'ha volto verso la parte ritta,
donde prende suo lume, e lo fa discendere tra
le braccia del suo amato discepolo S. Giovanni,
che Io riceve, e con una compassione, e con un
amore, che si vede meglio, che e' si possa dire.
Ora questa composizione di Tavola ha questo
di singulare, ch'ella contiene come due diversi
39 .
ordini di figure quasi egualmente considerabili,
l'uno d' uomini, e l'altro di femmine , de' quali il
primo , eh' è rutto in aria , rappresenta coloro , che
travagliano a dischiodarlo, e a calare dalla croce
il corpo di nostro Signore , e questi son gli uo-
mini, come più forti, e più operanti, che mec-
ton mano a questa penosa impresa. Quant' all' al-
tro ordine, che è disposto alla maniera ordinaria
sul piano, questo è quattro femmine, tra le quali
la Vergine è unicamente considerabile; altresì
tiene ella il più degno posto a pie della croce ,
ove le Marie intorno a lei , le rendono in qualche
maniera i medesimi officj , che Giuseppe d' Ari-
matìa, e suoi compagni f^mno al suo figliuolo.
Queste osservazioni giudiciose si trovano sempre
neir opere de' Pittori della scuola di Raffaello,
ma perciocché elle sono in piccolissimo numero,
e che Raffaello ancora pare assai esserne stato il
maestro, giacché in ricercando, e studiando sue
composizioni sul paragone di quelle degli altri
Pittori; l'uomo vi osserva sempre qualche tratto
d'ingegno più trascendente, io ne toccherò qui
solamente uno per passaggio, che è di quella ma-
niera, che gl'Italiani appellano comunemente il
Costume .
Esplicazione del Costume»
E come questa parola non è un termine parti-
cularmente usato nella Pittura, ma è altresì co-
mune a' Poeti, e agli Storici, che dicono le me-
desime cose, che i Pittori sono soliti di rappre-
sentare ; io non devo imputare solamente a' Pie-
4°
tori di nostra nazione , tutto il rimproccio di non
avere ancora dato nome a questa eccellente parte
dell'Arte i donde pare, che si possa inferire, che
ella non è dunque conosciuta, né praticata fra
loro. Sarà sempre più a proposito, e più utile
d'esplicarne il mistero, e di fare concepire la for-
za, e la vera intelligenza di questo Costume , che
è a propriamente parlare, uno stile prudente,
una espressione giudiziosa, una convenenza par-
ticulare, e specifica a ciascuna figura del suggct-
to, che si tratta. Di sorte che questa parola bene
intesa comprende, e vuol dire tante cose essen-
ziali a nostro proposito, che non si può dare il
troppo neir esaminarla , e nello esplicarla ; perchè
io voglio ancora provarmi di farla intendere, e di
schiarirla più dimostrativamente per alcune mas-
sime generali , e per esempli , prima di farne l' ap-
plicazione al nostro disegno.
Che si tratti adunque di dipignere la storia d'A-
damo, e d'Eva nel Paradiso terrestre, allorché
alla sollicitazione del Serpente , mangiarono del
frutto vietato. Bisognerà ben guardarsi d' intro-
durvi altre figure umane, né di far vedere nel
paese alcuna sorta di fabbriche: il che sarebbe
una brutta mancanza contra '1 Costume , di cui
parliamo. Nientedimeno per grossolana ch'ella
paja, non é che non sia scappata al nostro gran
Pittore in una delle sue più curiose Stampe dell'in-
ta^io di Marcantonio: tanto egli è avvantaggio-
so, e medesimamente il più sovente necessa-
rio d'essere avvertito di schifare solJecitamente
queste assurdità.
Eccone un'altra meno perdonabile, che io ho
4'
notata in una Tavola del più gran maestro degli
Oltramontani, Albeuo Duro, ove avendo dipin-
ta la Natività di nostro Signore con tutta la de-
vozione, che s'era potuto immaginare in ciascu-
na tìguia, tanto della Vergine, che de* pastori,
che lo venivano ad adorare, fa altresì il buon
San Giuseppe pregar inginocchioni , e tenente
una coroncina in mano; che è veramente una
inezia affatto gottìca.Se ne trovano ancora alcu-
ne altre nelle sue Stampe, d' una idea più bassa,
e se è lecito il dirlo , più spropositate ; come è
quella d'avere attaccata una Scimmia ( il più ri-
dicolo, e forse il più libidinoso, e '1 più vizioso
animale della natura) allato alla Madonna, la
quale tiene il suo figliuolino nelle braccia, che è
a mio giudizio la più sciocca, e la più stravagan-
te visione, che possa nascere nella fantasia d'un
Pittore sopra questo suggetto: perciocché ella
non va solamente contr'al Costume, di cui noi
parliamo, ma ella ferisce direttamente il senso
comune.
Questi pochi esempli bastano per far conosce-
re 1' importanza di questa parte dell'Arte, senza
la quale un Pittore, per gran disegnatore, perito
nella prospettiva, e buon coloritore ch'e' possa
essere, e benché egli abbia tutto 'I resto della più
eccellente pratica, se con questo non è istrutto
di ciò, che concerne il Costume, darh soven-
te attacco a censurare le siie opere. E benché
le mancanze di questa spezie non siano visibi-
li, che agli occhi dell' intelletto, elle non ne
sono meno biasimevoli, e vergognose: pel con-
trario coniecchè elle sono principalmente cono-
sciuce, e suggette alla censura di persone giudi-
ziose, e di gente di lettere, non sarà possibile lo
scusarle; oltre che sono ancora d'una più nota-
bile conseguenza; nella stessa maniera che sarìa
più rinfacciabile a un Istorico d'avere inserita
nelle sue relazioni alcuna cosa falsa, o d'essersi
disviato in qualche ragionamento fuor di propo-
sito, e impertinente, che d'avere usato nel suo
discorso qualche termine, o qualche frase di par-
lare, che non fusse in uso.
Bisogna dunque, che un Pittore, che aspira a
qualche grado di gloria nella sua professione, sia
forte esatto a ciò, che risguarda il Costume , e che
ne faccia per così dire suo capitale, perciocch'e-
gli e generalmente comune a' nostri cinque prin-
cipi fondamentali, e che ne compone la con-
sonanza di tal maniera, che e' si deve conside-
rarlo come il tutto di queste cinque parti. Ma
e' bisogna ben guardarsi dal credere, che per sa-
tisfare all'intenzione del Costume, sia abbastan-
za lo schifare queste inezie , e queste brutte man-
canze, delle quali or ora ho osservato alcuni e-
sempli ; se oltr'a questo uno non apparisce inge-
gnoso, e dotto nell'espressione de'suggctti, che
si trattano. Perchè se un pittore avendo a rappre-
sentare qualche battaglia d'Amazoni, o di Parti,
o qualche trionfo di Giulio Cesare, si fosse con-
tentato d'osservare le considerazioni generali,
che convengono all'ordinare battaglie, e trion-
fi, senza particolareggiarvi alcuna cosa propria,
e singulare a ciascuna di queste storie , non a-
vrcbbe satisfatto all' espressione del nostro Co-
stume, che Vuole, che i Parti sieno diiferenti,
43
e riconoscibili dall'altre nazioni, tanto per loro
armi, che ^er loro maniera di combattere, che
è GÌ non .bcoccare mai lor fi ecce , che in volendo
la spaila verbo') nemico, e battendosi sempre nel-
la ntiiaca . Non bisognerà far di manco per le
Am rzoni , perchè , benché e' paja , che esse doves-
sero essc-re assai notabili per lo loro sesso ( poiché
di .acce le nazioni dei mondo non ve ne ha giam-
mài avuto alcuna altra, ove questo sesso, natural-
mente timido, e fievole, si sia talmente rivoltato
contra sua propria natura, e si sia mostrato sì
fiero, e sì baldanzoso, che abbia avuto 1' a: dire
di prendere il mestiere de' più bravi uomini)
è nientedimeno ancora bene a proposito il dar
loro qualche contrassegno particulare, che dimo-
stii, che il Pittore l'avrebbe ben sapute far co-
noscere fuori d'una battaglia, alla foggia di lor
vestire, che non copriva la spalla manca fino
socto alla mammella; e quinto alla mammella
dritta, che esse si facevano biuciare fin dalla lo-
ro giovanezza , alfine ch'elle potessero trarre d'ar-
co più comodamente, non ne dovrà segnare al-
cuna apparenza SDtto il lor abito da quella ban-
da. Non si trova ancora, che si servissero di spa-
da , ma bendi frecce, di accette, e di giavellotti.
Il brocchiere , cui elle imbracciavano era piccolo,
e in forn)a di mezza luna, o d'un quarto di luna.
Per quello , che concerne il Costume nella fi<iu-
ra di Giulio Cesare, è necessario di sapere, ch'e-
gli era calvo, e che si faceva radere il mento,
talmentechè non bisognerebbe dipignerlo con una
bella capellatura, ne dargli una lunga barba, co-
me si fa a Pompeo, e ad alcuni altri Imperatori,
44 ,
perche non sarebbe punto desso agli occhi di
color, che sanno.
Ecco alcune singularita specifiche a ciascuno
de' nostri tre esempli, che basteranno per servi-
vire di guida in questo cammino, che mena al-
la perfezione della Pittura; perchè qui princi-
palmente consiste il suo più eccellente, e più ra-
ro magistero . E non è forse stato altro , che in
questo genere, che que'gran Pittori dell'antichi-
ù. , Apelle , Timante , Protogene , Zeusi , e lor si-
miglianti, hanno sorpassato i nostri moderni,
stantechè ne per opera di colorito, ne della re-
golarità della prospettiva, ne delle proporzioni
de' corpi, ne delle diverse maniere di dipigncre,
né di tutto '1 resto del meccanico dell'Arte , non vi
è verisimilitudine , ch'egli abbiano avuto alcuno
avvantaggio sopra li nostri . Così Filostrato , Quin-
tiliano, Plinio, e tutti gli altri, che gli hanno im-
mortalati per loro scritti , non gli lodano princi-
palmente che di questa finezza di giudizio, e
dell'eccellente talento, che fanno parere nelle
loro opere , come si può giudicare da ciò eh' e' di-
cono del nobii lavoro dei sacrifizio d'Ifigenia,
ove r ingegnoso Timante avendo dipinto per una
espressione giudiciosissimamente partita , tutti i
gradi dei dolore, e della pietà sul viso di coloro,
ch'erano presenti a quel funesto spettacolo, e
dopo aver di già voti, e consumati tutti i tratti
del suo pennello, e tutte le forze dell'Arte, a-
vanti d'esser venuto infino al padre di quella in-
nocente, e deplorabile vittima , non gli restando
più alcun modo di rappresentarlo assai degna-
mente, come sarebbe abbisognato, gli coprì il
45 .,
viso, lasciando così da pensare a ciascuno, ciò
che se ne poteva immaginare.
Ecco ciò, che ne dice Plinio al trentacinque-
simo libro, Cap.X. e incontanente appresso ag-
giugne ancora a lode di questo gran maestro,
che in tutte le sue opere, dava sempre a inten-
dere più cose di quelle, eh' e' faceva vedere, e
che, benché la Pittura sia un'Arte eccellentissi-
ma, e sublime, l'ingegno di quel Pittore era eoa
tutto ciò più elevato.
Sarebbe a mio avviso una cosa di molto dilet-
to, se si potesse rendere possibile, il fiir vedere
questa famosa Tavola antica a' nostri curiosi mo-
derni , per esporla al loro esame -, perchè io non
credo, eh' e'fussero sì impertinenti, né sì teme-
rari , che non ne facessero stima , dopo l' alta ri-
putazione, che ella ha goduto fra i grandi uo-
mini dell'antichità : ma io dubito altresì, se e' vi
trovassero queste beltà novelle, e alla moda del
tempo, che corre, nelle quali nientemeno fanno
consistere tutta l'eccellenza , e tutto il raffina-
mento della Pittura ; in proposito delle quali han-
no medesimamente inventato apposta un linguag-
gio particolare , col quale esagerano magnifica*
mente per via di gesti, e d'espressioni molto en-
fatiche, per fare ammirar la Freschezza, e la Va-
ghezza del Colorito, la Franchezza del Pennello,
i Tocchi arditi, i Colori bene impastati, e ben no-
driti , il Distaccamento de' Massi, i Panni ben get-
tati, i bei Panneggiamenti, i Colpi da Maestro, la
Grande Maniera, i Muscoli ben risentiti, i be'Din-
torni, le belle Tinte , e la Morbidezza delle Carna-
gioni, i be' Gruppi, i be' Bocconi, e in quantità
±6
altre bellezze chimeriche di questa natura , che
non si sono giammai ossei vate nell'opere di que*
gran Pittori antichi , che senza dubbio ancora
non si proponevano cose manco di queste nella
rappresentazione di loro Tavole. Perchè egli è
certo, che dopo tutte queste beltà superficiali , o
più tosto immaginarie, se l'invenzione del sug-
getto, che si tratta, non è ben ragionata, se le
figure non sono giuJiciosamente ordinate nella
Tavola , e con una espressione convenevole; se l'i-
storia non è sufficientemente ripiena di tutte le
sue circostanze necessarie; se la regolarità della
prospettiva non è precisamente mantenuta per
tutto nella posizione, nell'aspetto delle figure;
e conscguentemente altresì nell'ombre, e ne' lu-
mi, e in fine, se il Costume, che testé abbiamo
esplicato bene a lungo per far conoscere sua im-
portanza , non vi è di più esattamente osservato,
giammai un'opera non darà riputazione al suo
autore fra gli scienziati. Co^ì di tutto il volgo
de' Pittori dell'antichità, che non avevano che
il talento meccanico, e che perla sterilita, e per
la bassezza di lor genio non s'attaccavano, se
non alla scorza della Pittura , non se ne trova al-
cuno, di cui il nome sia venuto infino a noi, per-
chè i Critici di quel tempo guardavano una esat-
tezza sì rgorosa nell'esame di ogni Tavola, che
benché fussero esattamente lavorate secondo le
regole dell'Arte, se il suggetto,che rappresenta-
vano , non aveva ancora una convenenza ragione-
vole al luogo, ov' eir erano dipinte , questo solo
era capace , ch'elle fussero vituperate, e scacciate ;
tanto le mancanze di giudizio in un Pittore avvili-
vano la sua opera .
47
Vitruvio nel settimo libro al Gap. V. rapporta
un'Istoria grandemente considerabile a questo
proposito, d'un Pittore per nome Apaturio, di
cui l'esempio è così giusto, che e' non abbisogna
altro per dissuggellarci gli occhi , e levarci dalia
folle preoccupazione di stima, che la fortuna di
certi Pittori ha stabilita loro con un possesso cosi
assoluto, e sì tirannico, che l'uomo non osereb-
be quasi di trovare da dire nelle loro opere , le
quali passano sempre, come originali di perfe-
zione, tra la cabala de' curiosi, a' quali basta di
sapere i nomi de' Pittori , e di riconoscere lor ma-
niere per essere virtuosi. Ma come egli è giusto,
che la ragione sia più forte, che non è questa
cabala, non si deve dubitare altresì d'esaminar-
ne la verità, in ordine a* nostri principi, che so-
no guide sicurissime .
E per farne di subito una prova utile, e dimo-
strativa, cominciamo da quel Capo d'Opera si ri-
nomato, sì incomparabile, sì ammirabile, il più
gran suggetto, e 'I più vasto, che possa mai en-
trare neir idea d' un Pittore . Questo è l' istoria del
tremendo Giudizio universale della fine del mon-
do, che vedesi a Roma nelhi Gappclla del Pupa
al Vaticano, in faccia all'altare di quel santo luo-
go; il più venerabile, e'I più aui^usto della Gri-
stianità, dipinta dalla mano famosa del gran Mi-
chelagnolo, quel Paragone, o piuttosto quell'An-
tagonista de' Pittori antichi, e il Gorifeo di tutti
i moderni .
Ghe non si sarebbe l'uomo dovuto prometter-
si d'un lavoro di tale importanza, in un concorso
così avvantaggioso di tutte le bande, donde gli è
48 .
potuto venire deirajutoper Io successo di sua per-
fezione? Ma Orazio in un Trattato, ch'egli fa
dell' Arte Poetica (la quale è propriamente la so-
rella nata a un corpo della Pittura) esprime am-
mirabilmente in due piccoli versi, ciò che pro-
ducono per l'ordinario queste grandi aspettative.
Quid dignum tanto feret hic promissor fiiaiu^
Parturient niontes , nascetur ridiculiis nius.
Renderei senza dubbio un cattivo uficio all'auto-
re di questa prodigiosa composizione, se io ne
volessi far qui la medesima rivista, che ho co-
minciata sur alcune di Raffaello, seguendo i prin-
cipi ^^ questo Trattato; perciocché questi due Ge-
nii hanno tra di loro una antipatìa sì generale,
che tutto ciò che fa per l'uno, nuoce all'altro;
e si potrìa dire in verità, che l'uno è buono, e
l'altro il cattivo Angelo della Pittura ; perchè,
come si not* nella più parte delle composizioni
di Raffaello una gentilezza d'invenzione nobile,
e poetica, noi veggiamo altresì quasi sempre in
quelle di Michelangelo una gravezza rustica, e
villana; e se la grazia è stata uno de' principali
talenti del primo, pare che l'altro abbia preso in
pruova di parere rozzo, e raalgrazioso per una
certa durezza affettata nella sua maniera di dise-
gnare, muscolosa, e tagliente ne' dintorni delle
figure, e per li stravaganti scorci, eh' e' fa lor fa-
re indiscretamente per tutto, senza dar loro me-
.desimamente alcuna varietà di proporzioni; di
sorte eh' e' pare , eh' e' non abbia giammai avuto ,
che u'i ficchmo per modello; dove che il nostro
giudizioso Raffaello teneva una maniera più dol-
ce, e più conforme alla natura, che si compia-
49
ce tutto dì a mettere qualche varietà nelle sue
fcitcure.
AvQva. ancora singularmente a cuore di non
dipig'iere niente di troppo licenzioso, né che po-
tesse offendere la modestia, e l'onestà. Ma l'al-
tro al contrario faceva gloria apertamente di non
avere vergogna d'alcuna cosa, e medesimamente
di profanare e i luoghi, e le scorie le più sante,
per lo suo infame libercinaggio.il che non appa-
risce se non troppo nel suggetto , di cui si tratta
del gran giorno del Giudizio, il più importante
articolo di nostra Fede, il quale è srato figurato,
o per meglio diie, disfigurato per quel fanfarone
della Pittura Michelangelo, con una temerità tal-
mente empia , che e' sembra avere avuto disegno
di renderlo favoloso, e tutto chimerico, per le
sciocche, e ridicole smorfie, ch'e'fa fare a una
parte di sue figure con azioni sì odiose a occhi ca-
sti, ch'elle non sarebbero medesimamente sop-
portabili in luoghi profani, lo lasserò fare tutto
il minuto di suo esame a coloro, che avranno as-
sai curiosità per divertirvisi ; appresso avere so-
lamente dato in generale qualche biasimo a ciò,
che concerne il Costume, che è la Tesi, .che noi
agitiamo al presente, e '1 principale mezzo, don-
de r uom conosce, se un Pittore è giudizioso, e
savio; qualità assolutamente necessarie, e senza
le quali non deve giammai essere stimato virtuo-
so uomo .
Consideriamo dunque primieramente ciò, che
l'Evangelio c'insegna di questa Istoria a venire;
affine di veder meglio, se l'idea, che questo
grande ingegno di Michelagnolo ne avea conce-
pita , ce ne formi qualche rappresentazione ra-
gionevole.
Si legge in diversi luoghi della Bibbia, ma
particularmentc verso la fine del Vangelo di San
Matteo: Che in quell'ultimo dì del Giudizio, il
Sole sarà oscurato, la Luna dimorerà senza luce,
le Scelle caderanno dal Cielo, il Segno del Fi-
glìuol dell' Uomo sarà inalberato al cospetto di
tutte le nazioni della terra, che allora si trove-
ranno in una strana costernazione, vedendo ve-
nire in mezzo alle nuvole quel terribile Giudice,
seguito, e circondato da tutta la Corte Celestia-
le , sedente sur un Trono formidabile , in una gran
maestà, avendo a man ritta i dodici Apostoli, per
fare altresì Tuficio di Giudici; e in conseguenza
tutto il resto della compagnia de'Beati in bell'or-
dine. Ma alla manca si vedrà la folla innumera-
bile de' riprovati, con una confusione orribile.
Che direm noi adesso della Pittura di Michel-
agnolo, se tutto questo non vi si trova? Sarà egli
possibile, ch'egli non l'abbia studiato avanti di
prendere il suo pennello, e che si fusse così in-
consideratamente ingaggiato a comporre una Isto-
ria senza saperla, e un'Istoria del Giudizio?
In verità questo Pittore moderno sarebbe stato
ben disgraziato a abbattersi al tempo de' Critici
dell'Antichità, che erano sì rigorosi, e sì esatti,
che non perdonavano alcuna cosa, medesimamen-
te a que'gran Maestri, che per l'eccellenza di
lor pennello, e per la sublimità di loro ingegni
aveano fatto montar sì alto il nome di Pittore,
e condotta la gloria di lor professione per un cam-
mino così elevato, che verisimilmentc sarebbe
5t
stato inaccessibile a questi. Perchè, bench'egli
si fusse a mio avviso segnalato fra loro nella par-
te meccanica delia Pittura ( perchè in effetto egli
era un assai buono disegnatore per li dintorni, e
per la giustezza delle proporzioni delle figure)
nientedimeno V impertinenza del suo spirito in
ciò, che concerne l'Invenzione, e sue idee cer*
velioriche, che non formavano, che Espressioni
villane, e ridicole, l'avrebbero sempre renduto
incapace d'essere ammesso tra l'ordine de' Pie*
lori; e non sarebbe stato contato fra quelle gen-
ti, che come un Sofista tra' veri Filosofi, o come
uno Scarpellino, o un Manuale tra degli
Architetti.
Esame del Giudizio di Michelagnolo .
E per farne una prova assai graziosa, e anco-
ra con questo bene dimostrativa, finghiamo, che
e' si fusse trovato all' esame dell'Opera di Timan»
te , rappresentante il sacrificio d'Ifigenia, di cui
noi abbiamo qui avanti parlato; e che nella pre-
senza de' medesimi giudici, che pronunziarono
in suo favore contra Colete suo competitore di
gloria in questa occasione, il nostro Michelagno-
Io si fusse altresì presentato a questa onorabile
contesa, con discoprire loro il suo insigne lavoro
della Cappella del Vaticano, dopo aver loro suf-
ficientemente esposto le circostanze necessarie
all'intelligenza di questa divina Istoria del Giu-
dizio della fine del mondo, affinchè que' sovrani
arbitri della Pittura la potessero considerare giu-
diziosamente, stabilendo loro nel resto per un
5«.
un principio fondamentale, e universale in tutti
i mistei j della Religion Cristiana , di non v' in-
trodurre giammai niente di fiivoloso,nè di ca-
priccioso, non essendo permesso di mescolare
ie cose profane per me' le sante .
Supposto questo noi possiamo entrare conse-
guentemente nel Concistoro di questi Notabili,
per vedere decidere la preminenza tra' nostri
Pittori moderni , e gli antichi, per l'esame dell'O-
pera di Michelagnolo, di cui è questione.
Ma di qual sorte il nostro Moderno potrà egli
rispondere a tutte le obiezioni, che essi gli ven-
gono a fare, sopra ciascuna parte della sua Ta-
vola, che si troverà contraria alle massime di
loro esame, di cui eccone le quattro più genera-
li, e più essenziali .
I. Nella composizione d' una Istoria, la verità
vi sia primieramente molto esatta, e pura.
II. Si abbia grande considerazione del luogo,
ove ella sarà rappresentata.
III. Si prenda ben guardia a non discoprire
giammai le parti, che non si possono mostrare
onestamente. Questa massima è sempre stata fra
loro talmente a cuore, che medesimamente sof-
frivano piuttosto, che la Storia restasse difettosa
in qualche cosa, che passar oltre i confini del-
la modestia .
IV. E finalmente per lo quarto grado di perfe-
zione: si trovi modo di rappresentare le cose no-
bihnente , ingegnosamente , e d' una maniera
grande , e magnifica.
Ecco le quattro parti principali, che fanno il
conserto, e per così dire, l'armonia della Pit-
53
tura, per la giusta relazione, che eli' hanno tra
di loro. Il che i noscri Critici cercheranno rigo-
rosamente nell'Opera, che loro si presenta; ove
io ho ben paura, eh' e' non trovino assai il lor
conto per lo successo della pretensione del no-
stro Moderno. Perchè andando per ordine, come
riconosceranno eglino la verità della Storia , di
cui si tratta in questa rappresentazione del Giu-
dizio universale, vedendo un Giudice stante in
piedi, giovane, e come parlante con minacce,
circondato tumultuariamente da più figure, sen-
za alcuna attenzione a ciò , eh' e' pronunzia , senza
rispetto a sua presenza, gli uni volgendogli il
dosso, gli altri parlando confusamente a lui, e
fra loro, la più parte vergognosamente scoperti,
alcuni medesimamente avanti di sua Persona se-
denti, e giacenti senza discrezione, e in positure
indecenti. Del resto la Santa Vergine tutta sola
del suo sesso, in mezzo a tante villane nudità, e
senza che ninno di quelli che le sono attorno,
faccia segno di volerle rendere alcun rispetto;
che è uno sgarramento di giudizio troppo odio-
so, e insopportabile in un tal suggetto; dopo di
che, che si può attendere di buono del rimanen-
te di questa Pittura: poiché di subito, e in tutto
il capitale dell'Istoria, vi s'incontrano tante cose
stravaganti, e direttamente contrarie alla verità
del Vangelo? Perchè egli dipigne ritto, e senza
alcuno apparato quel gran Giudice, che il santo
Testo dice espressamente, ch'egli verrà sedente
sopra un Trono maestoso , circondato da tutta la
Corte di Paradiso. Lo fa giovane, e senza bar-
ba, bench*egli abbia l'età di crentatrè anni pas-
sati. Di più, si dcbbon vedere intorno a lui i do-
dici Apostoli sedenti, e come Consiglieri assisten-
ti a questa ultima Giustizia universale; e qui non
si riconoscono né anche tra gli altri. 11 medesi-
mo Vangelo porta ancora, che i giusti saranno
schierati a man ritta, i riprovati a man manca:
nientedimeno questo capriccioso ha voluto met-
tergli tutti confusamente qua, e ik, senz' alcun
riguardo a una si notabile, e sì essenziale circo-
stanza. Di più ci rappresenta questo Giudice in
iscorruccio, come pronunziante , e fulminante
sua spaventevole sentenza, che farà tremare gli
Angioli medesimi con tutta la natura ; e frattan-
to in questa stesso tempo, che tutto dovrebbe
essere in un profondissimo silenzio , e in una in-
tiera costernazione, suonano le Trombe, e fan-
no tutto il più gran romore , che possono . Il che
sarebbe veramente qui una inconsiderazione no-
tabilissima, s* ella non fusse accompagnata da più
altre ancora più impertinenti, e meno perdona-
bili. Perchè durante questo strepito di Trombe,
e per mezzo l'orrore, che dovrebbe causare que-
sta sentenza irrevocabile, che si pronunzia, e
che è sì generalmente importante a ciascheduno,
non si vede quasi persona, che vi presti atten-
zione; ma la più parte si trattengono, e si par-
lano indiscretamente, come se non avessero in-
teresse a ciò, che passa. Ve n'è similmente al-
cune, che s'abbracciano, e fanno altre scioc-
cherie estremamente sciocche .
Che dirà Timante, e suoi somiglianti, a que-
sto temerario, e ridicolosissimo competitore , che
non ha pure il minimo talento di Pittore, e che
55
nulladimeno si viene a presentare in concorren-
za con loro, davanti a giudici intendentissimi, e
discretissimi, che vengono a riempirlo di confu-
sione, e cacciarlo vergognosamente di loro as-
semblea , non trovando nella sua inetta composi-
zione, né la verità dell'Istoria, eh' e' pretende
trattare, ne la convenenza delle figure al sugget-
co, e al luogo , ov' elle son dipinte ; né la discre-
zione in ciò, che appartiene alla decenza ; né la
gran maniera d'esprimere le cose, né in fine al-
cuna parte di ciò, che concerne il Costume ; ol-
treché in tutto Questo vasto, e tumultuoso am-
massamento di figure, non vi appare alcun tratto
d'ingegno; tanto il suo Genio é sterile, e pove-
ro. Potrà egli dir loro pur questo solamente, per-
chè non ha date Tale a quegli Angeli; poiché
questo è il loro più ordinario segnale nella Pittu-
ra, e che era certamente necessario in questo
Caos di figure, ove quelle de' Corpi, e degli Spi-
riti, degli Angeli, e de' Demoni , degli Eletti , e
de' Riprovati non sono riconoscibili l'une dall'al-
tre; perchè e' dipigne medesimamente gli Angeli
sotto apparenze d'uomini sì grossi, e materiali,
e in posture sì poco conformi all' ufizio,ov' egli
gì' impiega, che non si possono riguardare senza
Eversione , a causa degli scorci stravaganti , e
delle smorfie, che loro fa fare, o sia a prendere
in bocca le lor trombe,© sia a sostenere nell'aria
la Croce, e gli altri strumenti della Passione ; co-
me se per derisione si fosse dilettato di renderli
più difformi , e più brutti , che i Diavoli medesimi .
Ciò che mi dà materia di metterlo in sospetto
^* un libertinaggio sì insolente si è , che Lo vèg-
5* .
go, ch'egli ha ancora finito di profanare la sua
opera con una più grande impietk; avendo avuto
l'ardire d'introdurre in questa Stona sì santa, e
sì seria la sciocca favola del Baic.iiuolo inferna-
le, nomato Caronte per li Poeti del Paganesimo,
che lo fingevano srare sulle rive de' fiumi St.ge,-
Cocito, e Acheronte con una barca per passare
l'anime de' morti nell'altro mondo; che è in que-
sto luogo , e in questo suggetco una spezie di sa-
crilegio più criminale, e ancora più abominevo-
le, che tutte le sue altre sfacciatezze; che non
troverìa medesimamente scusa presso di Timan-
te, ne davanti i suoi giudici, benché Pagani, per-
ciocché avrebbero senza dubbio orrore deli' im-
pietà di questo falso Cristiano.
Ma io mi perdo insensibilmente nel laberinto
di questa Pittura esorbitante, ove non vi è nien-
te in generale, che non sia contrario alle leggi
del Costume , che noi abbiamo qui teste stabili-
te , come il centro della perfezione dell' Arte , al
quale tutto il ragionevole, il giudizioso, il dotto,
e lo spiritoso della Pittura deesi riferire. E se non
che io ho stimato necessario, o almeno forte av-
vantaggioso per la dim.ostrazione de' principi di
questo Trattato, il fargli vedere per diversi esem-
pli, e che dopo i buoni, che ho osservati in al-
cune Opere di Raffaello, ho voluto ancora farli
conoscere per li loro contrarj, affinchè e' lascias-
sero nell'animo una più forte impressione di loro
effetti, avrei risparmiata volentierissimo questa
lunga Dissertazione, che similmente sarà sentita
male dagli Artefici , che non hanno imparata la
Pittura, che come un mestiere, non avendo mai
^1
avuto per fine nel loro studio, che di disegnare,
e distornare da Artista le cose, che veggano, e
di colorire sempre col più gran rilievo, che pos-
sono; in che fanno consistere tutta l'cccelltfiza
di lor professione , e qualche volta vi riescono
sì bfne, che la loro opera se ne trova star peg-
gio, se si consideri per ragion dell'Ottica , e se-
condo le regole della Prospettiva . Il che sia detto
ancora di passaggio per li giudiziosi, a' quali ba-
sta di essere avvertiti per concepire altresì tosto
l'intelligenza di questo paradosso.
Ora egli è tempo, che noi riprendiamo il filo
del nostro primiero discorso, e che Raffaello riven-
ga nel luogo di Michelagnolo, per rimetterci sulle
buone vie della Pittura, dalle quali noi eramo be-
ne smarriti nel pVendere questo cambio. Ripas-
siamo dunque sulle nostre prime pedate, e finia-
mo d'esaminare l'ingegnosa, e devota idea, che
il nostro vero Pittore Raffaello ha formata sulla
Deposizione di Croce del nostro Signore, ove noi
abbiamo di già osservate tutte le parti, che dan-
no la perfezione a un'opera. Eccetto nondime-
no ciò, che concerne il Costume, in proposito
del quale noi abbiam fatta questa lunga digres-
sione sul Giudizio di Michelagnolo.
Ripresa delV Esame della Deposizione di Croce
di nostro Signore»
Ma, come io ho assai ampiamente esplicato
per esempli di tutte sorte, l'intenzione di questo
Costume nella Pittura; non è più d'uopo di far-
ne una esatta ricerca sopra ciò, che resta da esa-
58
minare nella nostra Stampa di RafFaelIo ; ove
ciascuna figura può sufficientemente dar luogo di
giudicare, che questo raro Pittore era forte cir-
cospetto, come e' si vedrà facilmente, se si pon
mente, che delle nove figure, onde quest'ordi-
namento di Tavola è composto, quella di tutte,
che pare di subito la meno operante in questo
suggetto pieno di espressione, e d'attività, e la
quale sembrerebbe per conseguente la meno stu-
diata, è la Maddalena; ma se uno la considera
dopo, secondo ch'ella è dipinta in S. Luca al
Capitolo ventesimo, allorché sua sorella Marta
si lamentò a nostro Signore, ch'ella le lasciava
tutta la cura del ministero di sua casa , senza
mettersi in pena di questa faccenda, né pensare
a metter la mano a alcuna co^a per sollevarla ,
ella parrà senza dubbio qui più ingegnosamente
espressa per la sola compassione, e per lo dolore
interiore, in cui uom la vede, che se Raflfaello
l'avesse altresì messa bene affaccendata attorno
la Vergine, come le due altre Marie, che la reg-
gono tra le braccia, o ch'egli l'avesse rappre-
sentata ne' trasporti d*una afflizione inconsolabi-
le, alla maniera de' Pittori volgari, che credono,
che perch' ella sia riconoscibile, bisogni che si
vegga prostrata bocconi in terra, o abbracciantè
il pie della Croce tutta piangente , eh' ella abbia.
i suoi capelli sparsi in grande abbondanza sovra
le spalle, e sempre suo vasello d'unguento tra le
mani, senza di che non la prenderebbero mai
per la Maddalena . Ma il nostro gran Pittore ave-
va bene egli altre idee più sollevate , e più confor-
mi a ciò, che ne dice 1' Evangelista.
.^9
Lascio il rimanente di questa composizione
all'esame de' nostri curiosi intelligcnci, che fa-
cendo r applicazione del Costume su ciascuna
dell'altre figure, vi troveranno tutto straoidina-
riamente bene pensato , e così ragionevole j che
dopo questo studio, avranno senza dubbio una
grande disistima verso le rapsodie di Michelagno-
lo, e de' suoi seguaci, e conosceranno meglio,
quanto la scuola di Raffaello era giudiziosa, ed
eccellente sopra quella di cotesto disegnatore
meccanico .
Ma prima di passare a un'altra Stampa voglio
ancora chiarire un dubbio, che darebbe forse da
pensare a qualcuno; cioè di vedere là presso del-
la Croce, sovra un terreno, che non apparisce
altro che uno scoglio affatto sterile , un grande
albero solo , coperto di foglie , come di piena
state, senza che l'Evangelio abbia fatta menzio-
ne di nulla di somigliante. Sopra di che avendo
Studiata l'intenzione del nostro savio , e giudi-
ziosissimo componitore , ho riconosciuto , che
quello era un Cedro , perciocché egli è grande,
diritto, e senza frutto. E in effetto questa intro-
duzione mistica è ingegnosissima, poiché il Ce-
dro è il vero simbolo di Gesù Cristo , che è ap-
pellato lo Sposo in tanti luoghi del vecchio Te-
stamento, e particularmente nel Cantico de' Can-
tici, ove egli è ritratto curiosissimamente, e sua
beltà comparata perfino a'Cedri del Monte Libano.
Species eius ut Libani y electus ut Cedri, poiché
quest'arbore è d'una bellezza straordinaria, in-
corruttibile, di buonissimo odore, inflessibile, ac-
concio per gli ediiicj , e portante un'ombra mol-
6o
co salutare; di sorte che per tutte queste eccellenti
proprietà conviene unicamente a rapprescncare
nello stesso modo la Chiesa, e i principali testi-
monj che la compongono, come gli Apostoli, i
Profeti, i Santi Padri. Può ancora essere preso
misticamente per la Croce di nostro Salvatore ,
poiché l'olio del Cedro serviva a guarire, e pu-
rificare i leprosi. Finalmente apparisce visibil-
mente, che questo è messo qui con un discorso
sì giudizioso , e sì trascendente, che da una tale
cosetta ancora si può concludere a vantaggio del
nostro raro Pittore moderno, eh' egli è veramen-
te degno della medesima gloria , che è stata data
a' più celebri dell'antichità , poiché le sue Opere
mostrano il medesimo genio , che si ammirava
in quelle di Timante, peichè anche le minime
cose in apparenza non lasciano di trovarsi gran-
di, e considerabili per l'intenzione misteriosa,
che il Pittore ha avuta alle circostanze del suo
suggetto; e danno altrettanto da pensare a' dotti,
quanto le principali figure dell'Istoria; cUq è il
talento, che Plinio considera singularmente in
tutte l'Opere di Timante; e donde prese occj-
sione di dir di lui; che in omnibus eius Operibus
imdligitur plus scmper quam pingiiur , ei cum ars
summa sit y ingcniuni lanien ultra artcm est. Lib.
XXXV. Cap. X. Parole eccellenti, e gloriosissi-
me a quel Pittore, le quali io avea di già rappor-
tate avanti in nostra lingua, in proposito del suo
incomparabile lavoro del sacrificio d' Ifigenia ; ma
le ripeto ancora qui a dise<ino di farle convenire
altresì a Raffaello. Nientedimeno, come io pre-
veggo, che quelli tra* nostri virtuosi, che non
hanno rocchio dello spirito così svegliato, ne sì
chiaramente veggente, che gli occhi del corpo,
e che considerano più le Tavole per la parte
meccanica, cioè a dire per la delineazione delle
figure , che per l'intenzione del Pittore , troveran-
no la conseguenza, ch'io tiro qui all'avvantaggio
del nostro Moderno, un po' troppo iirdita, avuto
risguardo al suo fondamento; non essendo atti a
giudicare della grandezza, e della forza del Lio-
ne da una delle sue unghie ; io voglio prevenire
le obiezioni, che essi potrebber fare con appa-
renza di ragione, se prendendo il senso di que-
sta proposizione a rigore, s'immaginassero, che
il mio pensiero fusse di mettere tra questi due
Pittori una egualità di merito, e di sufficienza,
che io dessi loro il medesimo posto Bisogna dun-
que , che io mi esplichi sopra questo, e che si
sappia primieramente che qualunque sia la sti-
ma, che io dimostri per Raffaello, mio sentimen-
to è però sempre di rendere un grande ossequio
a quegl' illustri Antichi pari a Timante ; e di cre-
dere, che i Pittori del nostro secolo sono loro in-
feriori; e poi voglio inferire da questo, a com-
iiendazione di Raffaello, che avendo saputo tro-
vare meglio degli altri il cammino, che que'gran
Maestri aveano tenuto, e che essendo nato con
un genio pari a loro, è non solamente pervenu-
to al primo posto de' moderni, Aa ancora pare,
ch'e'si sia come incorporato nella medesima set-
ti di que' vecchi fondatori della Pittura, che ci
hanno lasciate sì gloriose idee di loro eccellenza,
nelle memorie degli Storici.
Ora, se noi consideriamo, come essi ne par-
62
lano, e qual cosa pareva loro più ammirabile
nelle loro Opere, noi osserveremo facilmente,
eh' e' facevano lucti una singulare scima della
novità, e per così dire, dell'arguzia, edell'in-
gegnosirà de' pensieri, e delle invenzioni; mo-
strando per questo, che la Pittura è un'arte tutta
dello spirito. Perchè ciò, che consiste solamente
nella parte meccanica, è così materiale, che non
lo contavano quasi per niente; simigliantementc
non regolavano il pregio delle Tavole dalla quan-
tità, né dalla grandezza delle figure. Accadeva
medesimamente qualche volta, che la strettezza
del luogo a dipignere, e la sterilità della mate-
ria, davano occasione a que' begl* Ingegni di ca-
varne vantaggio, e fare una fattura d'ingegno,
che sorpassava in grandezza di stima le più ab-
bondanti composizioni. Il che Plinio c'insegna
ancora nello stesso Capitolo, ove egli fa una sì
bella relazione, e una sì elegante descrizione del
sacrificio d' Ifigenia dipinto perTimante , del qua-
le secondo che e' pare , vi aveva una assai nume-
rosa moltitudine di figure; perchè e' ragiona suc-
cessivamente d* un'altra Opera della medesima
mano, che rappresentava unPolifemo dormente,
ma in una piccola Tavola , di cui il poco spazio
non lasciava modo al Pittore di disegnarvi real-
mente un corpo gigantesco, tale, quale dovea es-
sere quello di quel prodigioso Ciclope ; talché
questa strettezza diede luogo all' ingegnoso Ti man-
te di fare conoscere, che'l suo spirito era in ef-
fetto più elevato, e più possente, che tutte le
forze della Pittura. S'avvisò dunque, per sup-
plire al difetto della materia , di far vedere sola-
^3
mente agli occhi dell' intelletto ciò che non po-
teva mostrare a quei del corpo .
Ingegnosa Rappresentazione d* un gran Ciclope
in un piccol luogo , dipinto da Timante,
A quest' effetto introduce una gentile frangia
nel suo suggecto, che era da se troppo semplice,
non avendo a rappresentare, che una figura dor-
mente, e una figura sconcertata, e orrida. Ora
questa frangia, o accompagnatura era una trup-
pa di Satiri , eh' e' messe attorno del suo Ciclope
dormente ; gli uni spaventati a un incontro cosi
orribile , e prendenti la fuga ; altri consideran-
dolo da lontano, con un contegno mescolato d'or-
rore, e di maraviglia; alcuni de' quali essendosi
un poco accostati a uno de' suoi bracci, ch'egli
allungava assai lungi dal busto, provavano di mi-
surargli il dito grosso co'loro tirsi, ovvero ba-
stoni inghirlandati d'ellera, ma tutto soavemen-
te senza toccarlo, per paura ch'egli non si risve-
gliasse; talmentechè per la comparazione, che si
f Lceva di questi Satiri col Ciclope (ove appari-
\ ano più piccoli similmente d'una delie sue dita)
giudicavasi incontanente della massa prodigiosa
di Polifemo. E questo pensiero del Pittore fu sti-
mato cosi ingegnoso, e così nuovo, che diede
una grande riputazione alla sua Tavola , che con
rutto ciò era per se medesima molto piccola, e
d'un suggetto assai poco considerabile.
<54 . .
Imitazione del medesimo suggello
per Giulio Romano,
E* mi sovviene d'aver veduto a Roma nel Palaz-
zo di Vigna Madama questo medesimo suggetto
trattato d' un'altra maniera similmente molto ga-
lante, benché il pensiero non sia propriamente se
non una imitazione di questo ; ma egli ha pertanto
un non so che di particulare, che sembra ancora
di migliorare in qualche maniera 1' originale .
Qjesta è un'opera del più eccellente allievo,
che abbia fatto Ralfaello, che si può con ragione
chiamare il suo Oiscepol Maestro, ingegno il più
pellegrino (come parlano gl'Italiani) che gli ul-
timi secoli abbiano veduto nascere per la Pittu-
ra; al quale pare, che Raffaello avesse depositato,
e come trasmesso tutto il suo genio in morendo;
così lo fjce egli suo principale erede per suo te-
stamento.
Quebtcì Tavola è dipinta a fiesco sur un mu-
ro, che f)rniva d'uno spazio più che necessario
per potervi disegnare il Ciclopo rutto per lo lun-
go, senza che il Pittore avesse bisogno d'altro
arcificio per {dv wtdQYn sua grandezza smisurata.
Con tutto ciò, come l'iperbole ha qualche volta
altresì buonagrazia nella Pittura , che nella Poe-
sia, e come che 'ancora il pennello di questo Pit-
tore era straordinariamente poetico, s'avvisò d'in-
trodurre molto graziosamente in questa compo-
sizione altri Satiri più, che quelli di Timante ,
pazzeggiando attorno al Ciclope, mentre che e2;U
dorme; alcuni de'quali essendosi impadroniti delle
sue sampogne, e avendole tirate da banda sdruc-
<?5
ciolano per entro (come parlano i ragazzi) a
scorcicaculo per la lunghezza di ciascuna canna,
tenendo loro tirsi tra le gambe per iscorrere me-
glio; con più altre bcrtucciate molto capriccio-
se, che fanno ridere, e danno nell'istesso tempo
a conoscere quale enorme gola bisognava a quel-
lo spaventoso Musico per mettersi in bocca un
tal flauto .
Ecco una specie di imitazione sì rara, e sì spi-
ritosa, ch'ella può andare in concorrenza coll'o-
riginale medesimo, e io m'assicuro, che se Ti-
mante l'avesse vista, in luogo di prendere della
gelosia di questa galante emulazione avrebbe sti-
mata la gentilezza dello spirito del nostro mo-
derno, e fatto gran conto della sua Opera.
Questo solo esempio di Giulio Romano potrà
servire di bussola a quei, che avendo di già fatto
abito al disegno, e al colorito, non hanno più
bisogno, se non d'imbarcarsi nel diritto cammi-
no dell'Arte, e di svegliare lor genio all'Inven-
zione; perchè allora basta loro di considerare le
composizioni de' Maestri, a' quali hanno inclina-
zione, e di studiarne generalmente i pensieri, e
r intenzione, senza trattenersi a prendere ciascuna
figura a pezzo a pezzo in un'Opera, come fanno
tutti questi copisti, che non vedendo che la cor-
teccia della Pittura, hanno sempre questa disgra-
zia nella loro fatica, eh' e' non saprebbero mai
pervenire a uguagliare loro originale ; dove che
nell'operazioni dell'ingegno, e nell'invenzione,
la natura è talmente infinita, che l'imitatore ha
quasi sempre vantaggio su chi è primo .
Per questa strada Raffaello, e Giulio Romano
5
66
hinno no!i solamente avanzato tutti gli altri Pit-
tori di lor secolo, ma si sou renduti anche in
qualche maniera comparabili a'più famosi dell'an-
cichità.
Or per fare qualche reflessione utile su queste
due diverse composizioni della medesima cosa,
cioè a dire d'un Polifcmo dormente; la prima,
che è diTimante ci insegna, che una piccola Ta-
vola può divenire qualche volta un gran lavoro,
secondo che l'idea del Pittore è elevata; e quindi
si giudica ancora, che e' non vi è argomento sì
povero, che un ingegno fecondo, e ingegnoso
non renda assai ricco, e che gli è similmente
spesso più avvantaggioso per sua gloria , e per la
Stima di sua Opera, l'avere a ornare, e cultivare
una materia sterile, che l'essere affogato dall'ab-
bondanza d'una grande Storia , donde e' bisogni
troncare più tosto qualche cosa d' essenziale ,
che aggiugnervi di suo.
Quanto all'altra composizione, che è del no-
stro moderno Giulio Romano, ella ci mostra in
effetto!, ch'una imitazione ingegnosa può egua-
gliare , e anche passare l' originale , e che per con-
seguente non è meno glorioso d'imitare così per
concorrenza d'ingegno, il pensiero d'un altro,
e d'arricchirlo, come egli ha fatto, di quel che
e' sia vergognoso a un Pittore di copiare mecca-
nicamente figura per figura tutta una Tavola sen-
za apportarvi del suo altra cosa, che la pena, e
la suggczione servile d'un semplice artefice; que-
sta faticai non essendo tanto reputata l'opera d'un
Pittore, quanto lo studio d'un discente. Così
vegghiamo noi, che i copiatori, che hanno lo
«7
Spirito assai ba^so per tenersi quivi, e farne lor
capitale, non son gidiTìinai stati contaci nel nu-
jnero de' Pittori; tra'qu-ili sono soLimente com-
presi come i castrati tni gli uomini, essendo in-
capaci di generazione, e non avendo per loro al-
cuna specie particulare .
Questa digressione ci ha uà poco allontanati
da Ratfaello nostro principale, e primiero ogget-
to, benché nientedimeno noi l'abbiamo sempre
seguito di vista, e camminato sulle sue orme,
Giulio Romano in questo mentre facendoci scor-
ta, e servendo di guida. Ma egli è tempo ormai
di raggiugnerlo, per non prendere il cambio sulla
fine di questa Dissertazione, della quale egli ha
somministrato fino a qui tutta la materia per le
sue eccellenti Opere, l'esame delle quali ci ha
aiutati meravigliosamente a formare l'idea visi-
bile, e dimostrativa della verità, e della necessi-
tà de' principi, che noi abbiamo stabiliti per ar-
rivare alla perfezione della Pittura. Ritorniamo
dunque a quella prima Tavola di Raffaello, am-
ne di terminare il nostro discorso col medesimo
stile, e col medesimo spirito, che noi l'abbiamo
cominciato. Ora questo nobile Pittore, di cui
l'Opere ci sono altrettanti Esemplari, ove noi
possiamo studiare le regoledell' Arte, ne ha fatte
tante di tutte le sorte , che fra questa abbondan-
za è difficile il risolversi a scerne l'una più tosto,
che l'altra, quella, che l'uomo vede l'ultima,
parendo sempre essere la più bella: nientedime*
no,, come non è nostra intenzione il criticare le
sue composizioni per lo minuto, per farne un
giudizio decisivo di preferenza {cìxq sarebbe una
6B
impresa odiosa, e temeraria) basta di prenderne
una delie più notabili, che sia in istanipa, af-
finchè i curiosi, avendola, quando a loro piace-
rà, davanti agli occhi, e potendola osservare co-
modamente, e ad agio, possano farne altresì loro
siudicamento insieme con esso noi.
Quinta Stampa ,
Del Ginnasio , ovvero Accademia
de- Filosofi d' Atene ,
Ora in questa liberta di scelta, io non ne vo-
glio cercare altra, che quella, che io ho presen-
temente traile mani, poiché l'occasione me l'of-
ferisce con assai vantaggio per contentarmi ; per-
chè in effetto ella mi pare una delle più belle
composizioni, ch'egli abbia mai dipinte; e d'una
grandissima idea, e magnifichissima. Questa è la
rappresentazione d'uno di que' famosi Ginnasj
della Grecia, ove T uom vede una Assemblea ge-
nerale di tutti i Dotti dell'antichità, tanto Filo-
sofi, che Geometri, Astrologi, e altri illustri.
Ma avanti di venire al particulare di questa
composizione, io voglio avvertire i curiosi, che
l'Intagliatore, che l'ha disegnata, e messa in
luce , è stato male informato del suggetto, ch'ella
rappresenta, perciocché s'è avvisato di scrivere
sotto al suo disegno queste parole: Paulus Athe-
nis per EpiciircoSy et Stoicos quosdani etc. cioè,
che questa era S. Paolo predicante nell'Areopago,
sull'occasione d' un Altare , ch'egli aveva veduto
dedicato per gli Ateniesi al Dio Incognito. Que-
sta Istoria è negli Atti degli Apostoli al Capito-
lo diciassettesimo.
69
Ciò che mi da materia di fare osservare questa
Iscrizione, si è la conseguenza che e' vi ha di sa-
pere al vero l'Istoria di cui si tratta, perchè se
questo bel Dottore ci dicesse il vero, la composi-
zione di Raffaello sarebbe sciocchissima, laddove
intendendola bene , e conforme all' intenzione
dell'autore, ella è eccellente, e ammirabile, co-
me noi lo vedremo appresso. Quanto appartiene
a cotesto Intagliatore (di cui il mestiero, come
quello di tutti gli altri semplici copiatori , non
è da gente di spirito) sarebbe in qualche maniera
scusabile in questa ignoranza, s'egli fosse stato
più giusto, e più esatto n^li'aggiustare il suo di-
segno; ma e' vi ha fatte correre tante lorde man-
canze in ciò, che concerne la prospettiva dell'Ar-
chitettura, e nella delineazione delle figure, che
Raffaello ne gli avrebbe sicuramente voluto ma-
ìe, s'egli avesse visto, di qual sorta e' disfigura-
va, e alterava la sua Opera.
Ma che direni noi d'uno de' nostri Pittori mo-
derni, famoso per la sua penna, e pel suo pen-
nello, i' Istoriografo della Pittura, il Panegirista
di tutt-'i Pittori suoi contemporanei, e de' suoi
predecessori di due, o tre secoli, Autore di tre
assai grossi volumi sopra questa materia, Giorgio
Vasari, che nella Vita di ciascheduno, ci ha con-
tate, non solamente come per un inventario tut-
te lor Opere, ma di più ne ha voluto essere an-
cora l'interprete; in che egli ha fatto apparire
la forza, e la qualità del suo ingegno. Questo bel
discorritore venendo dunque all'esplicazione di
questa, di cui si tratta; dopo aver detto in ge-
nerale per qual mezzo Raffaello fu chiamato al
servizio di Papa Giulio II. comincia così . „ La-
onde Raffaello nella sua arrivata avendo ricevu-
te molte carezze da Papa Giulio, cominciò nella
Camera della Segnatura una Storia, Quando i Teo-
logi accordano la Filosofia , e l'Astrologia con
la Teologia, dove sono ritratti tutti i Savi del
mondo, che disputano in vari modi. Sonvi in di-
sparte alcuni Astrologi , che hanno fatto figure so*
pra certe tavolette, e caratteri in vari modi di
Geomanzia, e d'Astrologia, e ai Vangelisti le
mandano per certi Angeli bellissimi, i quali Van-
gelisti le dichiarano. Fra costoro è un Diogene
con la sua tazza a giacere in sulle scale, figura
molto considerata, ed astratta, che per la sua bel-
Jez» , e per lo suo abito così accaso , è degna d'es-
sere lodata. Similmente vie Aristotile, e Platone;
l'uno col Timeo in mano, l'altro con l'Etica;
dove intorno li fanno cerchio una grande Scola
di Filosofi; né si può esprimere la bellezza di
quelli Astrologi , e Geometri, che disegnano con
Je seste in su le tavole moltissime figure, e ca-
ratteri. Fra i medesimi nella figura d'un giovane
di formosa bellezza, il quale apre le braccia per
maraviglia, e china la testa, è il ritratto di Fe-
derigo II. Duca di Mantova, che si trovava allora
in Roma. Evvi similmente una figura, che china-
ta a terra con un pajo di seste in mano, le gira
sopra le tavole, la quale dicono essere Bramante
Architettore, che egli non è men desso, che se
e'fusse vivo, tanto è ben ritratto. E allato a una
iigura, che volta il di dietro, e ha una palla del
Cielo in mano, è il ritratto di Zoroastro, e alla-
to a esso è Raffaello Maestro di quest' Opera , ri-
. 2» ^
trattosi da se medesimo nello specchio. Questo è
una testa giovane, e d' aspetto molto modesto,
accompagnato da una piacevole, e buona grazia,
con la berretta nera in capo. Ne si può espri-
mere la bellezza, e la bontà, che si vede nelle
teste , e figure de' Vangelisti , a' quali ha fatto nel
viso una certa attenzione, e accuratezza molto
naturale, e massimamente a quelli, che scrivo-
no; e così fece dietro ad un S. Matteo, mentre
che egli cava di quelle tavole dove sono le fi-
gure, i caratteri tenuteli da un Angelo, e che le
distende in su un libro, un vecchio, che messosi
una carta in su'l ginocchio, copia tanto quanto
S. Matteo distende; e mentre che sta attento,
in quel disagio, pare, che egli torca Je mascella,
e la testa, secondo che egli allarga, e allong4
]a penna. E oltra le minuzie delle considerazio-
ni, che sono pure assai, vi è il componimento di
tutta la Storia , che certo è spartito tanto con or-
dine, e misura, che egli mostrò veramente un
sì fatto saggio di se, che f^ce conoscere, che e-
gli voleva fra coloro, che toccano i pennelli*
cenere il campo senza contrasto.
Adornò ancora questa Opera di una Prospetti-
va , e di molte figute, finite con tanto delicata,
e dolce maniera, che fu cagione, che Papa Giu-
lio facesse buttare a terra tutte le Storie degli al-
tri Maestri, e vecchi, e moderni ec. „
Ecco una lunga citazione in verità, ma ella è
altresì forre necessaria per fiir conoscere a fon-
do, e visibilmente la qualità dell'ingegno dique-
st' Iscorico ; perchè, senza una tale dimostrazio-
ne, ampia, e tutta originale come questa, non
72
avrei mai potuto persuadere l'inezia, e la bas-
sezza de' discorsi di quel gran Dicitore da nulla;
perciocché i suoi libri sono stati fino a quest'ora
stimati, e tenuti molto cari per gli amatori della
Pittura, che hanno in effetto qualche ragione di
ricercarli, in quanto uno vi trova in generale le
principali circostanze della Vita de' Pittori, e il
catalogo di loro più considerabili Opere; oltre che
l'autore essendo passabilmente buon disegnato-
re, e, come e' pare assai, avendo più l'ingegno
alla fine delle dita, che nella testa, arricchì il
suo discorso di lor ritratti, che fanno senza dub-
bio la più curiosa , e la miglior parte de' suoi libri .
Ma benché per questa qualità di disegnatore
si avesse luogo di credere in qualche maniera,
ch'egli era buon Pittore, nientedimeno la stra-
vaganza di sua idea ( che gli ha fatto vedere , o
più tosto fantasticare tante chimere in questa com-
posizione di Raffaello, che la renderebbe aifatto
sconcia, e fuor di proposito) è come una prova
indubitabile non solamente di sua ignoranza nel-
la vera cognizione della Pittura, ma ancora della
fievolezza, e dell'incapacità de) suo genio a' due
principali talenti di questa eccellente, e giudizio-
sissima Professione, che sono l'Invenzione, e 'i
Costume, onde egli mostra bene, per sue ridico-
le ammirazioni, che non avea né anche una leg-
gera tintura, né alcuna disposizion naturale ad
acquistarli. Ed è stata una specie di riisgrazia a
Raffaello, l'avere avuto un tale panegirista delle
sue Opere, che in pensando lodarle non fa che
avvilirle per lo contrario sentimento, e pel catti-
vo visaggio, ch'ei da loro.
73
Come e* non era permesso anticamente ad o-
gnuno d'andare a Corinto, così non è cosa in-
differentemente da ogni Pittore, esaminare, e
discorrere sulle Tavole di questo raro Maestro; e
gli sarebbe stato più avvantaggio , che il Vasari
si fusse contentato di parlar di lui da semplice
istorico, senza intramettersi d'essere l'interprete
de' suoi pensieri alle composizioni delle sue Ope-
re. Perchè se quella, di cui fa qui la descrizio-
ne a suo modo, e eh' e' si sforza di rendere am-
mirabile per sue esagerazioni stravaganti , non
fusse visibile se non ne' suoi scritti , che si po-
trebbe giudicarne di ragionevole? Queste scioc-
che lodi fanno sempre molto più di pregiudicio,
che d'onore , e in tali occasioni è assai a propo-
sito il dire, che Pessimum inimicorum genus lau-
Janre^. Perciocché gl'impertinenti adulatori nuo-
cono sovente più, che i veri inimici.
Io dimanderei volentieri a questo novello Fi-
lostraco , ove egli ha trovato , che i Teologi abbia-
no giammai avuto disegno d' accordare la Filoso-
fìa, l'Astrologia, e la Geomanzia coli' Evange-
lio, per accomodare questa vision fantastica a
una delle più ragionevoli composizioni di Raf-
faello, di cui l'intelligenza erada se medesima
sì facile, e sì naturale. Ma quando, per supposi-
zione , ciò fusse vero , che avrebbe che fare Dio-
gene fra que' Dotti, egli, che non facendo pro-
fessione d'alcuna scienza, menava una vita da
<^ane, abbacando senza restare dietro ad ognuno,
sbnza proporsi alcun altro oggetto in sua Morale,
che di dispregiare, e calpestare l'onore, che si
rendeva alle genti di spirito, dimanierachè in
74 ^ .
questa afiettazione brutale amava meglio parere
un che un Filosofo galancuomo; e non a-
vrebbe sicuramente preso partito per nessun ver-
so in questa quistione, in cui non avrebbe altre-
sì inteso niente . Contuttociò , secondo il giudica-
mento del nostro Panegirista, questa è una figu-
ra, che gli pare singularmente considerabile tra
l'altre di questa famosa Assemblea. Perchè di
subito l'osserva la prima, dandole questi belli e-
logj. Fra quelli, dice, è un Diogene con sua taz-
za, giacente sulle scale. Ecco un luogo, e una
positura ben onorevole, e ben decente a un con-
sultante,e un mobile appresso di lui ben conve-
nevole al mestiere, che gli fa fare . Avrebbe a-
vuto più tosto in una tale occasione a portare la
sua lanterna, che la sua tazza ; stante che la bi-
sogna, ove il Vasari impiega lui, e tutti i suoi
compagnoni, è assai oscura, ed ha bisogno, che
uno loro faccia lume. Ma per inspirare più for-
temente al lettore la sua idea ammirativa, sulla
rappresentazione di questo Diogene, aggiugne
questa bella , e giudiciosa reflessione in questi
termini. Figura, dice egli, molto considerata e
astratta, che per la sua bellezza, e per lo suo a-
bito così a caso è degna d'essere lodata. Vera-
mente questo stile è così chimerico, che si po-
trebbe credere, che il Vasari fa più tosto il per-
sonaggio d'un Pascariello, o d'un Arlecchino,
che d'un Istorico; o almeno mostra, ch'egli era
cattivo Fisonomista, e che cojiosceva ancora peg-
gio l'ingegno, e l'umore di quel Cinico, il
quale non era in ninna maniera astratto, né do-
tato d' alcuna considerazione ragionevole , la sua
75
villana maniera d'operare avendolo fenduto trop-
po sgraziato, e alfacco incapace di queste quali-
tadi. Cosi Raliaeilo s'è ben guardato di darli pur
una minima espressione nel suo portamento, nel
suo abito, e nella sua fisonomia, donde se ne po-
tesse trarre alcun giudizio avvantaggioso; pel
contrario volendo mobtrare la rusticità di questo
Filosofo salvatico, nel bel mezzo del Concilio ge-
nerale di tutti gl'Illustri dell'antichità, 1' ha mes-
so solo solo, abbandonato da ciascheduno, e co-
ricato come una bestia sulle scale di quel Ginna-
sio Accademico, con una cera rinfrignata, e
un' accompagnatura conveniente alla sciocca vi-
ta , eh' e' professava .
Non voglio fermarmi di vantaggio a fare una
chiosa continua sino alla fine di questa lunga, e
importunissima cicalata del Vasari; la mia incli-
nazione essendo naturalmente inimica d' ogni
sorta di critica; contuttociò non ho potuto ta-
cermi nel vedere il nostro povero Raffaello tra
le mani d'un sì pericoloso amico, come questo,
che pensando di lusingarlo, gli fa un oltraggio
insopportabile; per la folle commissione, che e' s'è
data d'interpretare le sue Opere, e d'essere il tur-
cimanno delle sue invenzioni. Questo piccolo
schizzo n'è una prova sì dimostrativa, eh' e' bi-
sognerebbe avere l'occhio dell'intelletto affatto
chiuso per non ne vedere l'importanza; percioc-
ché non vi ha niente di sì bello , ne di sì perfetto ,
che non possa esser reso difformissimo per queste
sciocche genti, che infettano colla loro inezia tutte
le cose, delle quali si mettono a discorrere, per-
ciocché le prendono sempre male , e al contrario .
Ora ciò, che io trovo straordinariamente ridi-
colo in questa si è, che non si concenti di dici-
frare nell'ordinamento istorico del nostro Fitto-
re, le figure, che vi sono realmente, visibili ad
ognuno, ma ne osserva ancora dell'altre, che
persona non vi ha mai vedute fuori di lui , e alle
quali Raffaello non ha mai pensato: ciò sono i
begli Angeli, per li quali e'dice,che gli Astrolo-
gi mandano lor caratteri di Geomanzia a' Van<-
gelisti, perchè li dichiarino. Se questo discorri-
tore avesse inteso, che cosa sono i caratteri di
Geomanzia, non avrebbe data la carica agli An-
geli di andarli a mettere davanti agli Evangeli-
sti, e avrebbe ben saputo, che gli Astrologi non
s'intrigano punto di questa maladetta specie d'in-
dovinamento sotterraneo, e diabolico.
Ma io mi rimpegno insensibilmente nel pro-
cesso di queste fantasie capricciose, che sono un
vero laberinto, da cui è in estremo difficile il
riuscirne, quando una volta uno vi si trova im-
brogliato. Lassiamo dunque qui cotesto cattivo
Novellatore, e consideriamo più tosto la cosa nel
Disegno medesimo di Raffaello, chr rapportar-
cene alle novelle d' un tale discorritore. Perchè,
benché la stampa, che se ne vede sia assai di-
fettosa in alcune parti della delineazione, ella ci
rappresenterk nondimeno molto più avvantaggia-
tamente l'idea di questa eccellente composizio-
ne, che tutto ciò che se ne può dire con parole;
perciocché le produzioni della Pittura vogliono
essere vedute, e considerate per via degli occhi;
e se que' gran Maestri dell'antichità (de' quali
r Opere non sono più visibili , che nel contare
li
che ne fanno gì' Istorici ) avessero avuto il iiie-
desimo uso, che noi abbiamo in oggi dell'Inta-
glio, e delle Stampe, che è un tesoro inestimabile
nei nostro secolo, e di cui gli Antichi non hanno
goduto a nostro grandissimo danno, i Disegni
propri, delle Tavole, che Filostrato ci loda tan-
to, avrebbero senza dubbio parlato meglio di
lui, e'I suo libro sarebbe stato infinitamente più
considerabile, e più utile, s'egli ve le avesse po-
tute altresì inserire in quel tempo, come si fii in
questo nostro.
Serviamoci noi dunque ora del nostro avvan-
taggio, e consideriamo noi medesimi co' nostri
propri occhi questa nobile, e magnifica compo-
sizione sopra la Stampa, che noi troveremo cer-
tamente più intelligibile, e più ragionevole, che
il discorso anfibologico del Vasari ; del quale
si può dire con una applicazione assai giusta:
Asinus portans mysteria : perchè e' ci fa questa
Tavola sì scioccamente emblematica per le sue
immaginazioni stravaganti, che in luogo di dare
ammirazione a' letterati, se si credessero, rende-
rebbero il Pittore, e sua Opera, ridicolosissimi.
Non bisogna dunque cercar di vantaggio in que-
sta Pittura, che ciò, che vi si vede espressamen-
te, e tenere per sicurissimo, che Raffaello non ha
avuto disegno di proporci emblema in un tal sug-
getto, che è questo qui; il quale non è altra co-
sa, che una naturale rappresentazione d'uno di
que* famosi Ginnasj della Grecia, ove i Filosofi,
ed ogni sorta d'Accademici facevano loro luogo
di ragunata, per trattenersi in ragionamenti di
loro studi, e divertirsi negli esercizj.
rè
Vitruvio descrive la forma di questi Edificj
pubblici al quinto Libro, Capitolo undecimo, e
gli nomina Sisti , Palestre, Essedre , secondo loro
uso particulare , ch'egli dichiara. E Palladio nel
suo Trattato d'Architettura , Libro terzo, Capito-
lo ventuno, ne parla ancora più chiaramente,
perciocché ne fa la dimostrazione oculare per un
Disegno ampio, e forte esatto. Talché non è bi-
sogno, che io m' arresti a farne qui un più lun-
go discorso.
Ora, come il più celebre di tutti, e'I più no-
bile è stato quello di Atene, vi ha dell'apparen-
za, che Raffaello se lo sia proposto; e i curiosi di
Stampe appellano così comunemente quest' Ope-
ra, la Scuola d'Atene. Noi possiamo ben dire qui
in passando, che il Vasari non riguardava la strut-
tura diquesto Edificio, che come una Prospettiva
fatta a piacere; senz' altra invenzione, che d'ar-
ricchire il fondo della Tavola; benché in effetto
questa sia la principal parte dell'Istoria. Ornò,
dice egli , quest' Opera d' una Prospettiva : ma que-
sto è l'ordinario di quegli, come costui, che veg-
gono le cose, che non sono, di non vedere an-
cora bene quelle che sono ; tanto la Prospettiva
della loro giudicativa è a riverso.
Presupponendo dunque, che si abbia una in-
telligenza ragionevole della forma, e dell'uso di
questi Ginnasi; bisogna che noi ne consideriamo
qui l'appartamento de' Filosofi, e degli studiosi,
non ci essendo niente a vedere in questo Dise-
gno di tuttociò, che passava nel resto degli eser-
cizi <^cl corpo, de* quali la più parte si facevano
negli appartamenti esteriori , a cagione del ro-
'29
more, e del tumulto, che i Lottatori, gli Scher-
midori, que'che s'esercitavano a lanciare il dar-
do, al corso, e ad altre somiglianti applicazioni
violente facevano per tutto il loro quartiere ; il
che avrebbe senza dubbio interrotte, e turbate
le conferenze di quelli , che non dimandavano
se non il riposo nei loro trattenimento. Verso
questi ultimi il nostro Pittore ci ha tirati, per
darci la satisfazior.e di vedervi i due più illustri
capi di scienze, che siano giammai apparsi nel
mondo; il divino Platone, e 'l savio Aristotile suo
gran discepolo, benché poco conforme a' senti-
menti, e al genio del suo maestro, di cui egli ad-
divenne finalmente rivale per una malignità in-
grata, e gelosa, che io rendè estremamente odio-
so a tutta la città d'Atene, da cui fu costretto
d'allontanarsi fino dopo la morte di Platone. Il
che io noto apposta, a fin che s'osservi nella Pit-
tura ; che e* pare, che Raffaello abbia voluto mo-
strare alle genti di spirito, per il contegno, e per
la fisonomia, ch'egli ha data all'uno, e all'altro,
la diversità de' lor genj. Perchè il primo, e '1 più
considerabile senza dubbio, poiché meritò il no-
me di divino fra que' grandi uomini, fa assai in-
tendere per l'azione del braccio, e della mano,
eh* e' tiene alzati verso il Cielo, che egli tratte-
neva i suoi uditori di speculazioni sublimi , e
trascendenti; ma l'altro, che era più scolastico,
fa il personaggio d'un pedante severo, che dogma-
tizza, in effetto altresì egli è restato ne'Collegj
co' pedanti, e a. Platone sono toccati in sorte i
galantuomini.
Veramente Raffaello ha trionfato in questa e-
So
spressione, che egli ha saputo ancora accompagna-
re d' un'aria di fìsonomia molto conventjvole allo
spirico dell'uno, e dell'altro. Platone mostrando
una cerca dolcezza affabile, e una nobiltà nel vi-
saggio, che lo rende sommamente venerabile, e
Aristocile al concrario apparisce contenzioso, e
tucco col viso rinfrignaco.
Dopo aver dunque collocati , come bisognava,
nel luogo più apparente della Tavola questi due
principali Corifei de' Filosofi lecterati (perchè
ve ne sono stati altri ancora molto celebri solo
per loro prudenza, e per l'esempio d'una bella vita
morale , come fu Socrate ) il nostro Pittore s'è da-
to meno di suggezione nel resto di sue figure,
delle quali la maggior parte non sono in effetto,
che gli uditori de' primi; perchè, benché c'paja,
esservene di diverse classi, cioè a dire Geome-
tri, Astrologi, Cosmografi; con tutto ciò Platone
era eccellente in tutto questo; talché si può cre-
dere con ragione, che e' sono altresì come suoi
scolari. Non è per questo però, secondo il mio
avviso, che e' vi sia alcuno inconveniente a pren-
derli per Tolomei, Archimedi, Euclidi, e imma-
ginarvi ancora alcuni altri Capi di Sette ; poiché in
effetto noi ben vi veggiamo Diogene, che non era
un grande Astrologo , né un gran Sofista , e che ve-
risimilmcntenon si trovava quivi ,che per beffare;
perchè la Pittura ha suoi privilegj, e sue licenze
così bene, come la Poesia; e non s'astrigne così
forte alle leggi della verità, ch'ella non introdu-
ca quasi sempre qualche finzione nelle sue rap-
presentazioni, la quale non serve se non d'orna-
mento a sua Istoria ; e in questa parte principal-
8i
mente si è , ove il Pittore fa meglio apparire la
gentilezza del suo spirito ; oltreché i suggetti va-
ghi, e composti, come questo, lassano sempre
una grande liberta all'invenzione; talché basta
contenersi ne' limiti della verisimiglianza , senza
cattivare il suo genio sotto '1 rigore della verità
precisa .
Considerando dunque la nostra Tavola in que-
sta veduta, si può dare a ciascuna rigura qualche
applicazione più ingegnosa, che se uno si con-
tentasse in generale di passarle tutte per di sem-
plici Accademici, settatori de' nostri due grandi
Ginnasiarchi . E vi è della probabilità, che Raf-
faello si sia proposta qualche cosa di più squi-
sito in questa ampia, e magnifica composizione:
perchè; a che fine egli avrebbe messa una corona
sulla testa di quell'Astrologo , o Geografo, che
tiene un globo in sua mano, s'egli non avesse vo-
luto far vedere per ciò, che quegli è Tolomeo,
eh' egli ha onorato di questo segno, perchè si no-
mina per eccellenza il Principe degli Astrologi,
e de' Geografi . Nientedimeno, come che non era
né contemporaneo, né compatriotto di que' pri-
mi, ciò potrebbe far nascere qualche scrupolo
a' critici di vederli insieme. Ma questa licenza
è ordinaria tra' Poeti, e conseguentemente anco-
ra permessa a' Pittori : testimonio l'incomparabil
Virgilio, che ha sì bene unita la Reina Didone
col suo Enea, ch'egli g'i fi giacere insieme,
benché vi fusse un grand' intervallo di tempo tra
l'uno, e l'altra, e che Didone fosse più moderna
almeno di tre secoli . Si può credere ancora , e
più probabilmente, a vutorisguardo al paese, e alla
82-
cronologia, che quella iigura sedente , e posta
verso il mezzo deHa Tavola, e sulla parte dinan-
zi del piano, la quale pare tutta pensosa, e come
malata, sostenente sua testa colla mano, e ap-
poggiata col gomito sopra una estremità di ta-
vola, sia il Filosofo Epicuro, che scrisse il suo
testamento in una lettera, ch'egli indirizzò a
Idomeneo suo particulare amico, secondo ch'egli
è rapportato per Diogene Laerzio, perciocché
questa fu l'ultima, e una delle più ammirabili
azioni di tutta la vita di quel grand' nomo, poi-
ché essendo travagliato da dolori incredibili di
pietra , onde egli ne morì tosto appresso ; non
lasso di conservare la quiete dell' animo fino
all'ultimo, e di ragionare sempre della medesi-
ma maniera, ch'egli avrebbe potuto fare nelhi
perfetta sanità. 11 che mostra bene, che i senti-
menti, e i precetti di quel Filosofo non erano ta-
li, come uom crede, e che il Piacere, eh' egli ap-
pellava il sommo Bene non è quella voluttà ver-
gognosa, di cui egli vien biasimato.
Sark facile di fdre altre somiglianti osserva-
zioni sul restante delle figure di questa Pittura ,
che forniranno una ampia materia alli studiosi,
che vi si vorranno divertire; perchè in questa
scuola generale, e aperta ad ogni sorta di virtuo-
si , si trattava non solamente delle scienze specu-
lative, ma ancora dell'Arte Militare, della Poli-
tica-, dell'Economia, della Medicina, della Poe-
sia, della Musica, della Pittura, e delle Meccani-
che; come si vede manifestamente per li libri,
che Aristotile n' ha composti ; talmentcchè in una
varietà cobì distesa, e così libera, non vi è figu-
. «3
ra, per iscrana ch'ella paia in questo Ginnasio,
alla quale non si possa trovare qualche pretesto
dell* esservi venuta. Questo nientedimeno non è
senza termini, oltr' ai quali vi sarebbe della stra-
vaganza a scorrere licenziosamente, come ha fat-
to il nostro Istorico pittoresco Vasari, che senza
distinzione, e senza giudizio, e centra ogni ap-
parenza d'alcuna possibilità, ha talmente confuso
l'ordine de' tempi, e delle cose nell'applicazione
chimerica, ch'egli ha data a questa Pittura, ch'e'sa-
rebbe capace di stordire , e di rendere ottuso un
lettore credulo, che si volesse trattenere a racco-
gliere qualche frutto di queste fantasticherie .
Perchè non so per qual pizzicore di parer dotto,
introduce là un certo Zoroastro, di cui sicura-
mente Raffaello non intese mai parlare, e che
venne al mondo presso di due mila anni avanti a
Platone, e in un paese sommamente lontano dal
suo; oltreché cotesto vecchio Re Scita non fu ce-
lebre se non per la Magìa, di cui Plinio crede,
che sia stato il ritrovatore; che è uno studio, del
quale mai persona non fece professione ne' Gin-
nasi. Ma vedete ancora la malizia, e la perspi-
cacia del nostro Italiano Vasari nel riconoscerlo
fra tanti altri . Vi è una figura , dice egli , che volta
il di dietro: questo è il ritratto di Zoroastro. Un
altro, che non fusse stato il Vasari si sarebbe tro-
vato senza dubbio molto imbrogliatoa riconoscere
così il ritratto d'un uomo, che volta il di dietro.
Io non oso perseguire davvantaggio Tesarne di
ciò, ch'egli va continuando di dire in conseguen-
za, per paura di rendermi troppo noioso nella
mia critica, e di annoiare altresì me medesimo
8+ . .
a una lettura così pfolissa . Farò meglio a tron-
car qui il filo di questa Dissertazione, che io ho
benissimo di già stesa molto oltre a quello, ch'io
m'era proposto a principio; ove io non f.iccva
conto che di dare l'idea generale della perfezio-
ne della Pittura, secondo le massime degli anti-
chi Maestri ; e di farne come una specie di di-
mostrazione oculare, per l'esempio d'alcune del-
le più regolari Opere di Raffaello; a disegno d'a-
prire gli occhi a più Pittori del nostro tempo , che
hanno di già grandi disposizioni a divenire ec-
cellenti in lor Professione , non avendo più biso-
gno per questo, che d'essere avvertiti delle cose
fondamentali della perfezione dell'Arte; delle
quali l'esecuzione appresso sarà lor facile, e sen-
za le quali nientedimeno non anderanno giam-
mai, chea tastoni come ciechi nel cammino spi-
noso della Pittura.
Questa verità è talmente stabilita per li princi-
pi, che io ho proposti al cominciamento di questo
Discorso, ch'ella non potrebbe più ormai esser
messa qui in dubbio da intelletti ragionevoli. Po-
trà nondimeno essere, che la preoccupazione di
coloro , a cui la fortuna, o le cabale hanno già
fatto parte di questa falsa reputazione (della qua-
le erano altresì stati felicitati avanti a loro, i
Sammartini di Bologna, i Maestri Rossi, i Tinto-
retti, i Paoli Veronesi, i Parmigiani, i Freminet-
ti , i Giuscppini, e una quantità d'altrettali Di-
segnatori pratici della medesima specie) gli ren-
derà così vili , e così stupidi, che ameranno me-
glio godere, e dimorare nel possesso di questo
falso bene , che darsi nel lor travaglio la sugge-
85
zione, che dimanda necessariamente Io studio ,
e lo sforzo dell' animo de' dotti Maestri ; perchè
egli è certo, che le belle cose costano a produr-
si, e son difficili, e che le seconde pensate delle
genti di spirito sono d'ordinario più giudiziose
delle prime; donde l'uomo deve altresì conclu-
dere, che quegli tra' Pittori, a' quali tutte sorte
di suggetti sembrano sì indifferenti, e sì eguali ^
trattare, e a storiare , eh' e' non ne trovano alcu-
no più difficile dell'altro, e che dopo la primiera
idea, che è venuta loro per una Tavola, non cer-
cano di vantaggio, ma vi si fermano di tal ma-
niera, che non vi cambiano , ne aggiungono ve-
runa cosa; questi tali Pittori, dico, non hanno,
che genj superficiali, de' quali l'Opere non da-
ranno mai guari di curiosità agl'intendenti ; che
non trovando in esse niente di raro, o di studia-
to, saranno assai satisfatti d'averle vedute una
volta, come in passando.
Ora io non chiamo studiato, se non quello,
che concerne le operazioni dell'ingegno, e le
giudiziose osservazioni nella parte del Costume ; il
quale è come un legame, o un composto dell'in-
venzione, e dell'espressione, i due più nobili
de' nostri cinque principj,ove consiste tutto ciò,
che vi ha d'ingegnoso, e di sublime nella Pittu-
ra ; i tre altri , cioè a dire , la Proporzione , il Co-
lorito, e la Delineazione prospettiva, riguardando
più tosto il meccanico dell' Arte , che lo spiritua-
le, e non essendo per maniera di dire, che gli stru-
menti della scienza della Pittura; talché quegli,
che applicano tutto il loro spirito a coteste parti,
faticano più costo da genti di mestiero,di quello
86
che essi studino; così non sono nominati dagli
scienziati, che Disegnatori pratici, e non sareb-
bero mai stati considerati tra i Pittori antichi .
Contuttociò , perciocché e' sono in ben più gran
numero, che non son gli altri; l'abuso corren-
te, è una certa ignoranza presuntuosa, che regna
al dì d'oggi sopra quest'Arte, ha talmente loro
abbandonato il possesso d'esser chiamati Pittori»
e dati tanti vantaggi di fortuna sopra i veri, che
sanno; che questi ultimi non godono per ordina-
tìo che ben tardi de' frutti della gloria legittima,
che loro è dovuta, dimorando quasi sempre op-
pressi durante lor vita dalla moltitudine, e dalla
cabala degl* ignoranti , appresso i quali la Pittura
è adesso un Idolo molto materiale ;dovecchè altro
volte ella era considerata , come una Dea tutta
spirituale .
Il povero Domenichino il più dotto di tutti gli
allievi de'Caracci, e forse il solo degno del no-
me di Pittore , ha provata molto lungo tempo
questa disgrazia; benché quasi tutti i suoi com-
petitori gli fussero estremamente inferiori, e in-
degnissimi di venire in concorrenza con lui; per-
chè se noi ne eccettuiamo Guido , che fu vera-
mente più favorito dalla natura , che non fu egli,
per lo talento della grazia , che l'ha renduto sin-
gulare in tutto il suo secolo: ma che non gli era
altresì in alcun modo comparabile in quello dell'E-
spressione, e meno ancora nell'intelligenza della
regolarità della Prospettiva ; che si potrà dire del-
la cecità de' Pittori del nostro tempo, che gli pre-
feriscono i Giuseppini, i Lanfranchi, e altri so-
miglievoli manieristi , de' quali T Opere non aven-
»7
do , che il falso splendore d' una non so qual no^
vita, che gli odierni appellano una Furia di di-
segno , e una Franchezza di pennello , che l' igno-
ranza delle vere bellezze, e de'principj dell'Ar-
te fa loro ammirare, non hanno avuta riputazio-
ne, se non tanto quanto ha durato questo favore
transitorio della fortuna; sicché non trovano più
adesso luogo ne' gabinetti de' curiosi, che se ne
sono tosto staccati, e disingannati.
Questa medesima stravaganza di giudizio, se-
condata ancora dalla gelosia naturale degl'Ita-
liani, che non voglion patire, che la Pittura fac-
cia parte della sua buona grazia ad altri che non
sia di loro nazione , aveva cominciato a rendere al-
tresì una pari ingiustizia al nostro illustre Franze-
se Niccolò Pussino, il più de^no favorito, eh' ella
abbia trovato da q uè' famosi antichi in qua, Apelr
le , Timante , Protogene , e loro somiglianti .
Ora, benché e'sia difficile, che io possa ren-
dere testimonio alla verità, senza essere sospetto
di adulazione, parlando d'un uomo vivente, e
nato Franzese, nientedimeno, comecché le sue
Opere hanno di già sì altamente trionfato di tut-
ti i suoi emuli, e renduta l'invidia confusa, e
muta contro di lui, e che il suo merito ha avu-
ta la forza, benché in un paese forestiero, di pro-
dursi , e d' elevarsi con tanto scoppio sopra tutti
i suoi rivali, ch'egli s'è fatto vedere di quattro-
cento leghe alla Corte di Francia, nel regno ii
più favorevole a' Virtuosi, che si possa sperare,
poiché il Re medesimo, che gli fece l'onore di get-
tare gli occhi sopra di lui, e di chiamarlo al suo
servizio, era buon disegnatore, e universalmente
ss
intelligente in tutte le belle Arti . Questa fu una
congiuntura straordinariamente vantaggiosa al
nostro Pittore, e una giustizia, che la Fortuna gli
volle fare,- perchè ella non è sempre cieca, né
inimica del merito de' galantuomini . Da quel tem-
po tutta la riputazione de' suoi rivali, ha più to-
sto servito di stabilimento alla sua gloria, che
ella le abbia fatto ostacolo; e si conosce oggi vi-
sibilmente per lo paragone di loro Opere alle sue,
che ilPussinoè in effetto una grand' aquila in sua
Professione, e per parlare più chiaramente, e
fuor di figura, è il Pittore il più compiuto, e'I
più perfetto di tutti i moderni . Questo non è dif-
ficile a far vedere a' dotti, che esaminano, e giu-
dicanodelle cose alla maniera de' Geometri, cioè
a dire a rigore, per la pura dimostrazione, e per
l'analisi di loro principi, senza dare alcuno in-
gresso all'opinione, o al favore, che sono le pe-
sti della verità. Ma gli altri, che non hanno se
non cognizioni superficiali , e che contuttociò pre-
sumono molto di lor giudizio, prenderanno que-
sto per un paradosso, e si renderanno per questo
modo incapaci di essere chiariti della verità: per
questo io ne lasso la discussione, e mi contento
d' aver fermate in questo discorso le massime
fondamentali, e il metodo, che e' bisogna tenere
pel suo esame, senza interessarmi di vantaggio
in questa faccenda. Aggiugncrò solo per forma
d'avvertimento, che quelli, che avranno assai
di curiosità per venirne fino alla prova decisiva ,
la troveranno sufficientemente dimostrata nella
sua Opera de* sette Sagramenti, che si vede a Pa-
rigi in casa Monsù di Ciantelù Maestro d' Ostello
89
ordinario del Re, amico intimo dell' illustre Pus*
sino. Questa è una seguenza di sette Tavole uni-
formi , di grandezza mediocre, ma d' uno studio
straordinario, ove questo nobil Pittore pare aver
fatta l'ultima prova, non solamente della rego-
larità dell'Arte, secondo tutte le Parti , che sono
dichiarate in questo Trattato, ma ancora della
sua più alta eccellenza per la novità di sue in-
venzioni, perla nobiltà delle sue idee, sopra cia-
scuno suggetto , per la savia, e giudiciosa osser-
vazione del Costume (nel che egli è quasi unico)
per la forza delle sue espressioni, e in una paro-
la, per tutte le medesime qualità di que'g and' in-
gegni dell'antichità, tra' quali egli avrebbe tenu-
to , secondo che io avvis.», uno de'primi posti,
poiché noi vegghiamo comunemente nelle sue O-
pere tutte le medesime parti d'eccellenza, che
Plinio, e gli altri hanno osservate de'loro Apelli ,
Zeusi, Timanti, Protogeni, e degli altri di quel-
la prima classe della Pittura. Perchè, se Apelle è
parso loro sì ammirabile per aver saputo rappre-
sentare il fracasso del tuono, si può vedere altre-
sì in questo suggetto, di cui parlo, che '1 nostro
Pussino ha dipinta la <'oce, la quale è lanto più
difficile a esprimere, quanto ella è men sensibile
nel suo effetto. Io ho osservato questo tratto in-
gegnoso nella prima Tavola de' sette Sagramenti ,
ove S.Giovanni conferendo il Battesimo a nostro
Signore , quelli dall'intorno, che si trovano quivi
ancora presenti per riceverlo dopo il lor Maestro,
fanno conoscere visibilmente per la maraviglia,
e per lo stupore, in cui paiono, riguardando in
alto, e da tutte le bande, che egli intendono
quella voce celeste, che dice: Ècco il mio Fi-
glio diletto.
Il medesimo Plinio, che ha proposto come
un miracolo nella Pittura, questa espressione del"
tuono, vi aggiugne ancora, che quei gran mae-
stro Apelle si compiaceva similmente di rappre*
sentare le storie de* moribondi . Ora si abbatte
qui per una non so quale concorrenza fortuita ,
che il Sagramento della estrema Unzione ha pre-
sentato lo stesso suggetto al nostro Pittore, che
volendo trattare questo santo Mistero sotto una
idea nobile, e magnifica secondo il suo genio, ha
scelta a quest' effetto la persona d' un Capitano
Romano nell'agonìa, circondato da tutti i suoi
più prossimi, da sua madre, sua moglie, suoi fi-
gliuoli, e da un gran numero di domestici, tutti
diversamente afflitti, o di disgusto, o di compas-
sione; tra' quali, e nel luogo più apparente, ha
dipinto il Prete, che assiste al povero moribon-
do ,e gli amministra l'Olio Santo con una devo-
zione piena di pietà.
Sarebbe un troppo lungo ragionamento l'in-
traprender qui la descrizione di tutte le belle con-
siderazioni, e circostanze giudiziose, che si veg-
gono in questa ammirabile Composizione. Avrei
fatto più presto , a dire in una parola , eh' ella è un
vero parallelo della famosa Opera di Timante so-
pra'1 sacrificio d'Ifigenia, di cui ho di già qui
avanti parlato, e che Plinio, e Quintiliano ci di-
pingono come la più rara, la più ingegnosa, e
la più perfetta Tavola dell'antichità. Ma il sa-
pere adesso, quale de' due, o il loro antico, o'I
nostro moderno ha espresso il suo suggetto con
maggior arte, e d*una maniera più patetica, e-
una questione, la quale io non tocco, contentane
domi solo di dire, che tra* Pittori moderni il no-
stro Passino è come un altro Timante.
La medesima ragione, che mi ratciene d'ingag-
giarmi più avanti nell'esame di questa eccellente
composizione , m' obbliga ancora a ksciai*e il
resto della grand' Opera, della quale ella non fa,
che una settima parte: oltreché questa impresa
sarìa ormai di troppa lunga lena per me, che ho
di già passato assai i limiti, che io m'era propo-
sti al cominciamento del Discorso.
Ne dirò dunque solamente in generale una
cosa, che mi sembra rara, e in ciò degna d'es-
sere osservata , colla quale io voglio finire ;
Cioè, che ciascuna delle sue Tavole è talmente
eccellente nella sua specie, che uno non sapreb-
be additarne in parriculare una sola tra le sette,
che abbia pur un minimo vantaggio sopra alcuna
dell'altre per la parte delPittore-, perchè, benché
l'Istoria de' diversi Misteri , che esse rappresenta-
no, non sia sempre egualmente abbondante , ne co-
moda per l'espressione, nientedimeno questo pos-
sente ingegno ha sì ben saputo proporzionare
ciascuna parte del suo suggetto generale al termi-
ne dell'egualità tra di loro, e dar loro una per-
fezione sì relativa al lor tutto , eh' egli ne ha fat-
ta un'opera indivisibile, non lasciando in questa
maniera luogo veruno alla scelta di bramarne più
tosto l'una, che l'altra. Perchè, ancorché cia-
scuna Tavola presa a parte, e separata da questa
unione, o per così dire, da questa enciclopedia
di Sagramenti, sia comunemente considerata co-
9«
me una Istoria completa, e independente dal re-
sto, nientedimeno la principiile intenzione del
nostro Pittore essendo stata di formarne un corpo
mistico, composto di sette membra sacrate (che
è la più nobile idea, che. potesse nascere nel pen-
siero d'un Pittore cristiano, e che gli è sì parti-
culare, che e* non par punto, ch'ella sia venuta
a alcun altro avanti a lui) s^è studiato di farne
un capodopera, nel quale si mostrasse talmen-
te padrone, e maestro de'suggecti, eh' e' tratta,
che de' più sterili, e de' più semplici, si vedesse,
ch'egli ne sapeva fare altrettanti de' più ricchi,
e magnifici ; non avendo bisogno la fecondità del
suo ingegno d'alcuno aiuto venente dalla parte
della materia; il che tuttavia pare a prima vista
così incredibile a dire, come e' par vero, ed è
visibile in quest'Opera per l'egualità, eh' egli ha
introdotta con tanca arte in ciascuna parte, che
niente vi domina; perciocché questa uniformità
di perfezione è un effetto dell'ultima eccellenza,
ove l'uomo possa aspirare.
Io pensava finire per questa dimostrazione , che
gli sarebbe certamente stata gloriosa, in mettendo
una di quelle sette Composizioni in parallelo d'un
simil siiggetto trattato o da Lionardo da Vinci, o
da Raffaello, perchè dopo questi due gran Capi
de'Pittori moderni , non bisogna più cercarne d'al-
tro, capace di questa nobile contesa. Ma di-
poi, avendo ben considerato, che queste manie-
re di comparazioni sono quasi sempre odiose,
amo meglio lasciarne fare il giudizio a ciascuno,
senza niente decidere in questo luogo; conten-
tandomi solamente di dire, che io aveva gettati
^3
gli occhi a questo effetto sulla principale Opera
di Lionardo da Vinci , cioè a dire su quella fa-
nfiosa Cena di nostro Signore , eh' e' fece a Milano
al tempo del Gran Re Francesco Primo, la qua-
le ebbe un tal successo per la fortuna del Pittore,
ch'ella gli fruttò la buona grazia di quell'illustris-
simo Monarca, che gli fece l'onore di chiamarlo
alla sua Corte, e di trattenerlo sempre dipoi al
suo servizio. Ora noi abbiamo nella Parrocchia
Reale di S. Germano a Parigi una eccellentemente
buona copia di questa Cena, che alcuni credono
esser di propria mano di Lionardo da Vinci.
La medesima Storia è stata ancora trattata di-
verse volte da Raffaello, e tutto si trova in istam-
pa , che è un modo assai comodo per poterne fare
il paragone con quella , che noi abbiamo nell' O-
pera de' sette Sagramenti del nostro Pussino.
Ma per venire a questa delicatissima critica
colla richiesta circospezione, seguendo sempre la
bussola de' nostri principj, bisognerà ricordarsi,
avanti a tutto, di quale importanza noi abbiamo
stabilita in essi l'osservazione del Costume, nel
qual consiste il principale magistero della Pittura,
e che n' è per così dire, l'anima ragionevole;
come che il resto del meccanico, il colorito, e
la delineazione delle figure, ne fa semplicemente
il corpo co' suoi organi. Di maniera che senza
l'intelligenza di questa prima parte, niente non
può esser buono agli occhi de'savj, che son sem-
pre più offesi degli errori di giudizio, e dell'om-
missione delle circostanze essenziali, e necessa-
rie all'Istoria, che si rappresenta, che di ciò, che
potrebbe essere difettoso nella parte meccanica.
9^ ,
Ecco II nodo di nostra questione, che non sarà
sì malagevole a discione , allorché uno sarà pie-
namente instrutlo delle cirimonie della Cena, e
sopra tutto della maniera , con cui si mettevano
a tavola in quel tempo; che è in questo luogo
una considerazione molto importante, e senza la
quale è impossibile di concepire in che maniera
S.Giovanni poteva posare la sua testa sul petto
di nostro Signore. Perchè nella positura, che si
vede in alcune tavole, vi è una indecenza, che
non si può mai scusare.
In conseguenza di questa grande, e principale
osservazione (di cui tutta la gloria è veramente
dovuta al nostro saggio, e giudiziosissimo Pussi-
no, poiché avanti di lui non si trova, che ella
si^ stata messa in opera per alcun Pittore) biso-
gna, che paia ancora visibilmente, che, come
questa azione si fece di notte, le figure non siano
ancora illuminate, se non d* un lume artificiale;
perchè senza questo qual verisimilitudine, o qua-
le conformità vi avrebb'egli, della Cena alla rap-
presentazione di essa? Ora questi due punti sono
talmente essenziali, e necessari , che uno non se
ne può dispensare, senza fare una mancanza ine-
scusabile centra il Costume .
Appresso queste due rigorose osservazioni si
potrà passare ad altre ricerche meno importanti,
ma che nuHadimeno non lasciano d'aver bisogno
d'essere accompagnate da certe circostanze da
osservare; senza le quali rimarrebbe qualche cosa
a desiderarsi ; come se nel force della commazlo-
ne, che si sollevò fra gli Apostoli, quando nostro
Signore gli ebbe avvertiti, che alcuno di loro do-
veva tradirlo quella notte medesima, si vedesse
S. Giovanni riposante, e similmente addormen-
tato sui costato di nostro Signore, senza mettersi
in pena cogli altri; questo sarebbe un contrattem-
po affatto svantaggioso a questa espressione. Ed
io apposta fo nota di questa assurdità tra le altre,
perchè ella è ordinaria al comune de* Pittori, e
perchè medesimamente è scappata a Alberto Du-
ro in una delle sue Stampe; benché questo gran
Maestro abbia avuti pochi pari nella sua Profes-
sione; salvo nondimeno, ch'egli non s'intende-
va molto della cosa del Costume.
Sarebbe similmente una trascuraggine assai no-
tabile, collocare S. Giovanni altrove, che allato
a nostro Signore, poiché altrimenti non avrebbe
potuto riposare sopra M suo petto, il che è espres-
samente notato nell'Evangelio.
Si continuerà similmente d'esaminare simili
cose, che faranno conoscere incontanente, qual'c
r ingegno, e '1 giudizio del Pittore; dopo di che
sarà giusto il pronunziare in favore del più inge--
gnoso, e del più corretto sopra '1 Costume; all'e-
sempio di que' celebri Arbitri dell'antichità,
de' quali abbiamo fatta menzione , a' quali noi non
siamo manco obbligati di quegli , che essi hanno
immortalati ne' loro scritti, poiché per la descri-
zione, eh' egli hanno fatta di loro Tavole, cofi di-
scorsi eccellenti sopra il merito, e sopra la qua-
lità de' diversi genj di que' famosi Pittori della
Grecia, hanno conservata l'idea della perfezione
dell' Arte , che non sarebbe più conosciuta in og-
gi , se essi non fossero stati .
In questi be' libri il nostro illustre moderno
Niccolò Pussino si è cosi bene ammaestrato, e
conformato a' più celebri antichi per l'avvantag-
gio straordinario, ch'egli ha avuto d'avere studia-
to nelle lettere umane avanti di prendere il pen-
nello, il che è presentemente altresì raro tra' Pit-
tori, come egli è assolutamente necessario a co-
loro, che aspirano alla perfezione dell'Arte; per-
chè giacché la Poesia, e la Pittura non sono che
una medesima forma di genio, e ch'egli è certo,
che per esser Poeta, non basca fare versi ben mi-
surati , con parole aggradevoli all'orecchio, se
ciò, che si dice, non è ancora qualche cosa sa-
via, ed ingegnosa, così segue, che nella scuola
della Pittura colui, che non applica il suo inge-
gno, che a disegnare sur un modello, e che ap-
poggia tutto '1 suo studio sul pennello, non sarà
mai se non un artefice meccanico indegnissimo
della qualità di Pittore , come quell'altro non
passa, se non per un semplice versificatore.
Sicché al servizio di questa nobile, e gloriosjk
principessa dell'Arti la Pittura, che è tutta spi-
rito, bisogna avere talenti, e cognizioni straordi-
narie per ardire di pretendere all'onore della sua
buona grazia: e quelli , che per la bassezza, e la
gravezza di lor natura non si possono elevare più
alto, che la parte meccanica, rassomigliano a
quei malvagi Cortigiani di Penelope, i quali non
avendo lo spirito d' insinuarsi favorevolmente
nella sua conversazione particulare, né assai di
destrezza, o di merito per rendersi considerabili
appresso di lei, restavano addietro a' più galan-
ti , e erano ridotti a corteggiare le sue serventi.
FINE.
RIFLESSIONI
SOPRA
MICHELANGELO BUONARROTI
DEL
CAV. ONOFRIO BONI
IN RISPOSTA A QUANTO NE SCRISSE
ROLANDO FREART
SIC, DE CHAMBRAY NELl' OPERA
Idée de la perfection de la Peinture etc.
Suos autcm hacc opcrum genera , quae dico, ut auctores ,
sic ctiam amatores habent .... ac nescio , an ars ulla
( perfecta sit) non solum quia aliud in alio magis e-
minet , scd quod non una omnibus forma placuit.
Quinci. //2if. orat. lib. 12. cap. IO.
ALL OTTIMO VESeilATI'STMO AMTCO
IL SiG. GIO. BATISTA LODOVICO
SEROUX D'AGINCOURT
IL Cav, Onofrio Boni
Firenze 5. Dicem. 1808.
la inedita traduzione in lingua Toscana fatta
dal celebre nostro Salvini dell'opera, che ha per
titolo: lde<^ de la pcifection de la Peinture , de-
moni ree par les pimcipes de f An , et par des exem-
ples par RoLind Freari , Sieur de (Jiambray etc. e
che Voi possedete nella scelta vostra collezione
di libri di Antiquaria, e di belle Arti , mostra quan-
to fosse tenuta in picgio anche in Italia, appena
comparsa alla luce in Francia nell'anno tó^-»
L'autore era già celebre per l'opera intitolata:
Parallele e l' Archi tecnire antique, et de la mo-
derne y era l'amico di M.Errard direttore dell'Ac-
cademia di belle Arti a Parigi , prescelto da Luigi
il Grande a stabilire, e dirigere l'Accademia di
Francia in Roma; era l'amico del pittor filosofo
Francese , del vostro Poussin , cui Voi avete dopo
tanti anni renduco il meritato onore, ergendogli
un cenorafìo nel Pantheon presso quello di Raf-
faello, e di Annibale Caracci.
4
Non potendo a meno di non interessare ogni
colto dilettante, e di non giovare ad ogni Artista
questo breve trattato di pittura, pieno di solidi
precetti , e di fino giudizio, si è pensato di pub-
blicarne in Firenze l'accennata traduzione. Po-
tranno solamente dispiacere in essa alcuni tratti
contro Michelangelo Buonarroti , che V^oi collo-
cate tra i primi luirìinari della rinascente pittura
nella vostra Storia delle belle Arti dalla decaden-
za al loro risorgimento, di cui Italia tutta anela
la pubblicazione . Sembia, che Rolando Freart fos-
se a'suoi giorni quello, che a' nostri e stato Fran-
cesco Milizia, che nella sua Roma delle belle Ani ,
e ncW Arte di vedere ec. con occhio sì torvo, e
sprezzante guarda il Buonarroti. Ne più gentil-
mente lo guarda il Cav. Azara ne' suoi commenti
e nelle sue note alle opere del Mengs , il quale
tanti magnifici elogi ne tesse in varie parti delle
medesime , dandogli in una parola il vanto di a-
vere il primo segnato alla rinascente pittura col
celebre suo cartone della guerra di Pisa , e poi
colla volta della Cappella S'stina , le vie dello sti- ,
le grandioso, e sublime. Dobbiamo però ricordar-
ci , che il Milizia , ed il Cav. Azara erano amici ,
e per quanto avessero estesa , e varia suppellettile
di cognizioni di ogni sorta , credevano troppo
all'imperio della fredda filosofia sulle Arti di genio.
Ma se la vera filosofia consiste nel dare a ciascu-
na cosa il giusto valore , ben mi rammento quanto
Voi più degno estimatore, e giudice di belle Ar-
ti, che avete ancora esercitate, come attestano
le vostre spiritose Acqucf.)rti, mi scriveste alcuni
anni indietro. Neil' incaricarmi di farvi disegna-
5
re quegli abbozzi pr*jssochè informi di Michehin-
gelo collocaci era le spugne, e nicchie manne,
che iivestono una grotca di questo giardino di
Boboli , rappresentanti schiavi maggiori assai del
vero, destinati ad ornare il sepolcro di Giulio II;
mi raccomandaste sopra tutto, che il disegnatore
non gli privasse di quella vita, di quell'anima,
che hanno; onde mirandoli sembra, che quasi
per magico incanto escano da quei tartari, da
quelle conchiglie vive persone ; cosa in vero ma-
ravigliosa. Poiché non è nuovo, che un uom di
fantasia colla penna nella carta, collo stecco nel-
la creta molto esprima con pochi tratti , potendo
una mano veloce, nel bollore delle idee tutte se-
guirle, come nel canto estemporaneo la parola
segue l'estro del poeta. Ma in modo affatto op-
posto procede la cosa nel marmo, che prende
lentamente forma per mezzo di replicati colpi.
Non sono che gli ultimi, i quali serba a se il
professore , che infondono nelle statue quello spi-
rito, quel moto , di cui egli è capace . Si può dire
pertanto, che Michelangelo nelle sue opere, che
tutte di sua mano conduceva, incominciasse ove
gli altri finiscono.
Quindi Voi sicuramente npn ammettete al Si-
gnor de Chambtay, che la stima pel Buonarroti
sia fondata in una preoccupazione ci' inielletto sì
strana y che certamente non ha potuto venire , che
dalla cabala d* ingegni malfatti, come quello di
A^ichelangelo , i quali sono sempre in più gran nu-
mero , che gli altri -^ e questo è quello , che ha dato
luogo al proverbio, Asinus asino pulcher, perche
ciascuno si compiace naturalmente di vedere il suo
6
simile. Veramente a questo segno non arrivò mai
iJ cinico Milizia. E quali ingegni mai ci sommi-
nistra Ja storia pittorica simili a quello di Mi-
chelangelo, che per sostenere la propria, abbia-
no per tre secoli colla cabala sostenuta la riputa-
zione di lui? Permettetemi, caro, e rispettabile
Amico, che usando dell'antica confidenza ^ e li-
bertà, con cui per tanti anni, ragionando tra noi
di belle Arti, ci svelavamo a vicenda le nostre i-
dee , e figurandomi di esser con Voi nell'ameno
vostro giardinetto sul colle Pmcio, da cui goden-
do della superba vista della citcà, apparisce la
Cupola di Michelangelo signoreggiar tra tant' ec-
celse moli di Homa, qiial tra i monti della Tes-
saglia l'Olimpo; io vi esponila le iiflessi(ini , che
leggendo Io Scnttor Francese mi sono passate per
la mente. Potrebb' egli f.icilmente indurre in mol-
ti errori quei dilettanti delle belle Aiti, che non
le hanno alquanto trattate per conoscerne a fon-
do il meccanismo, come mi sono io ingegnato
nella mia gioventù di fare, eserciciindole tanto da
farne da me retto giudizio, e conoscendone il
meecaijismo. Mi sarà però di scorta nella difesa
dell'Artista Fiorentino non già il mio sentinìen-
to, ma quello assai più rispettabile del pittor fi-
losofo de' nostri giorni , Raffaello Antonio Mengs.
I.
Piano dell'opera del Freart .
Per richiamar la pittura all'antico splendore,
comincia il Freart ad indicarne le parti, secon-
do la divisione fattane dal celebre trancesco Giù-
7
ino(0 , che sono Invenzione, Proporzione , Aioio ,
o passione, e Collocazione , o sia l'economica di-
sposizione di tutta l'opera. Dopo aver data una
breve spiegazione delle medesime, passa ad esa-
minare, come il gran Raffaello le abbia maneggia-
te in grado eccellente, ragionandone sopra alcu-
ne stampe delle sue opere incise da Marcantonio,
che essendo per le mani di tutti, possono più fa-
cilmente persuadere il lettore. Quindi contrappo-
nendo a queste la stampa del Giudizio universale
di Michelangelo, conclude esser questi l'antago-
nista de Pittori antichi , ed il corifeo • i tutti i
moderni (mtendQ dei licenziosi, e libertini): ag-
giungendo in appresso , che Raffaello, e Michelan-
gelo hanno tra loro un' antipatìa sì generale, che
ciò che fa per V uno nuoce all'altro-, e si potrìa
dire in verità , che uno è il buono , e /' altro il cat-
tivo angelo della pittura .... e se la grazia e stata
uno dei principali talenti del primo, pare che r al-
tro abbia preso in prova di parere rozzo , e mal-
grazioso per una certa durezza affettata ec. Ma
chi mai, anche mediocremente versato nelle bel-
le Arti, non si sente muovere a ira da tali, e al-
tre simili espressioni? Soffralo in pace il Freart:
egli, perchè troppo prova, non prova niente, co-
me dicono i logici , ne qualche difetto di Michel-
angelo, o di Raffaello, o d'altri, può farli deca-
dere dal sublime grado in cui i contemporanei,
e i lor successori giustamente gli collocarono.
Veniamo alle prove .
(i) Fiancisui lunii de Pictura veteium Lib. 3- Gap. i.
8
IL
Imperfezione de* giudizj desumi dalle Stampe.
Il giudicare del merito di un pittore dalle stam-
pe è un metodo assai fallace, ed incerto, man-
cando queste di una delle principali, e più diffi-
cili parti dell'arte, senza di cui, a rigorosamente
parlare, non vi è pittura. E' questa il coloiito,
che tanto di'etto ci reca colla verità, coll'armo-
nìa, colla illusione, senza del quale ogni più ec-
cellente chiaroscuro a fionte di un quadro colo-
rito, sembra un poema in prosa, in paragone di
quello, che è scritto colla melodìa del metro,
coU'arguzia della rima. Diceva il Poussin fn , es-
sere i colori quisi lusinghe per persuader gli oc-
chi, come la venusta de' versi nella poesia. E se
la pittura tanto diletto ci reca colla imitazione
degli oggetti , il colorito avrà sempre la maggior
parte in questo prodigioso, e dolce incanto. Dal
pittore più eccellente coloritore, al più debole, in
parità di estro, di disegno, di espressione, corre
la medesima diversità, che dal poeta, il quale
sappia lumeggiare i suoi concetti con frasi , ed
epiteti più vivi, a quello, che più debolmente gli
esprima. Ma e che sono mai le stampe, se non
copie imperfette a chiaroscuro dei quadri? Ar-
rivò il bulino a tal finezza dà farci distinguere
rasi, velluti, armature, biancherie di varie sor-
te, e cose simili; ma non può mai rappresentare
la vaghezza, e l'armonia del colore: e rare volte
(i) Bellori, Vite de' Pittori, Scultori , t«l Architetti.
9
esibisce i! vero tuono generale del chiaroscuro
dell'originale . Per chi non avesse vedutola Ma-
donna della Seggiola, sarebbe ben difficile farsi
un' idea del brillance tuono di quel quadro dall' ul-
tima stampa fiittane in Firenze , come ninna può
farsene da chi non vide l'originale, del sangue,
che scorre sotto la bianca pelle della Venere di
Tiziano incisa a Londra. Eppure queste stampe
sono di due de' più eccellenti copiatori delle pit-
ture in rame, che mai vi sie^io stati, i Signori
Morghen , eStrange. Pel solo coloi ito Tiziano sie-
de nei pi imi scanni allato a Coreggio, e RafFa-
elle nel celebre tiiumvirato della rinascente pit-
tura formato dal Mengs(0; e la scuola Fiammin-
ga, anche colle più triviali composizioni, forma
pel solo colorito la delizia di tanti amatori in-
telligenti, e di fino gusto. Vi è ancor di più. Si
paragonino insieme le stampe delle opere de' mi-
gliori coloristi Veneziani , e Fiamminghi con quel-
le de' pittori di seconda, e terza classe di scuola
Romana, e Fiorentina. Per la parte delia corre-
zione del disegno, della eleganza delle forme,
della nobiltà della composizione, questi secondi
di quanto non vincono i primi? Saremmo dalle
stampe costretti a confessare, che Tiziano , Pao-
lo Veronese, il Rubens debbono cedere ad An-
drea Sacchi, a Pietro Testa, a Carlo Maratta,
all'Empoli, a Santi di Tito, e ad infiniti altri.
Non è però così nelle gallerie. Un quadro di
Tiziano, di Paolo, di Rubens trae immediata-
(l) Riflessioni sopra i tre gran Pltteri Raft'aclle , C<>reg
gio , e Tiziano «e.
10
mente a se Io spettatore, Io rapisce, lo incanta,
ed appena gli permette un'occliiata allo fredde
studiate opere dei secondi. Così Longiiio(0 pa-
ragonando il fiiocoso , l'impetuoso Demostene
collo studiato, e vago Iperide, osserva, che que-
sti, benché pieno di bellezze, lascia in quieto l'u-
ditore, e ninno che lo legge si raccapriccia, o
spaventa.
Qualora però si volessero giudicare due pitto-
ri dalle stampe nelle parti dell'Aite, che pos-
sono mostrare , converrebbe alla giustizia, che
quelle fossero di egual merito. 11 Freart sottopo-
ne per Raftaelle agli occhi del suo lettore tre
stampe delle di lui più celebri opere, intagliate
Sopra i disegni, e quello che più importa, sotto
gli occhi di Raffaello da Marcantonio Raimondi,
Nulla di più squisito per la parte del disegno, e
della espressione. Equivaglion.o ad un coiitorno
di mano di Raffaello, e per questo saranno pres-
so i veri conoscitori nella più alta stima, malgra-
do la finezza maggiore, ed il più eccellente ac-
cordo dei bulini moderni, che per la parte del
disegno per lo più si affidano all'altrui mano.
Michelangelo non ebbe mai la fortuna di esser
copiato in rame da un Marcantonio nella volta
dellaSistina , e nel suo Giudizio universale. Solo
ai nostri tempi i defunti professori Volpato, e
Cunego incisero sopra eccellenti disegni del Si-
gnore Stefano Tofanelli alcune figure della detta
volta, e ultimamente il Signor Corrado Metz ia
quindici gran, fogli di carta detta papale, con
(i) Del Sublime Sez. H-
I f
molta lode ha intagliato il Giudizio universale (0.
Le incisioni di questa picru:a, delle quali potea.
servirsi il Frcart , sono una u; forma grande, ed in
più pezzi di i\Ì.G. (forse Matteo G cuccr) un'al-
tra di Lionardo Gaukier , o del Bonasom , o del du
Perac; e un'altra più piccola di Gio. Batista de'
Cavai eri , ed una piccolissima di Martino Rota,
tutte inferiori assai al bulino dei Raimondi.
La vfra maniera di giù licaie del mento dei
pittori è quella, che ai tempi del Fieart si costu-
mava in Fi ancia, con più senno, e giustizia,
adunandosi ogni settimana i professori dell'Ac-
cademia R. di Pittura, e di Scultura nel gabinet-
to del He, esaminandone i quadri più scelti, e
conferendone insieme i giudizj , che per istruzio-
ne della gioventù si pubblicavano poi nella lin-
gua nati va (^) . Così il Mengs ab nostri giorni sulle
pitture del Vaticano, su quelle di Parma, e di
Venezia, e sopra tante altre tele vedute, ed esa-
minate nelle gallerie d'Europa, ha saviamente
pesato il me! ito di Michelangelo, di Raffaello,
di Coreggio , e di Tiziano , come risulta dalle sue
opere , nelle quali il Professor Fiorentino appari-
sce non già il fanfanone della pittura, (come Io
chiama il Freart,) ma il Maestro di tutti i moder-
ni, ai quali mostrò il primo le vie del grandioso,
e sublime nell'Arte già da tanto tempo rinata;
gloria nell'antica etade dei soli Greci, cui non
(i) Memorie Enciclopediche Pvomane sulle belle Aiti T. 3.
pag. IO+.
(2) Vedi Confoence-'i de V Academie Royale de pciucuic, it
de sci.Ii>tut€ . Pai is i66(^.
12
arrivarono mai , testimonio Strabone(0, ne gli
Egizj, né gli Etruschi.
III.
La Fama del Buonarroti e fondata nel suo. vero
merito, e non già nella falsa prevenzione.
Ne è meno ingiusto l'ascrivere la fama di Mi-
chelangelo a cabala dei pittori, che il Freart chia-
ma libertini, e licenziosi, quasi volessero colla
di lui autorità coprire i proprj difetti , app'ican-
doli con tanta villania, e merzogna qutW Asmus
asino pu'cher. Complonsi tre secoli in questi an-
ni , dacché egli dipinse la volta della Capp . Ha
Sistina, che non solo formò l'ammira/ioMe del
secolo d'oro della pittura, ma è stata costante-
mente sino al presente studiata, e riputata qual
canone dell'Arte, come anteriormente il suo fa-
moso cartone , che col suo grido chiainò a Firen-
ze tanti pittori; e tra questi il giovine Kafifael-
lo(i). In una parola il primo suffragio, che ot-
tenne Michelangelo fu quello del Sanzio, e l'ul-
timo a' nostri dì è stato quello del Mengs non
coetaneo, né emulo, né Italiano, né suo scolare
(i) Gcograf. lib. 17. Di-tin^ue nella scultura Greca lotti-
le antico dal più moderno . ed al piimo assomiglia le scultu-
re egizie, e Toscane, come confermano i monumenti , ec-
cetto quei pochi dei tempi poi-t«riori allo .«.tile moderno dei
Greci. Si pos»ono le opere greche del primo stile, le to-
scane, e l'egizie al più metter del pari con quelle dei no-
stri qua^ttrocentisti.
12) Vedi Co molli ^ Vira inedita di Raffaelle da U'hino^ edi»
zione 2. Nelle note ha illustrato con evidenza questo punt©
«li Storia Pittorica.
.'3
come il Condivi, ed il Vasari. II primo ringra-
ziava Iddio di esser nato a tempo del Buonarro-
ti , vedute appena le di cui opere , comprese po-
tersi in pittura andar più avanti della semplice
imitazione della natura, cui in grado eminente si
era addestrato sotto il Perugino , e corresse il suo
stile piccato y e trito, e abbandonò la sua meschi-
na maniera, com^ francamente dice il MengsiO.
Volle di più esser suo rivale nell' incendio di
Borgo, e nella disfatta dei Saraceni al porto di
Ostia , dipinti ncH' ultima delle sue stanze al Va-
ticano, nelle Sibille della Pace, e nel Profeta I-
saja in S. Agostino , opere tutte posteriori al car-
tone di Firenze , fatto nel 1504, ed alla volta del-
la Sistina, il primo magnifico esemplare dipinto
di stile grandioso comparso in luce nell'an. 1510,
prima che Raffaello incominciasse le mentovate
sue stanze. In fine componendo questi in ap-
presso del suo puro, graziosissimo , e del gran
stile di Michelangelo una terza maniera, dipin-
se le ultime sue cose, tra le quali la stupenda sua
Trasfigurazione (-) . Avrebbe mai potuto Raffaello
negar la sua stima a chi avealo condotto colle
sue opere alla perfezione dell'Arte?
Ascoltiamo adesso il Mengs,che ne' suoi scrit-
ti tanti elogi tesse al Buonarroti. Se ne accenna
qualche difetto non già d'arte, ma di gusto, que-
sto è in comparazione degli Antichi, a' quali ri-
(t) Riflessioni sopra i tre gran Pittori pag. !38.
(2) Men(y.«, Riflessioni sopra i tre gran pittori, Tom. L
pag. 1 33. 14? . ec. e Lettera ad un Amico , sul principio, pro-
gresso , e decadenza delle Arti del disegno , Tom. II. pag.
i«i , 114. ec.
conosce inferiore Io stesso RafFacIlo. E primiera-
mente lo trova vicino al sublime degli antichi
nei concetti, e nell'invenzione. Gli assegna il
primato nell'intelligenza dell'Anatomia, per cui
giunse ad immortalarsi, e negli scorci da niun
pittore prima di lui arditi, come si vede nel Gio-
na, e in tante altre figure della volta della Sisti-
na, / / cui mostrò 2:t\in iosità nel timo .esaitezza.
nei concorni y intelligenza nelle forme, un gran ri-
lievo , e sufficiente varietà , di cui allora non si a-
vca giusta idea. Né qui .si arre^ta il Pitror filo-
sofo. Michelai];.{elo già superiore al Gnllandajo
suo Maestro, vedute le cose degli antichi Greci
col citato suo cartone in emulazione di quello di
Lionardo da Vìnci, diede un nuovo aspetto alla
pittura , che in quel secolo pervenne al piìi alto
grado di pei lezione, cui i moderni r hanno porta-
ta, avendo acquistato per esso la fierezza dei con-
torni, le forme dei pili robusti corpi , e la somma
grandiosit i : per Raffaello r invenzione , la compo-
sizione, e l' espressione ; per Tiziano il colorito;
pelCoreggto la delicatezza , e la degradazione dei
chiaroscuro (0.
Non parlerò della stima, e venerazione goduta
da Michelangelo nel tempo di mezzo . Piccola non
dovea essere a' tempi del Frearr , che scriveva un
secolo dopo la di lui morte, giacché tanta pena
si óa. per annientarla, accordardogli al più l'o-
nore di eccellente disegnatore. Pure il centena-
rio possesso solev' assicurare qualunque pacifico
diritto; né durano tanto nelle lettere, e nelle
(0 Vedi Mcngs, Lettera ad un Amico pag. ti 3. 117.
Arti le bellezze passeggieie della moda , mutando-
si in un secolo per tre volte le umane generazio-
ni. Dirò uoio con Longino (0, che s^ grande, e
sublime è quello, die molto dà a pensare, cuiedif-
jìeile , anzi impossibile dì resistere , che non si
scorda, che piace sempre , e a tutti di qualunque
età, professione , studio , ed ajfetto ; grandi, e su-
blimi sono le opere dell'Artista Fiorentino, che
può degnamente sedere allato all' Urbinate . E chi
veduti i depositi Medicei, il Mosè, le immagini
del Creatore dipinte nella volta della Sistina non
si sente compreso da canta maestà, e pieno di
tanta venerazione da credergli personaggi di un
ordine superiore all'umano, e quasi per rispetto
e timore , appena ardisca fissarvi lo sguardo?
IV.
Nella Pittura è piì^i necessaria la parte meccanica ,
che la filosofica .
Potrebbe il Freart indurre ancora i non eser-
citati nella pittura in un altro errore di giudizio,
dando egli alla parte filosofica della medesima
troppo valore in paragone della parte meccani-
ca,-onde ogni dilettante possedendo la prima,
che s'impara su' libri, facilmente creda poter con
senno ragionare della seconda, che tanto studio,
e fatica richiede. L'oggetto di quest'Arte incan-
tatrice è il dilettare per via della imitazione : né
(i) Del Sublime Sez. 7. Traduzione di Anton Francesco
Gori .
i6
s'imitano bene gli oggetti, senza un perfjtto di-
segno, un verace rilievo per mezzo del chiaro-
scuro, ed un eccellente colorito. Tutto qu'-sto
non è che meccanismo; pur è la più necessaria,
parte della pittura, mancando la quale non può
l'artista rappresentare le sue idee, ed i suoi con-
cetti, che ne formano la parte filosofica. Vuoisi
certamente per questa seconda molto talento, e
immaginazione grande, e come parto dello spiri-
to sembrerebbe doversi preferire alla parte mec-
canica. Ma quello che è vero nella oratoria, ed
in poesia, non è poi tanto vero nella pittura. I
mezzi, coi quali l'oratore, o il poeta espone le
sue idee , i suoi concetti , sono le parole, o sciol-
te, o legate dalla misura del verso, e dalla rima.
I mezzi , che adopra il pittore , sono disegno , chia-
roscuro, e colorito in mille guise modificati. Or
questi mezzi sono tanto più dixficili dei primi,
quanto è distante il dire dal fare; l'udire un rac-
conto, dal vedere, e toccar con mano un fatto.
Un quadro bene inventato , e pieno di pelle-
grine immagini, sark sempre un cattivo quadro,
se non è ben disegnato, ben rilevato col chiaro-
scuro, e ben colorito. Così nelle Arti salutari per
la difficoltà della esecuzione , si stima, almeno
quanto il più valente, e dotto teorico, il chirurgo,
che sappia meglio manegf^iar gli strumenti, ed
il medico di lunga esperienza. Così nella fisica,
e nell'astronomia acquistano rinomanza grande,
eguale a quella degl'inventori coloro, che sanno
ben maneggiare i telesopj nelle specole, o le
macchine per i fisici esperimenti nei gabinetti.
Molto meno può accordarsi al Freart, che la
convenienza delle circostanze, che accompagna-
no un'istoria, e che in oggi piace chiamar Co^
5ru/ne, influisca poi tanto al merito intrinseco di
un'opera, onde l'ultima cena di G. Cristo del
Poussin, quantunque rappresentata coi convitati
distesi su' lettisterni , secondo l'uso di quel tem-
po, e a lume di notte secondo il sacro testo, sia
preferibile a quella celebre di Lionardo da Vin-
ci a lume di giorno, e coi convitati sedenti. Io
non so dov'egli fondi quella rivalità in belle Arti
tra gl'Italiani, e i Francesi, per cui crede non
stimato tra noi il Poussin quanto merita. E com'e-
gli lasciò la Corte di Luigi XIV, ove tante distin-
zioni ricevea,per tornare inonorato a Roma, vi-
vervi per tanti anni sino alla morte, e come in
Roma senza stima potè aver l'onore di un quadro
nel tempio Vaticano? La storia tutta (0 depone
contro il Freart. Sembra,omai decisa la superio-
rità della Italia nelle belle Arti dal consenso ge-
nerale delle altre nazioni, e della Francia stessa,
che se abbondasse di questi suoi nazionali pro-
dotti, e così perfetti come i nostri, non ne ave-
rebbe recentemente portati tanti degl' Italiani pit-
tori, e con gravi spese, a nobilitar Parigi. Quan-
do poi vennero in Italia professori oltramontani
di merito vi furono sempre rispettati, e distinti
con illustri commissioni, come attestano il su-
perbo bassorilievo di Mr. le Gros in S. Ignazio di
Roma, in cui ha mirabilmente espresso quasi in
angeliche sembianze S. Luigi, che vola in cielo;
Ja bella statua del moribondo, e devoto S. Sta-
(i) Bellori, Vita di Niccolò Poussin ,BaIdinucci,Notiz. de*
Profess. del Disegno , tom. i^.
i8
nisKio in S. Andrea a Monte Cavallo, lavoro del-
lo stesso scalpello; la stitua colossale di S. An-
drea nel Vaticano di Fiancesco di Quesnoy; e
tante altre opere di Artisti stranieri, esistenti in
Italia.
Ma tornando al costume, la Natività di G. Cri-
sto di Alberto Duro , che il Freart cita , con S. Giu-
seppe colla corona in mano, benché meglio sa-
rebbe stato non aver ciò fatto, non diventa per
questo anacronismo né migliore , né peggiore.
Così nulla toglie alla gloria del primo quadro
dell'Europa , cioè della Trasfigurazione di Raifael-
lo, esservi S. Lorenzo, e S.Stefano in atto di ado-
rare quel mistero; ne alla gloria di Tiziano nel
bel quadro dei Francescani di Venezia, e poi del-
la Galleria Pontificia r a verv' introdotto una con-
versazione di Santi, non già nelle nuvole, e in
gloria, ma posati in tciya tra ruderi di fa bbiiche,
come se fosser coetanei, ove sono S. Sebastiano,
e S. Antonio, tra i quali corrono circa mille anni.
L' Eneide di Virgilio sarà sempre un modello di
perfezione, malgrado esservi introdotti gli amori
di Didone con Enea ad essa anteriore di più se-
coli. Non è inutile al vantaggio delle belle Arti
ripetere cose assai note, e chiare in un tempo, in
cui il pedantismo filosofico ha voluto metter d'ac-
cordo due gran nemici, la filosofia, e l'entusiasmo
produttore di ogni più eccellente volo di fantasia,
anzi sottoporre il secondo all'imperio della pri-
ma, rompendo quella dolce cospirazione di natu-
ra, e di arte, per cui produconsi cose mirabili
poetiche, e pittoriche.
E per meglio convincersi, che avendo il Freart
fissato per modello dell'ottimo in pittura, e con
ragione, Raffaello, propone a torco per l'opposto
termine delia comparazione il Buonarroti, si esa-
mini questo in ciascuna parte dell'arte, secon-
do la divisione del Mengs, la quale venendo da
pittore scienziato sembra doversi preferire , co^
me più chiara, f.ìcile, e nota ai professori , a
quella del G'unio grandissimo letterato, ma non
pittore, ch.^ adottò il Freart. La divide il iMengs
in Disegno , Chiaroscuro y Colorito, Composizione ,
ed Ideale , ed in ciascuna parte esamina il merito
dei tre gran luminari della rinascente pittura,
Raffaello, Coreggio, e Tiziano. Parlano in so-
stanza ambedue questi autori in diverso aspetto
delle stesse cose, come con altra divisione più
breve ne avea già parlato molto prima del Giu-
nio Leon Batista Alberti (0, collocandone più
parti sotto la stessa denominazione.
V.
Disegno di Michelangelo,
Se la perfezione del disegno consiste nella cor-
rezione , cioè nella esatta rappresentanza per via
di linee della forma di un corpo in quella situa-
zione , in cui si presenta alla nostra vista , il
Buonarroti nuli' ha da cedere a Raffaello. Nato
ancor esso nell'infanzia dell'arte, pose per la pri-
ma pietra del suo edifizio una gran giustezza
d'occhio, pel cui mezzo si rappresenta a mano
quello, che nella prospettiva lineare si eseguisce
(i) Trattato della Pittura .
20
per via di regole geometriche , volendo segnare
in carta, o in tela una sezione della piramide vi-
suale , che altro non sono i contorni di qualun-
que oggetto. Le poche teste dibcgnate dal vero,
e conservate nella gran coUez'one dei disegni
dellaGallcria Fiorentina ne fanno testimonianza,
come della estrema diligenza , e pulizia con cui
sono ombreggiate. L'intelligenza granile dell'a-
natomia conferì moltissimo alla perfezione del
suo disegno, al quale forse alcuni rimproverano,
e tra questi il Mengs. una scienza troppo visibile
dei muscoli quasi tutti in azione, e niunoin riposo.
Ammesso a studiare negli Orti Medicei dal iMa-
gnifico Lorenzo , anzi per la chiarezza del lignag-
gio, e pei suai talenti ammesso piuttosto nella
famiglia di quel gran cittadino tra i suoi figli,
comprese dalle statue antiche ivi conservate, esi-
gere la bellezza nelle Arti qualche cosa di più di
una esatta imitazione. Opina il Mengs, che ne
credesse tutto il segreto riposto nella scienza a-
natomica, in cui fu profondo, e s'immortalò,
benché non trovasse la bellezza degli antichi.
Quindi ninno più di lui, tranne pochi anni dopo
il Coreggio , seppe la scienza delle forme , e la co-
struzione del corpo umano, e l'entrare, e l'uscire
dei muscoli, e far nascere i contorni dalle forme
del corpo (0. Non lo spaventarono dunque con sì
gian corredo d'Arte, ne le proporzioni gigante-
sche delle sue figure quasi doppie del vero nella
volta della Sistina , né gli scorci , che v' introdusse ,
(i) Mengs, tom. II. p^j^ loi. Lettera nd un Amico sul
principio, e progre.><su delle Arti, e pag. 85. Riflessioni
suir eccullcnza del Cuicggiu , edizione UiBatisano.
cose sino allora da nìuno tentate dopo il risorgi-
mento dell'arte , avendo solo tra tanti ai dito fe-
licemente pi ima di lui qualche opera di sotto in
su Meiozzo da borii nello stile dei suoi tempi.
Compì Vlichelangeloquella volta nell'an. 15 to,
quindi non pua nascer dubbio, che il Coreggio
nato nelt'an. i^y4,e però giovinetto di sedici an-
ni , e che il Mengs crede si fosse in essa specchia-
to, quando dipinse la cupola di Parma, lo abbia
preceduto in questo genere di disegno. So non
ammettersi ciò da chi si è studiato di provare,
che il professore Lombardo ebbe sempre il suo
ordinario, e costante domicilio intorno al Po, e
tutta debba a se stesso la sua gloria. Ma non so
come potrassi provare, che trattovi dalla fama
delle opere di Raffaelle , e di Michelangelo, non
facesse qualche breve viaggio a Roma ; come
tanti pittori Fiorentini , e Romani usano ai nostrit
giorni, e sempre usarono, di portarsi per poche
settimane in Lombardia, ed a Venezia per vede-
re le opere di Coreggio, e di Tiziano, senza che
se ne tenga memoria, e se ne faccia caso. 11 pa-
rere di un pittore come il Mengs, molto appassio-
nato pel Coreggio, al cui impasto, e rilievo pro-
cuiò tanto di accostarsi coli' eccellente maneggio
del suo pennello, è di gran peso; ed è certo, che
la cupola di Parma non era dipinta allorché il
Buonarroti compì la volta della Sistina, per po-
ter sospettare, che imparasse dal Coreggio . Fu
dunque Michelangelo non solo correttissimo, e
preciso nel disegno, quanto ogni suo contempora-
neo ; ma il primo ne trattò la parte più d.fficile ne-
gli scorci delle voice, in modo da far epoca nell*
arte .
22
VI.
Chiaroscuro di Michelangelo.
Il chiaroscuro, o sia l'arte di situare i lumi,
le mezze tinte, le ombre, ed i riflessi in modo,
che i corpi appariscano rilevati, e staccati dal
quadro, qualunque siasi il loro colore, nella qua-
le scienza ebbe il primato il Coreggio, non fu
secondo il Mengs posseduta in ugual grado da
Ratfaello, ma egregiamente da Michelangelo, che
nella volta della Sistina mostro un gran rilievo .
Basta guardare i quadri, benché bellissimi per al-
tri pregj , del Grillandajo, del Signorelli, di Pie-
tro Perugino dipinti pochi anni innanzi in detta
Cappella j e si vedrà quanto il Buonarroti per que-
sta parte vinca i suddetti, ed anche Kalfaello nel-
le sue prime cose.
Racconta il Vasari , che Michelangelo , dopo
aver resistito in vano ai comandi di Giulio II.
per non aver mai dipinto a fresco, proponendo-
gli con nobile ingenuità in sua vece Raffaello co-
me più pratico di lui in quel genere di pittura,
mise mano alla volta della Cappella Sistina com-
piendone i cartoni ; e chiamando da Firenze il
Granacci , il Bugiardini, l'Indaco, ed altri, fé
dar principio all'opera sopra i detti cartoni. Ma
vedendo le fatiche loro ben lontane dal suo de-
siderio, le gettò a terra, e ricominciolla a di-
pingere tutta di sua mano, non senza cordoglio
per le muffe, di cui se gli coprivano le pitture:
su di che confortollo il SaniTallo, anim^andolo a
seguitarla dopo una visita fattavi per ordine del
«3
Pontefice. Eppure le idee, il disegno, la compo-
sizione era tiitco di lui parto . 11 colorito dei pit-
tori Fiorentini era commendabile, ed ameno co-
me generalmente quello dei profcbsoii di quel-
la età, che serbavano tutto il bi io della pittu-
ra a tempera, che era molto in uso. Ed in che
mai non poterono quei pittori contentarlo? Non.
altro rimane a dire, se non che noi soddisfaces-
sero nel chiaroscuro, o sia nel rilievo delle figure.
Fu questa parte della pittura presso gli antichi
riputata per una somma sottigliezza dell' arte, da
pochi posseduta; e di cui, come il Buonarroti do-
po rinata la pittura, diede tra i Greci il primo
esempio Parrasio. Ognuno, che abbia un poco
dipinto, o almeno diligentemente ombreggiato un
disegno, sa esserne tutto il segreto riposto nella
degradazione delle ombre, nel ravvivarle, ove
occorre, coi riflessi, e quello, che è più necessa-
rio, nel fare sparire qualunque linea del contor-
no, maritando, come dicono gli artisti, le ultime
tinte colle vicine nelle estremità dei corpi . L' op-
posto metodo produce uno stacco ardito, e ta-
gliente, che in vece di fir tondeggiare, e rileva-
re gli oggetti dipinti, gli appiana, gli deprime,
ed invano ricerca l'occhio, tra l'uno, e l'altro,
spazio ove percorrere. Ecco le parole di Plinio (0:
Parrhdsius .... prinnis symmeiriam picturae de-
dit y ptimiLs argutias viilnis, eìegantiam captili ^
venusuitem oris : confessione arrficum in iineis
extremis palmam adeptus . flaec est in pictiira sum-
ma subiilicds. Corpora enini fingere , et media re-
(l) Lib. 35. Cap. i«.
^4 . . .
rum, est quideni magni operi s, sei in quo multi
gloriam tulerint . Ex trema corporum facere , et de-
sinentts picturae moduni includere , rarum in sue-
cessu artis invenitur. Ambire enim debet se extre-
mitas ipsa, et sic desinere, ut promittat alia post
se^ ostendatque etiam quae occultat . Hanc ei glo-
riam concessere Antigonus , et Xenocrates , qui de
pictura scripsere . . . Minor tanien videtur sibi com-
paratus in mediis corponbus expnmendis .
E^ chiaro, che Plinio in questo luogo non parla
di contorni lineari, ma di contorni , dirò così,
dipinti , come pure intende Francesco GiunioCO.
Lo mostrano chiaramente l'espressioni exirema
corporum facere in opposizione a pingere media
rerum y e l'altra f/criirae Jesinentis modiim ; cioè
annullare, sfumare, confondere l'estremità delle
cose, onde non vedasi ove terminano, nella qual
parte Parrasio ottenne il primato. Per i contorni
lineari avealo già Plinio poco avanti lodato, di-
cendo, che il primo diede alla pittura la propor-
zione, la quale tutta da essi dipende . Infatti an-
che Quintiliano (.V ci fa sapere, che Parrasio sta-
bilì precetti per ogni cosa nella pittura, ond' eb-
be l'onore di esser chiamato il legislatore, e nin-
no ardì scostarsi dai lineamenti , e dall'effigie da
esso determinate per gli Dei , e gli Eroi . Ciò
posto, allontanandomi alquanto dalle altre tra-
duzioni, e anche da quella del Mengs(^^ ame-
rei così tradurre quel non troppo chiaro, ed e-
(i) De Pictuva vrterum ,LJb TU. Gap. III. $ io.
(2) In.^tit. Orat. Lib. XII. di X.
(3) Dchci'u. de' quadri del Palazzo R.di Madiid , Tom. II.
pag. 73.
, ^5
qilìvoco passo di Plinio. Parrasio . , , . il primo
diede alla pittura le proporzioni , il primo la ga*
lanteria del sembiante (così traduce Girlo Dati('^)
l'eleganza dei capelli J.a bellezza dei volti: avendo
però a confessione degli Artefici riportato la palma
negli estremi confini degli oggetti. E' questa in pit-
tura somma sottigliezza . Polche dipingere i cor-
pi y e le parti di mezzo delle cose è di gran pre-
gio , nel che pero molti riportarono gloria . Ma
Jare Ì estremità dei corpi, e ritrovare una maniera
di pittura, che termini in nulla ^ rare 'Volte si ve-
de fatto con felicita. nelV arte . Imperocché dee
V estremiti dei corpi così rotondeggiare , e termi-
nare , talché prometta altre cose dopo di se , e
mostri ancor ciò , che occulta. Questa gloria gli
accoriarono Antigono, e Senocrate , che scrissero
della pittura . . . e paragonato a se stesso sembra,
però minore nel dipingere le parti di mezzo dei
corpi . Ho tradotto ritrovare una maniera di pit-
tura, che termini in nulla, sembrandomi che in
Plinio debba leggersi desinentis picturae modani
inducere, in quella guisa, che i latini dissero in-
ducere morem , ovvero novum verbum, parlandosi
di un'invenzione , per cui Parrasio riportò la pal-
ma ; espressione a mio parere più adattata dell'al-
tra, che leggesi in tutti i testi, desinentis pictu-
rae modum includere, credendo questo luogo vi-
ziato dagli amanuensi, perchè rimane, o senza
senso, o almeno oscuro.
Dovè pertanto esser grande la maraviglia di
Roma, quando nel dì dei Santi scoperta quella
(i) Vite de' Pittori antichi.
26
grandissima volta vide un esemplare così magni-
fico, e nuovo dopo il risorgiincnc^) delle Am , non
solo di correzione , di grandiosità di disegno ,
d'intelligenza negli scorci, e di espressione ne-
gli atteggiamenti, e ne'voki, ma vide ancora,
come spiccarsi dalla parete quei terribili Profeti,
quelle venerande Sibille; or volare, ora librarsi
per l'aria l'eterno Fattore nelle vario storie della
Creazione; spingere in soitimal' illusione in quel-
le figure tanto più grandi del vero ad un punto,
di cui allora non si avea id^;^si, e cui solo arrivò
poco dopo il Coreguio. Né questi pocea ceita-
mentc meglio dipingere l'Eva, che soige dalle
coste di Adamo, e molte altre cose di quella vol-
ta , come ho io udito dalla bocca del Mengs istes-
so, e come possono attestare i moderni professo-
ri, che esaminarono da vicino sui palchi quella
pittura.
Il Taja , che sì accuratamente, e intelligente-
mente descrive le pitture del Vaticano (0, e toc-
cò questa con mano, la dichiara oyera senz\ihra
pan, magnifica neW ordine , e ne ì i par ti nienti di
architettura \ numerosa nelT isioi iato ^ grandiosa
nelle proporzioni , nelle attitudini , e nella sciol-
tezza delle figure; profonda di dottrina nel dise-
gno ; terribile nelle attitudini ; doviziosa ne' pan-
neggiamenti ; rotonda nelle carnagioni ; e finalmen-
te in ogni sua parte ridondante di tutti quei nuo-
vi lumi , che hanno potuto subitamente in un tem-
po stesso fugare le ombre delT antica abietta p'ttu-
ra , e riparla nella originaria sua prima peijczione,
(i) Descr. del Palazzo Apostol. Vaticano pi;g. S6.
... ^^
Volentieri accordo , che il Vasari , paragonan-
do Michelangelo agli antichi, spinga le sue iodi
cropp' oltre. Ma convien dire, che partendo dal
punto, in cui questi trovò le belle Arti, ai punto a
cui le condusse di volo , anche prima di Rail'aelle,
che tanto profitto ne trasse, non può mai dirsene
abbastanza. Ad esso fu in quelle tutto facile.
Non ha mai scolpito, e giovinetto di anni sedici
sorprende il Magnifico con quella sua Maschera
di Fauno descrittaci dal Vasari. Trova un pezzo
dì marmo di nove braccia straziato da Simone
da Fiesole, e ne ricava il bel colosso del David.
Non ha mai maneggiato colori a fresco, e di-
pinge, costrettovi dal Papa, la gran volta del-
la Cappella Sistina, lunga palmi 172, e larga 60
nella sud corda. Tacerò dell' invenzione dei pal-
chi per dipingere , non più appesi con funi ai bu-
chi delle volte; del cappio al canapo, cui fu so-
speso nel trasporto il detto colosso, che tanto più
stringeva , quanto più il peso lo aggravava ; e di
tante altre macchine, e armature per volte, e dei
carri , che la tradizione gli ascrive nell'Uffizio del-
la Fabbrica di S. Pietro, cui egli presedette per
tanti anni. Sommo, anche in questa parte mec-
canica dell'architettura, più di Bramante sì va*
sto, e chiaro nei pensieri, ed asperso talvolta di
greca eleganza, ma rimproverato a ragione di di-
fetto sulla stabilità delle sue fabbriche. Dirò so-
lo, che possedendo così sublimemente le tre Arti,
sorelle, e le affini , è ben naturale, che riempisse
il mondo di maraviglia, e venerazione ; e che uà
uomo sì raro , ed unico sinora nel suo complesso
nella storia delle medesime, fosse chiaiijato dai
28
Toscani, come Platone, e Dante, con certo per-
donabile trasporto, Divino. E quanto alla pittura,
di cui ragioniamo , chi , dopo rinata, lo ha supe-
rato ancora nella totalità dei pregj , dei quali uno
«olo eminentemente posseduto immortala un Ar-
tefice? 11 solo Raffaello.
VII.
Colorito di Michelangelo ,
Se si volesse giudicare del colorito di Michel-
angelo dalle pitture a fresco della Cappella Sisti-
na, e Paolina, le sole grandi opere, che facesse,
riducendosi il resto a piccoli quadri, e pochi di
numero, sono esse così mal conce dal fumo più
che dal tempo, da non potersene niente inferire
per giustamente valutarne il m^^rito. Dee sictna-
mente per questa parte cedere a Tiziano, cui
pur cede Raffaello. Di alcune tavole con piccole
figure, che miransi per le gallerie, di disegno,
e maniera Ba ^narrotesca al certo, revocano i più
rigidi l'originalità in dubbio , e queste mostrano uri
bel colore . Crede il Ch. Sig. Cav. Tommaso Puc-
cini Direttore della Galleria Fiorentina, intelli-
gentissimo, ed indefesso indagatore delle manie-
re pittoriche It:iIi.Lne, era queste originali laFla-
gelhizione di G.C in questa iMustie casa Barto-
lommei , e la Crocifissione della G.iileria Borghese
in Roma. Sono da osservarsi nella prima i due
manigoldi, che sembrano dipinti da caldo, vi-
goroso pennello Lombardo con tal libertà , ed
arditezza di tocco , e con tal possesso di anato-
mia , che pare ogni muscolo fatto con una pen-
29
nellata. In opposizione poi la figura del Reden-
tore è condotta con delicatezziL grande di pen-
nello; ed il suo volto aiferrato pe' capelli da un
di coloro spira tal mansuetudine mista di duolo,
da nulla invidiare a Raffaello , il pittore delle
cenere passioni .
Il quadro di Michelangelo, la cui originalità
è attestata dai Vasari, rimasto in Firenze dopo
quello delle tre Parche già nei palazzo Pitti, e
poi portato a Parigi, è la Madonna, ch'ei di-
pinse per Angelo Doni, che si conserva nell'I.
Galleria. Dimostra questa, ch'egli amava, chie-
dendolo il soggetto , vaghezza di colore niente
inferiore a quella dei Fiorentini suoi coetanei.
Benché vi si desideri pei contorni troppo decisi
quel rilievo, che posteriormente diede alla volta
della Sistina ; il maneggio però del pennello è
così fino , e delicato da potersi paragonare ai
quadri studiati della tribuna, che gli stanno al-
lato. Di fatti fu reputata anche ai suoi tempi,
fra le sue poche opere in tavola per la più bella,
e finita. Ma il maraviglioso è, che questa finez-
za, e levigatezza di pennello si ammira nelle gi-
gantesche figuie della volta della Sistina, e mol-
to più nel Giudizio. La volta per l'impeto, e
la fretta di Giulio II, fatta in pochissmi an-
ni, è dipinta con diligenza, ma con maniera più
facile, e larga, benché il necessario per un gran
rilievo non vi manchi, e tra .questo il maneggio
dei riflessi opportunamente, e francamente col-
locativi. Sono questi nel numero delle cose, che
al dire di C cerone ^U vedono i pittori nelle om-
(i) Acad. Quaest. lib. 4.
3^
brc , e c\\e sfuggono agli occhi dogi' Inesperti
nell'Alte. Nel Giudizio poi dipinto posterior-
mente con maggior comodo, vedonsi pezzi di
nudo affatto Tizianeschi. Così asseriscono i pro-
fessori, e i disegnatori viventi, che esaminaro-
no da vicino queste pitture. Sono questi il Sig.
Cav. Vincenzio Camuccini Professore Accademico
di S. Luca, celebre pittor Romano, ed il Sig. Ar-
cangelo Migliarini giovine pittore di molta espec-
tativa, erudito nelle dotte antiche lingue, che ne
ha sui palchi disegnate tante parti, e col quale
ne ho parlato nell'autunno passato nel suo pas-
saggio da Firenze ; si aggiunga a questi il Sig. Cor-
rado Metz , che ha, come sopra si è detto, inta-
gliato recentemente il Giudizio.
Giova però riflettere anche alla gravità, e se-
rietà dei soggetti, da non turbarsi dalla vaghez-
za, e dal fracasso del colore. Le giornate della
Creazione, Profeti, Patriarchi, Sibille, il Giudi-
zio estremo avrebbero consigliato allo stesso Ti-
ziano, a Paolo Veronese la maggior sobrietà di
tinte adattate al soggetto nelle vesti, e negli ac-
cessorj . Sappiamo ancora dal Vasari, che Mi-
chelangelo, come fatto aveano i Maestri , che
dipinsero le storie di sotto, volea rallegrare la
volta ritoccando a secco con azzurro oltramari-
no le arie, e i panni turchini: ma per non e-
sporsi all'ila del Papa, che la volle sollecita-
mente compita, lasciolla com'era, e con tutto
ciò parve a tutta Roma stupenda .
Quanto poi al Giudizio, allorché possa veder-
sene qualche antica copia in colori , e meglio
conservata delP originale, apparirà evidcntemen-
.3^
te quanto Michelangelo possedesse rarmonia ge-
nerale dell'opera, e quali fine avveitenze usasse.
Oltre quella di Marcello Vciuislì, già del Mubeo
di Capo di Monte in Njpoli, ne vidi, anni in-
dietro, un'altra nella chiesa di S. Eligio di detta
citta, fatta da Cornelio Smet Fiamnìingo, che
seinbrommi molto ben coiorit.i. N'esiste un'al-
tra in questo Casino .^ul Prato dei Signori Princi-
pi Corsini, fatta da Francesco Dandi da Forlì,
che v; ha scritto il suo nome. Ella è benissimo
disegnata , e ricorda assai 1' originale, ed io 1' ho
espressamente veduta, ed esaminata per discor-
rere di quest'opera con più fondamento che dal-
le stampe, dopo tanti anni che manco da Koma,
ove ancora senza il comodo dei palchi , resta
ben difficile apprenderne, e valutarne tutti i pre-
gi. Noterò soltanto, che dovendosi empire una
parete alta palmi romani 71,6 larga 60 di figure
jgnude , e la varietà delle carnagioni , gli accidenti
dei lumi, e i soliti compensi dell'Arte non po-
tendo operarvi un gran contrasto d' effetto, pen-
sò d' introdurvelo , ove n'ebbe campo, con veri-
tà, ed avvedutezza . Nella parte inferiore espres-
se dal lato destro la risurrezione dei corpi . Al-
tri sono scheletri, che cominciano a muover-
si, altri sono mezzi vestiti di carne, altri sono
compiutamente risuscitati, e tentano spogliarsi
dai lenzuoli , che gli avvolgevano, altri già vo-
lano al cielo. Tutto questo gruppo di pallide
carnagioni , e di bianchi panneggiamenti così
disposto, forma un ottimo contrasto al gruppo
opposto. Rappresenta questo le bocche dell'in-
ferno, da cui escono fiamme, che tingono di
3- . ....
colore rossigno lina moltitudine di dannati, che
Caron Jcmonio con occhi di hrasia
vi scarica dalla sui barca. Non vi voleva, che
l'ingegno del Buonarroti per radunare come in
due diverse masse tante figure, e cosi ottenere
in ciascuno quel!' unità, e tra ambedue quel con-
trasto di effetto, che i grandi coloritori conser-
vano in tavole più piccole colle masse di di-
versi colori . E se il quadro di Andrea Sacchi di
S. Romualdo, con pochi Monaci Camaldolesi fu
reputato tra i primi quattro capi d'opera di Ro-
ma, per l'artifizio di averli rappresentati sotto
un platano, la cui ombra cadendo sopr' alcuno
d' essi, e così variando il colore dei bianchi lo-
ro abiti vi produce un sì bello effetto, sarà som-
mo il merito di Michelangelo per aver ottenuto
avanti di lui una simile lode in opera tanto più
vasta. Quindi se, come Raffaello, non vinse Ti-
ziano nel colorito, lo possedè però tanto da di-
stinguersi, quanto gli altri grandi artisti de' suoi
tempi.
Vili.
Composizione di Michelangelo .
La composizione in pittura è di due generi:
l'espressiva, e quella di effetto. L'arte della pri-
ma consiste nel collocare ogni figura nella vera
situazione di quella passione, o azione, in cui
vuoisi rappresentare. Non potrebbe col volto,
col gesto, col movimento esprimere un' altra pas-
sione, poiché, come notò Cicerone (0, ogni mo-
(i) De OraLlib. III.J. Sj.
. 33
to dell'animo ebbe dalla natura il suo particolare
aspecio di viso, gesto, e suono di voce, ed il
no.iCvO COI pò è come uno strumento, che suona
secondo che è toccato dalia passione. La com-
posizione di L'ifetto consiste nel riempire grade-
vol /lente con figure una tela. La priuìa è la par-
te p;u nobile deli' invenzione, in cui R.tifdello ot-
ticiie l'onor del primo posto, standogli allato il
Dìmenichino, ed il Pussino. La composizione di
efFeito ebbe p^v inventore il Lanf:dnco, e per
promotore Piccro da Cortona. Ecco in breve le
teorie del Me:] ^3 in questa parte dell'iurte, il
quale va inteso con discretezza in ciò, che dice
della seconda, poiché prima del Lanfranco eransi
dipinte vastissime scorie con molto successo .
Esaminando con questi piincipj il Buonarroti,
io non vedo come il Freart possa a?ddirarlo pel con-
trapposto di RaiFaello. Parlino i deposici Medi-
cei, e la cappella Sistina. Domanderei, chi seppe
più nobilmente esprimere le cure del governo,
se non esso, nel sembiante, e nell'atteggiamento
del Duca Lorenzo, e la maestà, e la risolutezza
in quelli del Duca Giuliano. Io non saprei in
tanti mausolei di Roma, ove trovare statue di
tanta maestà, ed espressione, cui fanno corteg-
gio quelle del Giorno, e della Notte in un deposi-
to, dell'Aurora, e del Crepuscolo nell'altro, in
atto di dolore per la morte di quei Principi.
11 suo Bacco in piedi di Galleria rappresenta mi-
rabilmente nel volto, e nella mossa, quel primo
abbandono di ragione, e di forze, che cagiona
nei primi momenti l' ebrietà: impegno forse più
delicato della espressione dell' ultimo grado di
3
34 . .
alienazione di mente data dall' antico scultore al-
la Vecchia ubriaca sedente coli' anfora coiona-
ta d'edera tra le braccia, nel museo Capitolino.
Uno sguardo, che si getti alle sue pitture della
cappella Sistina, Iddio pieno di maestà, che crea
il sole, la luna, e l'uomo; P Eva, che appena
creata adora Iddio; i primi nostri padri, che fug-
gono pieni di confusione dal paradiso terrestre;
la graziosa naturai mossa di Giuditta, e della sua
ancilla ; le arie dei volti, le attitudini dei Profe-
ti, e delle Sibille, che o leggono, o scrivono, o
meditano in sì diversi modi; tanti eleganti grup-
pi tra le figure dei progenitori del Redentore; e
nel Giudizio tante altre stupende espressioni di
beatitudine, di gioja, di contento negli eletti, e
di disperazione , di rabbia, di confusione nei dan-
nati, sono tante vive testimonianze del valore
di Michelangelo nella composizione espressiva^
L' immagine di Cristo giudice , che per darle mag-
gior forza nell'atto di maledire i reprobi, fece
come se nel moto del suo sdegno si alzasse mo-
mentaneamente dal suo seggio di nubi; quella di
Maria, che predestinata dall'eternità, non avendo
niente a temere in quel terribil giorno, pare si
spaventi per gli uomini, e come madre di mise-
ricordia volge altrove lo sguardo, pernon vedere
i dannati, che piombano all'inferno, sembra-
no a me finezze d'arte, idee sublimi. Non è
mia intenzione di noverarle tutte in tanta molti-
plicità di figure, che sono circa trecento , e al-
trettante sono quelle nei vari compartimenti del-
la volta. Ognuno, che ne abbia qualche fedele
stampa, o s'incontri in qualche copia a colori,
.35
potrà giudicare, se somo veraci le lodi, che il Va-
sari coniparte a Michelangelo per la parte della
espressione in qucsca pitcura del Giudizio, che
definisce per uno studio compito di passioni di
ogni genere. E' dispiacevole, che per la distan-
za, e pel danno del fumo, tanto se ne perda,
ne possa godersi da vicino, come le stanze di
Ratfaelle.
Sembra , ch'ei volesse corrispondere con tutto
l'impegno alia espettazione di Paolo III , che per
dargli coòl onorevole commissione recossi alla sua
casa con molti Cardinali. Infatti incarico di tan-
to impegno gli parve, che volle prima portarsi
ad Orvieto, per vedere come Luca Signore! li avea
trattato sì liifficil soggetto, il più vasro che pos-
sa dipingersi, il più capace di passioni di ogni
specie, in una parola piìi che Omerico. Anzi ne
Omero, nè'alcun altro poeta, o storico antico,
e moderno può presentarne il simile. Né poi è
tanto vero, che ne le sacre carte, ne gli annali
del cristianesimo non presentino temi magnifici
di ogni sorta, ove spaziare la fantasia del pirtore,
per la parte delle passioni, per la ricchezza, e
varietà degli abiti, e per ogni altra circostanza
della pittura, e tutto con cert' affettazione debba
da noi cercarsi per un tema grandioso, o nella
mitologia, o nelle storie Greche, o Romane. Mi
appello alle stanze di Raffaello, ai suoi arazzi, e
tra questi ai più ricchi di figure. Uscì dopo la
metà del secolo passato in Parigi un'opera, che
prova ciò che io dico(i', contenendo tre tomi
(i) Histoire universelle traitée relativement aux Arts de
peindie , et de sculpter par Mr. Dandrè Bardon .
di soggetti per la pittura, t5ratti dall'antico Te-
stcìmcnto. Il nuovo ha ultimamente aperto al
Sig. Cav. Gasparo Landi nelT incontro dei Reden-
tore al Calvario colla Vergine Madre, e le don-
jie piangenti, anìpio spazio da percorrere con ge-
nerale applauso di Roma, avendo rappresentato
in tela vastissima di palmi 28, da me già veduta
con estremo piacere abbozzata nell'anno scor-
so, quanto di più tenero, ed appassionato per
una parte, e di più crudo dall'altra poteva ac-
compagnare quel commovente spettacolo, come
già annunziarono i pubblici fogli ('). E ciò basti
per Ja composizione espressiva.
Quanto alla composizione di effetto sono di pa-
rere, che il Giudizio, il quale al Freart appari-
sce un mucchio di figure senz' alcun tratto di spi-
rito, tanto, secondo lui, e sterile, e povero il ge-
nio di Michelangelo , potea solo con ricchissima
vena d'ingegno da lui idearsi. E^ questa immen-
sa pittura, come un poema, divisa in tanti can-
ti, quanti sono i gruppi, che la compongono.
L' eterno Giudice pronunziando l' inesorabile sen-
tenza, circondato dalla Vergine Madre, dagli A-
postoli , e dei spiriti celesti, trionfa come il prin-
cipal soggetto nella parte supcriore della storia .
Stanno dalle parti due schiere di anime elette del
nuovo, e del vecchio Testamento, copiose di fi-
gure. Più in alto nelle due lunette, che termina-
no la parete, ha introdotto due numerosi drappel-
li d'Angeli, che recano in trionfo gli strumenti
(i) Vedi Lettera del Sig. Cuv. Gio. Gherardo de' Rossi
al Sig, Abate Luigi Lanzi.
?>1
della Passione, per mezzo dei quali si aprirono
le porte del Paradiso. Non poteasi meglio ideare
la parte superiore dei gran quadro, tutta posata
sulle nubi. Tra questa, e la terra vedonsi nel
mezzo sotto al Redentore raccolti insieme in una
nuvola gli Angeli colle trombe, e con i libri degli
eletti, e dei condannati. A sinistra uno stuolo di
questi afferraci dai demonj piomba al sottoposto
inferno. A destra gli eletti volano al cielo, e tra
questi due Mori, per indicare Ja promulgazione
del Vangelo per tutto il mondo. Nel terreno è
rappresentata a dritta la risurrezione dei morti,
ed a sinistra il tragitto dei condannati all'infer-
no, come già si disse . Sara forza confessare,
che Michelangelo nella composizione d'effetto
prevenisse il Lanfranco, come in alcune parti
della pittura moderna avea prevenuto Raffaelle,
ed ilCoreggio. Una vasta pittura, come il Giudi-
zio, potè insegnare come nelle macchinose com-
posizioni si distribuisca una storia, vi si trovi un
effetto, e vi si leghino episodj con giudizio, e
maestria. Se non ha tutto l'artifizio delle grandi
composizioni del Lanfranco, e del Cortona, ri-
flettasi, che una parete sì ampia, senza niun com-
partimento, non era mai stata, e forse non fu
mai dipinta da alcuno dopo rinate le Arti ; e che
nulla è stato inventato, e perfezionato ad un tem-
po stesso. Tutt' altro in fine può meritare quell'
opera, che il titolo offensivo di un macchio tu-
multuoso di figure, scnz' alcun tratto di spirito.
Non debbonsi qui ripetere le critiche date a que-
sto lavoro sino dal suo comparire alla luce , e re-
plicate dal Freart: critiche riguardanti piuttosto
3»
che il merito dell'arte, in cui fu sempre il Buo-
narroti venerato, la decenza , venendo in accon-
cio d; parlarne altrove. Per quelle, che riguar-
dano l'Arte, è ben leggiadra l'accusa degli An-
geli, che "uonano le trombe, i quali debbono im-
pedire, dice il Freart, che si senta la gran sen-
tenza, che pronunzia il celeste Giudice. Ma egli
non ha considerato, che ivi è dipinta una ope-
razione prodigiosa dell'onnipotenza di Dio, la
CU' voce può farsi sentire in mezzo a mille , e
n.ilie tionibe. Trova egli un altro difetto nel
ve':eivi gli spiriti celesti senz'ale, non avver-
te/iJo, che essendo molti, e in tante positure,
quotile ale avrebbero recato un grande impaccio
alla co.r.posizione dei gruppi, e che il solo mi-
niLitero di sollevare al cielo gli eletti, e di suo-
nare le trombe, gli fa, anche senza di quelle,
conoscere abbastanza. Ma dove non arriva nel
Freart là voglia di criticare il Buonarroti? Gli
neu.i sino quella onesta licenza, di cui si è ser-
v;c.) R.ufiello, e prima di lui si servirono gli
<^c.lton antichi, di rappresentare nella stessa sto-
ria i facci successivi, contro il rigore della pit-
^•j j , la quale non ammette, che fitti contem-
po, anei. Nelle stanze Vaticane , cioè in un luogo
:;i:no più ristretto, dipinse Raifael'o S. Pietro in
.-T-cere svegliato dall' Amrelo, e nella stessa lu-
netta lo dipinse già uscito dalla prigione, e scor-
dato dal medesimo. Quindi si può perdonare a
Michelangelo, se non potendo dipingere , come
fece Luca Signorelli in Orvieto, in tante distin-
te pareti la risurrezione de' morti, la condanna
dei reprobi, la gloria degli eletti, ha fatto tutto
39
contemporaneo in iin:i gran parete, con quelle
sublimi avvertenze, che si sono accennate.
IX.
Ideale di Michelangelo,
Eccoci in fine a discorrere dell'ideale, la par-
te più sublime dell'Arce, dono spontaneo di na-
tura, che non può insegnarsi, ma solo modificar-
si, se trascorra, dai precetti. Vedesi l'ideale , se-
condo il Mengs, colla immaginazione, più che
con gli occhi ; consiste nella scelta , e nella unione
delle belle cose naturali depurate da ogn' imperfe-
zione ; ed ha luogo in tutte le parti della pittura.
Nel disegno riunisce in un corpo tutte le belle
membra, rarissimamente, o quasi mai dalla na-
tura donate ad un solo. Nel chiaroscuro sceglie
quella distribuzione di lumi, e di ombre, che
può produrre il più grato effetto sì pel rilievo
dei corpi, che per l'aspetto il più piacevole di
tutta l'opera. Nel colorito non solo tinge car-
nagioni, vestimenti, paesi, ed accessorj secon-
do la natura loro, nel modo il più vero, e va-
go; ma elegge il tuono generale del quadro, o
allegro, o serio, o moderato, che richiede la sto-
ria dipintavi. Nella composizione in fine ha un
campo più vasto, immaginando mosse non vedu-
te, ed espressioni, che non si possono copiare
dal naturale; siti adattati, ove campeggino le fi-
gure; nuovi, e bizzarri panneggiamenti, che le
vestano; e tutto ciò che vi ha luogo per un bello
effetto , usando accidenti artificiali, e poetiche
4^
idee; cose tutte, che non si trovano tali quali
le immagina l'artefice, negli esemplai i dalla na-
tura somministrati. In questa parte il pittore
diviene poeta, e tanto più grande , quanto più
elevato. Consiglia il Mengs per acquistar 1' idea-
le a leggere i poeti. Ma Michelangelo era egli
stesso lìjii ignobil poeta, come lo mostrano le
sue rime ^i, e grande ammiratore di Dante, che
avea postillato, disegnando nel margine della
Divina Commedia molte cose ivi descritte.
Da chi ha veduto i depositi Medicei, il Bacco,
la volta della Sistina, ed il Giudizio si potrà at-
testare, quanto Michelangelo possedesse l' idea-
le; e se niuno più di lui, dopo il rinascimento
delle Arti, siasi accostato al sublime nei concet-
ti, e nella espressione. E d'onde mai trasse, se
non dalla sua fantasia, quel grande, che a tutto
(0 Furono queste pubblicate da Michelangelo suo nipote
in Fi»'enxe collo stampe de'Giunti nell'an. i6l$ , e dedi-
cate al Cardinal Mafteo Barberini. Non essendo ovvie, gia-
diià il lettoi'c averne un saggio nei seguenti sonetti , uno
morale, l'altro devoto.
SULLA BELLEZZA.
La forza d' un bel volto al «:icl mi sprona
( Ch' altro in terra non è, che mi diletti)
E vivo ascendti tra gli spirti eletti ;
Grazia, che ad uom mortai raro si dona.
Si ben col suo Fattor 1' opra consuona ,
Ch' a lui mi levo per divin concetti;
£ quivi informo i pensier tutti , i detti ,
Ardendo, amando per gentil persona.
Onat: , se mai da due begli occhi il guardo
Torcer non so, conosco in lor Iti luce
Che mi mostra la via, che a Dio mi guide.
E se nel lume loro acceso io ardo ,
Nel n' bil foco mio d 'Ice riluce
La giuja y che nel Ciclo eterna ride .
4»
imprimeva? La statua sola di Mosè, per quanto
meno greca nel volto possa sembrare , impone
canto colia maestà, col carattere grandioso, col-
la espressione, che non dee, da chi non la vide,
reputarsi esagerazione , se Francesco Lorenzini
nel suo celebre sonetto su questa, disse: ,
Ada mei palesa il senno ^ ed il consiglio
Nel grave sguardo , e fra le rughe impresso ,
E '/ comando di Dio ira ciglio , e ciglio.
Dubiterei, che l'espressione fosse riposta in
quello, che tra gli Artisti si definisce per Greco
disegno, cioè per quei modelli superiori di bel-
lezza, che Parrasio, o altri fissarono per ciascu-
no dei loro Dei , o Eroi , nella qual cosa niuno dei
moderni gli ha superati. A me sembra riposta in
questo la bellezza; ma l'espressione in quello,
che i latini diceano vuliiis , e che Cicerone defi-
nisce per un tacito linguaggiodelI'animoCi, con
cui manifesta nel viso di ognuno ciò, che pen-
sa; in quelle arguiiae viilius dì Parrasio, che più
AL DIVIN REDENTORE.
Scavco d'una importuna, e grave salma,
Signore eterno, e dal mondo ditciolto ,
Qual fragil legno , a te stanco mi volto
Dall' ovribil procella in dolce calma.
Le spine, i chiedi, e 1' unn , e l'altra palma,
Col tuo benigno, umiì , lacero volto
Prometton grazia di nontirsi molto ,
E speme di salute aUa trist'alma.
Non miri con giustizia il divin lume
Mio fallo, o l'oda il lue» sacrato orecchio,
Né in quel si volga il braccio tuo severo.
Tuo sangue lavi l'empio mio costume,
E più m'abbondi, quanto io son più vecchio j
Di pront' aita , e di perdono intere-
(l) Orat. in Calp. Pieonem..
42
tosco, chQ galanterie , come il Dati, io tradurrei
espressioni dei sembiante. Per questa ragione le
teste degli Apostoli della Cena di Lionardo, bian-
che sì poco greche , tanto piacciono , perchè si
argute nella muta loro espressione tanto dicono.
Mi sovyiene di essere stato forzato a ridere, ve-
dendo nel gabinetto del Cav. Hamilton, Mini-
stro d'Inghilterra a Napoli, un putto dello stesso
pittore, che ridendo mostrava un suo trastullo;
benché non avesse l'idea più bella del mondo,
come non l'hanno tanti putti delCorcggio, che
pure tanto piacciono.
E d'onde può mai avvenire, se non dall'e-
spressione, che servendosi Guido Reni , come rac-
contano, per modello delle sue Vergini della te-
sta di una delle figlie della Niob3 , queste , benché
assai più piene d'ideale nelle forme , cedano alle
Vergini di Raffaello studiate dalla natura un po-
co da esso abbellita, nelle quali imprimeva tanto
di nobiltà, di modestia, e di amore verso il suo
Divin Figlio? Manchiamo troppo di esemplari
dell'antica pittura del valore delle statue antiche
del prim'ordine, e potria accadere di non trop-
po bene argomentare, in pregiudizio del moder-
ni luminari dell' Arte, da un genere all'altro. La
mancanza di colore nelle pupille, nelle ciglia,
nei capelli, nelle labbra, nelle gote, esigeva for-
se nella scultura, per produrre un bello effetto,
una scelta particolare di lineamenti, e di forme,
di cui non ha .bisogno la pittura, che spazia in
più vasto campo. Quindi quel certo non so che,
ora di duro, e di caricato nel viso, ora di fred-
do, e d'insignificante nelle mosse, checonservan-
43
do le forme delle statue, prendono le figure trop-
po servilmente su quelle scudiate. Eh, che nei
lor capi d'opera non dispiacerebbero agli anti-
chi, se tornassero in vita, né Raftaello, ne Mi-
chelangelo , uè Coreggi© , né J iziano , né Guido ,
né il Pussino, né l'Albano, ed altri, per l'espres-
sione, ed il colore, benché nelle forme meno
greci di loro. E Quintdiano^i) ci fa sapere, che
il sommo Policleto, per avere aggiunto alla bel-
lezza umana molto sopra il vero, o sia d'ideale,
non avea compiutamente rappresentato la grave
maestà dei Numi. Ha dunque anche l'ideale i
suoi confini , i suoi abusi . Ma riaccostiamoci a
Michelangelo .
Lo colloca il Mengs,insiem con Raffaello, vi-
cino agli antichi nella sublimita dei concetti,
cioè dell'ideale, come altre volte ho detto. O-
gnuno di loro peiò gli espresse seguendo il pro-
prio naturale istinto. Quello di Michelangelo lo
portava al grande, al fiero, al terribile, all' iiTi^
ponente. Ne per grande si dee intendere il co-
lossale, ma quel carattere sublime, che fa com-
parir grandi le cose piccolissime, come accade
nei suoi disegni, ed in tante incisioni antiche
in gemme, in medaglie, ed in bassirilievi . che
sembrano colossi ; al contrario di tanti cWossi
moderni , che appariscono pigmei'. Questo suo
genio si fc conoscere, al dir del Vasari, ben di
buon'ora, allorché giovinetto, preso un disegno,
che veniva dal Griliandajo, lo toccò di penna, e
mostrò la differenza delle due maniere, cioè della
(i) Inst.Orat. lib. XII. cap. (q.
44
secca, e meschina antica sino allora in uso, dalla
grandiosa, e magnifica, ch'egli produsse: dise-
gno, che mostratogli in sua vecchiaia dal dccto
Vasari, ei rivide con piacere. Egli non conob-
be l'infanzia dell' A^-te, ma passò in un momento
alla virilità. Simile a quelle vigorose pianto , che
in un clima più caldo si sviluppano con forza, e
con celerità producono i loro frutti, si slanciò
di buon'ora verso il grande , sorprese in certo
modo, ed atterrì tutti gli artisti col nuovo stile.
Ciò accadde con quel famoso Cartone in conìpe-
tenza di Leonardo, più volte rammentato, fritto
circa l'anno i,S04, che sbandì del turco ia manie-
ra antica, e sul quale studiarono Raffaello allor
giovinetto, Andrea del Sarto, Baccio Bandinelli,
Iacopo Sansovino , l'^erin del Vaga , e tanti , e tan-
ti altri; e dipinse poco dopo la volta della Sisti-
na, che e il primo esemplare del gran stile della
moderna pittura. Questi son tutti frutti del suo
magnifico ideale, che seguillo in scolpire le sta-
tue, ed in architettare le fabbriche, come per
queste mi lusingo aver provato altrove (U, ra-
gionando del suo stile architettonico.
Raffaello al contrario fatto per le tenere passio-
ni, ner altra via se ne va al cuore, lo agita, lo
comWove. Egli è un frutto squisito, che grada-
tamente cresce, ed arriva alla sua maturità, di
che fanno testimonianza le sue diverse maniere,
tra le quali l'ultima è tutta dovuta, come si è
detto coir autorità del Mengs, all' impasto del suo
grazioso, dolce stile, con quello di Michelangelo
(t) Antologia Romana Tom. Vii. pag. ]66. e Memorie
per le belle Arti Tom. Ili- pag. iiS , e 249.
45
grandioso, e robusto. Così il Petrarca non a-
vrebbe forse potuto pennellcggiarc sì vigorosa-
mente il quadro terribile del Conte Ugolino, «né
Dante forse avrebbe potutosi teneramente dipin-
gere i prodigj di Laura ,
Che dolcemente i pieJi y e gli occhi muove
Per questa di bei colli ombrosa chiostra ,
o il divino, soavissimo di lei colloquio nel terzo
cerchio coli' infelice amante. Così piacciono in
pittura gli orrori di Salvador Rosa, quanto le ri-
denti campagne di Claudio ; il forte stile del Guer-
cino, quanto il dolcissimo di Guido. Nelle belle
Arti, nella Oratoria, e Poesia sono varj i generi
della bellezza, ed ognuno più apprezza quello,
che più è conforme al suo genio , o per le deli-
cate, o per le forti passioni. Quindi saviamente
chiuse il suo trattato del Sublime Longino* con
dire, ognuno fero giudichi come gli piace (0, parlan-
do delle varie bellezze dell'arte, e della natura.
Basta ancor sovvenirsi con esso(^J, che si può es-
ser sublimi senza il patetico, benché questo an^
Cora talvolta non manchi al Buonarroti, come
non pochi tratti se n^ ravvisane nelle sue poesie.
Pare dalla esperienza, e dalla storia, che ci
da tanti pittor Raffaelleschi, e sì pochi Michelan-
gioleschi , confermato, che un giovine più facil-
mente possa formarsi sopra il Sanzio, che sul Buo-
narroti, come forse un giovine poeta trova più
sicura guida pel suo cammino nel Petrarca, che
in Dante. Ma non è questa sua* colpa ; ed egli
stesso avea predetto, che molti diverrebbero suoi
(I) Sez. ÌS. (2) Id. Sez.S.
4<5
gofH imitatori. Perche sarà difficile imitare i voli
di Pindaro, la finezza di Orazio, la magniloquen-
za* di Tullio, decadono e^si dall'alto lor posto?
Comparve ancora tra i Latini, e tra gl'Italiani
moderni, e presso gli stessi Greci, chi eguaglias-
se Omero? Ed in Francia Corneille, e Racine
trovarono ancora, colle munificenze di una graa
Corte, cogli sforzi di tanti talenti, chi occupasse
i loro seggi? Diminuirà pertanto la gloria degli
originali per mancanza di eccellenti copiatori?
La poesia, l'oratoria, le belle Arri esi^rfiiio per di-
stinguersi non copie, ma originali. Neper ultimo
si potrà negare a Michelangelo la lode, che per
la parte dell' ideale il Mongs attribuisce a Raifacl-
le , averne egli molto posseduto nella esecuzione
di quei caratteri, che si prefisse rappresentare.
X.
Qualche difetto nelle umane produzioni
non distrugge il loro merito.
Una delle obiezioni più forti contro il merito
di un'opera, che può ingannare specialmente i
dilettanti di belle Arti, è il trovarvi qualche di-
fetto. Questo è un grave scoglio, contro cui si
perdono i giudizj di taluni , che , seguendo l'istin-
to naturalf di cercare nelle produzioni altrui più
tosto i difetti, che le bellezze, credono essere
censori giustissimi, e di tatto squisitissimo, supe-
riore al comune degli uomini, notandovi qualche
difetto talvolta vero, talvolta esagerato. Ma or-
mai nelle belle Arti, come in tutte le produzioni
di genio, dee convenirsi col Mengs'''), che orai-
ndTÌdfJìcnte non sono le opere senza difetto , quel-
le, che sono ammirate dalla gente di buon gusto,
ma bensì quelle, che hanno qualche cosa di straor-
dinario, e di significante. Concedasi ciò, che que-
sti notò delle sculture di Michelangelo parago-
nate a quelle degli antichi, e particolarmente
air Ercole Farnese , che cercando egli esser sem-
pre grande fu sempre grossolano i'^) . E che per que-
sto? Lo stesso Mengs ci dice, che Raffaello non
uguagliò mai Michelangelo nella intelligenza dell'
anatomia, nella fierezza dei conroriji, nella for-
ma dei più robusti corpi, nella somma grandio-
sita''^/'.
Dubitò Quintiliano '^4), che arte alcuna vi fosse
per formare il perfetto oratore, mediante la va-
rietà de^fli stili degli autori, e dei gusti degli a-
matori, avendo ciascuno dei primi chi tra i se-
condi gli ammira. Si vale, a giustificare i suoi
dubbi, di esempi tratti dalla storia delle belle Ar-
ti . Polignoto , ed Aglaofonte nella quasi rozzezza
dell'Arte nascente, come nella rinascente pittu-
ra tra noi Cimabue, Giotto, ed altri, aveano i
loro adoratori . Vennero poi Zeusi, e Parrasio, e
molto all'Arte aggiunsero; il primo colle ragioni
dei lumi, e delle ombre; il secondo colla esat-
tezza dei contorni . Zeusi tra i suoi pregj ebbe
quello di Michelangelo, di dare all'Arte la gran-
diosità, facendo le membra del corpo più ampie,
(i) Lettera a Mons. Falconnet .
(2) Rifless. sopra i tre gran Pittori ec.
(3) Ivi , e altrove .
(4) Instit. Orat lib. XII. cap. io.
o piene, sull* esempio, com'era fama, di Ome-
ro, cui ancor nelle fem.nine pi.icevano le più
robuste bellezze. Parrasio poi così circoscrisse , e
definì tutto, come Hvitf.iello , che fu chiamato il
legislatore. QuiiiJi aggiunge il Retore Romano
coll'aniiiiirabile suo giudizio, che avend> le bel-
le Arti fiorito da Filippo ai successori di Alessan-
dro, ciò accadde con diversità di pretrj , e di vir-
tù. Furono celebri Procogene per la diligenza;
Panfilo, e Melanzio per la ragione dell'Arte; An-
tifilo per la facilita; Teone Samio per l'estro, e
la fantasia ; per l' ingegno , e per la grazia Apelle .
E' la natura un campo troppo vasto pel più gran-
de ingegno, onde possa coi colori copiarne tutte
le parti nel modo più eccellente, e perfetto. Ma
non per questo chi non tutte eminen:emente le
pO'^isiede, mancherà di lode somma , e di amrnira-
tori , purché in alcuna tocchi l'apice del subli-
me , e posseda lodevolmente le altre.
Il Poeta Filosofo così pensava, quando scrisse :
Veruni , uhi plura nitcnùn carminai , non dgo paucis
Ofìcndar nuculis , qiias due incuria fadii y
Aui huniana parum cavit natura (0.
Plinio il giovine, che non mancava certamente
di criterio, di acutezza, e di gusto nella lettera-
tura, e nelle belle Arti, come dalle sue lettere ri-
levasi, parlando di un Oratore del suo secolo,
giudizioso, e senza errori, ma poco sublime, e
ornato, disse con molto spirito, essere il suo di-
fetto non averne alcuno ^2): imperocché dee l'o-
ratore sollevarsi , inalzarsi , talvolta riscaldarsi ,
(t) Hor. de Arte Poet.
(2) Lib. p. Epist.
..... 49
trasportarsi, e spesso accostarsi al precipizio: es»-
sere per lo più vicini alle sublimi altezze i diru-
pi; cadere più fiequenrementc chi corre, che chi
Jencameiite cammina; ma a questo niuna lode do-
versi, all'altro molta, benché cada.
Ma più estesamente parla Longino su questo
proposito'), facendo la questione, se sia migliore
nei verso , o nella prosa la grandezza, che difetti
in qualche cosa, o la mediocrità, che sia perfet-
ta, e sana in tutte le parti, ed in nulla manchi
e se le più, ole maggiori virtudi portinoli vanto?
Quindi osserva, che l'accuratezza fina in ogni
cosa porta pericolo di piccolezza; e che nelle
grandezze è come nelle ricchezze, che vi è qual-
che strapazzo, ne se ne tiene molto conto. Egli
non ignorava, che le umane cose sono sempre
più guardate dal lato peggiore, che dal buono;
e che degli errori rimane indelebile la memoria,
e delle' belle cose sparisce, e si dilegua. Ho os-
servato, die' egli*, io stesso non pochi errori in 0-
mero , ed in altri grandissimi autori , e non mi so-
no niente piaciute le loro cadute, che io chiamo
non errori vnlontarj , ma sviste, o sbagli per non
curanza. Or perche non mette mai piede in fallo
j4pollonio , che compose V Argonautica, e Teocrito
nelle Buccoliche è felicissimo , vorresti tu, o ami-
co Terenziano , essere anzi Apollonio , che Omero?
Eratostene neW Erigane ( in tutte le parti e certo
irreprensibile quel poemetto ) e egli per questo mag-
gior poeta di Archiloco , il quale tira già molte
cose, e male ordinate? Vorresti tu più tosto esser
(i) Dello stile sublime volgarizzato da Anton France-
sco Gori Sez. iJ.
50
Bacchilide , che Pindaro nel lirico ; Ione Chio , che
Sojocle nelle tragedie , con tatto che sieno eleganti
scrittori , e non inciampino? Pindaro, e Sofocle in-
cendiano in certo modo impetuosamente ogni cosa,
e dal vedere al non vedere sovente si spengono, e
cadono infelicemente. Ma chi avendo fior di senno
ardirà di contrapporre al solo Edipo dì Sofocle
tutte le opere cf' Jone ?
Sia pur Michelangelo meno tenero di Raffliel-
lo; faccia pompa di anatomia con qualche mos-
sa talvolta studiata, o come dicesi nell'Arte, con
qualche atto di accademia; faccia i muscoli tutti
in azione , come parve al Mengs, cui sembra an-
cora abbia troppo abusato delle forme convesse.
Potrassi sempre applicare alle -sue opere ciò, che
Quintiliano disse del Discobulo di Mirone in atto
forzato, e tanto studiato (0: doversi ammirare per
Ja novità , e la difficoltà, e nulla intendere dell'ar-
te chi le critica, come il Freart, senza discrezio-
ne. Tra le più felici scoperte antiquarie dei no-
stri giorni si conta l'antica copia in marmo del
detto Discobulo, descrittoci da Luciano, e con-
servata in casa Massimi ^v. Ma chi dopo veduto
l'Apollo, il preteso Antinoo, il Meleagro al Va-
ticano, o altro greco lavoro pieno d'ideale nelle
forme, di eleganza, e di semplicità nell'atteggia-
mento non ne restava sorpreso, e non ne ammi-
ft) Quid tam Jistoitum, et elaboratitm , quam est ille Di-
scaboloi Myronii ? Si quis tamen , ut partim rtctiim , improbet
opus, nonne is ab intellectu artis ukfiierit , in qua vcl piae-
(ipue laudabilis est illa ipsa novitas , et dijjicidtasì Instit.
Oiat. lib. ll.cap. i3.
fi) Vedi Wiiikclmann Storia delle Arti del disegno e-
diz. di Ruma tom. 2. pag. 211. nota A.
rava l'artifizio, e la difficoltà felicemente supe-
rata di rappresentarlo nell'atto momentaneo di
scagliare il disco? Tutti i piccoli difetti di Mi-
chelangelo sono abbondantemente ricompensati,
e colle parti essenziali dell'Arte, e colla sorpre-
sa, che cagiona il suo stile grandioso, e terri-
bile, per mezzo del quale sembra, dirò così, ci
faccia vedere gli Eroi di Omero, ed uomini di
un altr' ordine , che impongono colla maestà-.
Come spesso si è detto, toccogli in sorte dalla
natura la somma grandiosità, con cui insegnò a
tutti, non escluso Raifaello , a lasciare la secca,
meschina maniera di dipingere , come a questi
toccò in sorte la tenerezza, e la grazia. Ambe-
due sublimi, ma per diverse vie; e per questa
parte, che appartiene tutta all'ideale, ambedue^
sono mirabili nei respettivi generi . Per le altre
parti della pittura, il disegno in ambedue è per-
fettissimo ; se non che il Buonarroti avanza il
Sanzio nella intelligenza, e profondità dell'ana-
tomia; ma Raffaello avanza Michelangelo nella
varietà dei caratteri, e nella venustà dei volti
giovanili sì di femmine, che d'uomini, sempre a-
spersi di teneri affetti. Il colorito in ambedue è
inferiore a quello di Tiziano, che sinora alcuno
non ha superato. Il chiaroscuro, o sia il rilievo,
in ambedue è inferiore a quello sublime del Co-
reggio,se non che Michelangelo nella volta della
Sistina, col gran rilievo, che diede alle sue figu-
re, ne aprì a questo ampiamente la strada, ed in
gran parte lo prevenne. La composizione d'e-
spressione è eccellente in ambedue, come vedem-
mo, secondo le respcttive inclinazioni dell'uno
53
alle forti, e dell* altro alle tenere passioni .In Raf-
fciolio però è meno artifiziosa, o almeno coU'ar-
tifiz o più occulto, il che però è il sommo dell'ar-
te in questa parte, in cui egli ottiene il primato,
come il Buonarroti nel grandioso.
Concludasi pertanto, che Michelangelo, inve-
ce di essere additato dal Freart come il cattivo
angelo delia pittura , dee sedere decorosamen-
te allato a Raffaello col Coroggio , e con Ti-
ziano, negli annali della risorta pittura. Seguito
il Mengs , che lo colloca senza equivoco tra i
quattro primi perfezionatori dell'arte rinata, e
giovi il ripeterlo colle stesse sue parole ('). In
questa maniera pervenne in quel tempo (cioè nei
piincipio del secolo XVI.) la pittura al pili alto
grado di perfezione y cui i moderni V abbian mai
portata , avendo acquistato per Michelangelo la Jìe^
rezza de' contorni , le forme dei più robusti cor^
pi , e la somma grandiosità ; per Raffaello /' inven^
zione , la composizione, la varietà dei caratteri,
r espressione dello stato delle anime, e il vestir be-
ne i corpi] per Tiziano l* intelligenza dei colori
de' corpi , con tutti quegli accidenti , che la modifi-
cazione della luce pub in essi produrre ; e final-
mente per Coreggio la delicatezza , e la degrada-
zione del chiaroscuro , il dipingere amoroso, e la
squisitezza di grazia, e di gusto. Prosegua intan-
to la cappella Sistina colle stanze di Raffaello, e
colle statue antiche ad essere il canone della pit-
tura, ed ognuno, che si cimenta a sì nobil Arte,
consulti il vigor delle sue forze, e l'inclinazione
(3) Lettera ad un amico sulle belle Arti tota. 11. pag. 117.
•^3
del suo genio; e lasci , che questo voli per quella
via, cui la natiiid lo chiama, senza pretendere con
servile imitazione di trasformarsi in alcujio, co-
me con sì poco successo accadde ag(' in-itatori
del Buonarroti. Questa èia via, per cui può sor-
gere qualche genio originile , e. me Michelange-
lo, e Raffaello, ai quali può convenne con verità
quello disse il Fontenelie "j del gran Leibnizio;
che se l'antichità di tanti Ercoli ne compose uno
solo, di ciascuno di questi due sommi Aitisn se
ne può fare tre; un gran pittore, un grande scul-
tore, ed un grande architetto. Le statue di Loren-
, zetto della Cappella Chigi nella Chiesa di S. M.
del Popolo, modellate da Raffaello, sono un sag-
gio del sublime grado, cui egli sarebbe giunto,
se maneggiato avesse gli scalpelli.
XI.
Michelangelo fu di ottima Cristiana morale .
Sostenuto, coli' autorità del Pittor Filosofo dei
nostri tempi, il merito pittorico di Michelange-
lo, convien dire due parole della sua morale,
e religione, attaccata dal Freart senz'alcun fon-
damento. Lo esige la verità, e quella purità, e
nobiltà di sentimenti, con cui egli ancor giovane
seppe guadagnarsi la stima, ed amorevolezza del
Magnifico Lorenzo, del suo figlio, e poi di sei
Sommi Pontefici successivamente, che tutti To-
norarono della loro familiarità, e cortesia. Lo
(i) Elugei tle< Academiciens.
^4
rimprovera egli di tante nudità dipinte nel luogo
più augusto della Cristianità. Sappiamo da Gior-
gi') Vasari, che questd critica fu data a queil*
pittura, non ancor fidita l'opera, la quale fu sog-
getto di attacchi , e di difese dacché comparve
in luce. Il primo a notarla di tal licenza, fu quel
Mescer Biagio Maestro di Ceremonie del Papa,
^el quale Michelangelo vendicossi, dipingendolo
nell'Inferno. Avendone egli portato le sue la-
gnanze al Pontefice, questi, dicesi, facetamente
gli rispondesse ; che se lo avesse messo nel Pur-
gatorio vi sarìa stato rirneHio ; ma nell'Infvirnp
nulla est redemptio. Ciò prova qual poco conto
S' facesse alla Corte di Paolo III. di queste cen-
sure . L' annotatore di Giorgio Vasari della edi-
2Ìone di Roina , ne fa più estesamente menzione
nella vita del Buonarroti, e le confuta, e lo di-
fende anche daiP accusa, di aver in quel dipinto
poema introdotto Caronte; quasi, come Dante , e
quello che più vale, con due lunghissime corna,
jion lo rappresentasse per un demonio.
Accorderò ben volentieri, quantunque trattisi
di un tempo, in cui cessate le umane passioni,
queste nudità non ecciteranno alcun pravo desi-
derio, che meglio sarìa stato, dovendosi esibire
agli sguardi d* uomini mortali , e fragili, di coprirle
ove occorreva, come sotto gli occhi, e a cogni-
zione di Michelangelo stesso fece Daniele da Vol-
terra, nel Pontificatodi Paolo IV. avendo egli paca-
tamente risposto a chi gli manifestò gli ordini del
Pontefice: Dite al Papa, che questa è piccola faC'
cenda , e che facilmenie si puh acconciare , che ac-
conci egli il mondo, che le pitture si acconciano pre-
S5.
fto (0 . Ma dovrassl per questo inferire , che il pit-»
tore servendo alla Vciitk del soggetto rappresenta-
to, e forse cedendo anche troppo al desiderio di
sfog^^iare nello studio del nudo, siasi lasciato tra-
sportare dal libertinaggio, e dalla irreligione, co^
me il Frearc vorrebbe far credere? Questo non fu
mai detto dai contemporanei , né dagli emuii ,
né r avrebbe permesso Paolo IH, che per sette
anni vide sotto i suoi occhi nascere, avanzarsi,
e finire quell'opera. Modeste, e decenti, mal-
grado alcuni soggetti, sono le storie della Crea!^
zione dell'uomo nella volta della Sistina, dipin^
te nel fiore della sua età, per non poter mai cre^
dere, che vecchio airivasse a tal eccesso. Di Mi-
chciai^gehi non Icggesi alcuna debolezza, come
di Raffaello. Egli era di ottima cristiana mora-
le, e di animo nobile, ed elevato.
Ei fu quegli, che non volendo dipingere la vola-
ta della Sistina (non che noi sapesse, come mo^
strò l'esito) cede magnanimamente iin sì vasto
campo di gloria a Raffaello, proponendolo, ma
indarno, a Giulio II in sua veccsflier questa im-
presa. Fatto quindi da Paolo III architetto della
Basilica Vaticana, ei la restituì, come potè, al pri-
miero disegno di Bramante, scrivendo al suo
amico Barrolommeo (i) non pofcrsi negare, che
quegli non fosse valerne archiretto , quanto ogni aU
tro dagli antichi in qui, e ^ihe ponesse la prima
pietra di S\ Pietro non piena di confusione , ma
chiarate schietta, e luminosa , ei isolata attor-
no.... in tnodo che chiunque si e discostato dui
(i) Vasari , Vita di Michelangiolo.
(ì) Bunanni Templi Vaticani Hietoria pag. Sj.
S<5
deiio ordine di Bramante, come ha fatto il San-
gallo, si e di scostalo Jalla verità, hppure Braman-
te non si era mostrato in vita suo ainico, come
racconta il V^asan. Sono queste prove Den iumi-
nose della sua ingenuità, e superiorità al(e basse
passioni dell' invidia, e della vendetta, cosa non
tanto fequentcmetite usata tra gli Artisti, per
quell'antichissimo proverbio figulus Jigulo ,
Ma qual esempio di disinteresse, e di cristia-
na pietà, ancor più raro negli annali delle Arti,
egli non diede, quando obbligato da Paolo 111
dopo la morte delSangallo, a continuare la Basi-
lica Vaticana, ne sostenne l'incarico di Architet-
to per anni 1 8 sinché visse, in mezzo a mille in-
quietudini, ed ostacoli, per parte di chi volea
pescare nel torbido, ricusando ogni stipendio of-
fertogli, e servendo gratuitamente per sua divo-
zione verso i SS. Apostoli ? Se non attestassero
ciò il Vasari, ed il Bonannio nella sua Istoria del
Tempio Vaticano , sembrerebbero queste cose
incredibili ai^nostri tempi, nei quali istituite ma-
gnificamente finte Accademie , e premiate le Arti
al maggior segno dai Governi, non si contenta
mai la vanità, e l'avarizia umana, che è arrivata
sino a persuadere i dilettanti di belle Arti di*pos-
sedere rari.-'Simi tesori nelle prove imperfette, o a
mezzo preparate ad acqua forte delle stampe, e
di pagarle assai più delle perfette, come se gli
abbozzi fossero più pregevoli delle cose finite, e
i frammenti delle cose intiere. E che rimane ai
Governi a fare per chi salva la patria, o colle ar-
mi, o col consiglio, e per chi la felicita con
qualche insigne invenzione utile alla umanità?
Vedasi nel Vasari quanto grande, e generoso fos-
se il cuor di Michelangelo, che canti suoi disegni,
ed opere donò agli amici, e ad altri, tra le quali
si novera la Leda, che avea dipinta pel Duca di
Ferrara, e che poi regalò ad Antonio Mini suo
scolare , che gliela chiese con molti Cartoni suoi
finiti, che questi portò in Francia, avendola poi
comprata il Re Francesco.
C'informa ancora il detto Storico delle su% co-
piose limosine, delle fanciulle segretamente do-
tate, delle largizioni splendide, sino di due mila
scudi per volta, ai suoi servitori, e come assistes-
se neir ultima malattia con carità grandissima il
suo Urbino senza spogliarsi per moke notti. Sono
queste certamente solide prove di religione, e di
bontà , che maggiormente traluce nelle sue poe-
sie , tutte spiranti, specialmente quelle dei suoi
ultimi anni , sentimenti ben degni di lui , che mo-
rendo fece quel celebre laconico testamento, la-
sciando l'anima nelle mani di Dio, il corpo alla
terra, e la roba ai parenti più prossimi, ed im-
ponendo a chi lo assisteva, che negli estremi
momenti del viver suo gli ricordasse la Passione
di G. Cristo.
Quello, che io pensi di Michelangelo ad ami-
ciim dmlcissimus scripsi . Non intendo perciò di
niente detrarre al merito dell'opera del Freart,
pregevole nel restante, ed utile alla gioventù,
che applica alla pittura. Ei potea lodar Raffael-
lo, come il principe dei pittori moderni, senza
disprezzare, ed avvilire il Buonarroti , che sarà
sempre tenuto per uno dei più gran genj, ed il
più universale nel suo complesso, dopo rinate le
belle Arti, che tutte possedè in grado eminente.
Non parlerò della fantastica descrizione della
Scuola di Atene di Raffaello, flitta dal Vasari , e
censurata dal Frcart a ragione, il quale non può
difendersi per questa parte, come per altre ine-
sattezze nelle sue Vile dei Pitrori , inseparabili
però da un piano d'istoria sì vasto, per cui do-
vea riportarsi, peri pittori non Toscani , alle al-
trui Velazioni. 11 Ch. Sig. Abate Luigi Lanzi no-
stro comune amico, nella sua lodatissima Storia
Pittorica J«?//a /ra//a, imparzialmente parla in più
luoghi dei difetti, e del merito di quell'autore,
ingiustamente ripreso di malignità, e d'invidia
verso i pittori delle altre scuole, né disprezzabi-
le, come lo dipinge il Freart. In fine tutti lo leg-
gono, lo citano, e se ne servono di guida nella
scoria delle belle Arti .
Sarò fortunato, se Voi caro, e venerato Signor
d'Agincourt, approverete, come spero, queste
mie riflessioni, o piuttosto questa., non so se di-
fesa, o elogio, che la verità mi ha forzato a tes-
sere di Michelangelo. Giusti estimatori del di lui
merito, e veri amatori delle belle Arri, mi lusin-
go, ci siamo trattenuti con piacere a ragionare di
esso, ammirando singolarmente quel grande, e
sublime suo carattere, che lo distingue tra tutti,
che a tutto imprimeva, e che non si vede cogli
occhi del corpo, ma della mente: prova, fra tan-
te, della immortalità dell'anima, che non trova
di che perfettamente appagarsi in questa terra tra
i prodotti della natura, e dell' Arte.
FINE,
59
INDICE-.
0.
evasione di scrivere sul meriio di Michelan-
gelo Buonarroti , pag. 3
/, Piano deir opera del Freart. 6
IJ. Imperfezione de' giudizi desumi dalle Stampe . 8
///. La fama del Buonarroti e fondata nel suo
vero merito , e non già nella falsa preven-
zione . .12
JV. Nella Pittura è piìt necessaria la parte
Meccanica y che la Filosofica, 15
V. Disegno di Michelangelo. ip
VI. Chiaroscuro di Michelangelo , 22
VII. Colorito di Michelangelo. 28
VIIL Corhposizione di Michelangelo , 33
IX. Ideale di Michelangelo. 39
X Qualche difetto nelle umane produzioni non
distrugge il loro merito . 4Ó
XI. Michelangelo fu di ottima Cristiana mora-
^^- 53
V
V
518.FREART, Rolando. Idea della perfezione della pittura, tradotta da
■ AM Salvini. Con una dissertazione apologetica in fine di Michelan-
gelo Buonarroti scritta da O. Boni. Firenze 1809. Boards. XXXII,
96, 59 pp. '_ ; ^^'""
\ gcLica jn une di Michelangelo Buonarroti scrit-
ta da Onofrio Boni. Firenze, Appresso Carli
e Comp.", MDCCC (1809). 8°. Pp. XXXII-
59 - 1 b. Intonso, con barbe. Cop. fittizia in
carta coeva. L. 50.000
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